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Il documento

L’autobiografia di don Nicoli, il Marcinkus orobico

Pubblichiamo integralmente la lettera che monsignor Aldo Nicoli ha pubblicato sull'ultimo numero de "ll Nembro". L'ex arciprete si ?? congedato dai suoi parrocchiani dopo aver lasciato l'incarico per motivi di salute. Il suo successore sar?? don Santino Nicoli, 55 anni, gi?? prete diocesano missionario in Bolivia.

E’ un racconto lungo, complesso, ricco di riflessioni e di ricordi, anche inediti, quello che monsignor Aldo Nicoli ha affidato alle pagine del periodico parrocchiale "Il Nembro". Nel lasciare anzitempo l’incarico di arciprete per gravi ragioni di salute, cui si fa cenno in modo esplicito, quello che è stato per anni il plenipotenziario economico della Curia di Bergamo traccia un bilancio della sua carriera. E’ un documento che, pur nella sua forzata parzialità, apre squarci di luce sugli ultimi trent’anni della Chiesa bergamasca, con uno sguardo particolare agli aspetti economici. Soprannominato il "Marcinkus" orobico (nomignolo che al diretto interessato non piace per nulla), don Nicoli ha avuto la responsabilità di gestire la galassia degli organi di informazione della Curia (L’Eco di bergamo, Bergamo Tv, Radio Alta, ecc), ma anche il patrimonio immobiliare e le partecipazioni finanziarie. Forse non c’è nessuno come lui che abbia curato insieme le anime e gli interessi economici. Anche per questo, ma non solo, la sua testimonianza, a tratti drammatica per chi sente avvicinarsi il giorno del Giudizio, è uno straordinario documento che merita un’attenta lettura.  

Sono stato nominato arciprete di Nembro il 1° luglio 1992 e ho preso possesso della parrocchia l’8 agosto, festa della Madonna dello Zuccarello. Ho presentato al Vescovo le mie dimissioni dalla parrocchia per motivi di salute e gli ho chiesto di nominare il nuovo arciprete l’8 agosto, festa della Madonna dello Zuccarello, vedendo anche in queste coincidenze di date la mano della Provvidenza e della Madonna dello Zuccarello per una continuità di servizio pastorale da un arciprete ad un altro, senza scossoni per la vita della parrocchia e per lo stile di collaborazione e di fraternità sacerdotale ormai ben collaudato, sia all’interno della parrocchia, sia nel Vicariato Albino-Nembro. Esprimo alcuni ricordi e impressioni che probabilmente interessano poco o niente la gente di Nembro, ma possono aiutare a rettificare tanti giudizi e pregiudizi di cui sono stato vittima e, conoscendo meglio la mia vita, che ormai è al tramonto, emergerà anche maggiormente lo spirito con cui, come, sacerdote, l’ho vissuta in ogni occasione più da pastore d’anime che da amministratore. Come Vicario episcopale del Vescovo Mons. Giulio Oggioni ho avuto per alcuni anni anche l’incarico di esser vicino ai sacerdoti anziani e quello, meno gratificante, di chiedere ai sacerdoti, al compimento dei 75 anni, la rinuncia alla parrocchia. In questi incontri con loro ho sempre cercato di convincere i parroci che si ritiravano per l’età, a non rimanere nella parrocchia, per evitare il pericolo di fare ombra al nuovo parroco. Proprio per questa mia convinzione stavo già per iniziare i lavori di ristrutturazione della casa dove pensavo di ritirarmi al compimento dei miei 75 anni nell’ottobre 2009: presso la Chiesa della S. Trinità, che si trova all’inizio della Valle del Lujo, tra Albino e Fiobbio, dove la Diocesi sta realizzando un "Centro di spiritualità" per le famiglie, in particolare per le Giovani coppie. Anche per me si è avverato il detto: «L’uomo propone, ma è Dio che dispone».
Il male che improvvisamente e inaspettatamente mi hanno trovato: un tumore al fegato con metastasi e un tumore alle ossa del bacino, ancora legati al tumore al colon del quale ero stato operato 10 anni fa, ha troncato tutti i miei progetti futuri e mi ha invitato ad utilizzare il poco tempo che mi rimane per prepararmi bene all’incontro ultimo, il più importante di tutti e di tutte le cose terrene, con il mio Signore, del quale ho cercato per tutta la mia vita di essere fedele ministro, purtroppo con tutti i miei limiti, difetti e debolezze.

Il mio ministero pastorale tra le realtà economiche

Posso dire ad alta voce che ho sempre svolto il mio ministero pastorale, anche tra le realtà economiche, con spirito sacerdotale, avendo avuto come miei grandi maestri due Vescovi: Mons. Clemente Gaddi e Mons. Giulio Oggioni. Mons. Gaddi mi ha fatto da padre e mi ha amato come un figlio, essendo io appena trentenne. Mi ha affidato l’avvio del nuovo Seminario nel lontano 1968 e il gravoso impegno di pagare l’enorme debito rimasto dopo la sua ricostruzione (3/4 del costo complessivo della ricostruzione); un debito che preoccupava moltissimo il Vescovo. L’esser riuscito a pagarlo in un tempo relativamente breve mi ha portato ad essere l’uomo di fiducia del Vescovo, per cui sono stato messo consigliere in tutti i vari Enti e Società che facevano capo alla Diocesi, tra le quali c’era L’Eco di Bergamo che in quegli anni dava al Vescovo grosse preoccupazioni per la sua situazione economica, in perdita ogni anno per centinaia di milioni.
Proprio per questo motivo altri Giornali di ispirazione cristiana in quegli anni hanno cessato la loro attività o sono stati incorporati nel Giornale L’Avvenire. L’Eco di Bergamo ha superato la crisi perché il Vescovo mi ha dato totale fiducia e carta bianca nell’affrontare la situazione. Il Giornale e la vecchia Buona Stampa avevano un’unica gestione, per cui non si sapeva, o non si voleva sapere, chi dei due fosse la causa maggiore delle perdite. Io, creandomi un’infinità di critiche, soprattutto tra i sacerdoti, ho ridotto subito le perdite chiudendo il vecchio baraccone della Buona Stampa, che aveva 18 dipendenti e vendeva un po’ di tutto e ho aperto una nuova Buona Stampa per libri solo religiosi con solo tre dipendenti. A tutti i 18 dipendenti della vecchia Buona Stampa ho offerto il posto di lavoro presso la nuova società di pubblicità de L’Eco di Bergamo.
La separazione della Buona Stampa dall’amministrazione del Giornale e la scelta di una nuova società per la pubblicità, ha portato la SESA (Società Editrice S. Alessandro), società che amministrava L’Eco di Bergamo e la Buona Stampa, nel tempo di due anni, dalle centinaia di milioni di perdita ad altrettante di utili. Questi utili ci hanno permesso di acquistare macchine di stampa all’avanguardia, di avere maggior spazio di lavoro presso il palazzo Rezzara e con l’acquisto dell’immobile di via Canovine per la rotativa, di innestare una marcia di crescita nelle vendite del Giornale tale da passare da una vendita media giornaliera di 25.000 copie, fino, nei periodi del gioco del Bingo, a 65.000 copie; inoltre di acquistare e rilanciare, Bergamo TV e Radio Alta.
L’espansione che oggi ha la Società Editrice de L’Eco di Bergamo SESAAB, Società editrice S. Alessandro, Ambrogio e Bassiano (che sono i santi protettori di Bergamo, Milano e Lodi), nelle province di Milano, Lodi, Como, Varese e Lecco trova le sue origini e la sua spinta proprio da quelle scelte guidate dalla Provvidenza. Anche gli altri Enti e Società, amministrati con criteri antiquati e occupati in gran parte da persone che approfittavano della buona fede degli amministratori, erano un po’ tutti in perdita e mettevano a forte rischio economicamente la stessa Diocesi. Con la nomina a Vicario Episcopale sono diventato il responsabile diretto di tutti questi Enti e Società e, conoscendo bene come andavano le cose, in pochi mesi ho fatto piazza pulita un po’ di tutti, approfittatori compresi. Questo mi ha creato critiche e accuse di ogni genere e credo sia nata proprio in quella circostanza l’immagine che mi hanno appioppato di essere più un amministratore, un Marcinkus, che un pastore.
L’immagine di Marcinkus della Diocesi l’ho sempre rifiutata e deprecata, perché anche nei gesti forti che sono stato costretto a fare, ho sempre agito da prete, evitando denunce, cercando le soluzioni meno dolorose anche verso chi certamente non se le meritava. Il Vescovo Mons. Giulio Oggioni mi ha sempre sostenuto, specie in quei momenti difficili, nei quali addirittura ero stato avvisato che cercavano di farmi fuori attraverso un incidente stradale. Mi avevano anche dato il nome di chi stava preparando l’incidente; la Provvidenza, che mi ha sempre accompagnato, volle che fosse proprio lui a morire in quei giorni vittima di un incidente stradale. Ci sono ancora persone che conoscono bene tutta questa brutta avventura.
Mons. Oggioni è stato per me un vero maestro e anche mio direttore spirituale. Mi ha dato una fiducia esagerata, tanto che spesso gli rimproveravo la troppa fiducia che mi dava. Alla sua scuola ho appreso sempre di più ad agire da prete pur in mezzo alle realtà economiche, anche perché lui mi ricordava frequentemente che anche il lavoro tra le realtà economiche per un prete è un servizio pastorale e sacerdotale.

Economo del Seminario, insegnante e curato festivo a Scanzo

Proprio per non perdere i contatti con il mondo giovanile, dato che provenivo dall’Oratorio di Comenduno, in quegli anni molto vivace e ricco di attività di ogni genere, soprattutto sportive attraverso la U.S. Marinelli, avevo chiesto al Vescovo di poter abbinare al mio incarico di economo del Seminario, anche l’insegnamento di religione nella scuola e il servizio pastorale di curato festivo in una parrocchia. Mi sono state assegnate 14 ore di scuola settimanale nelle scuole superiori prima alla Pesenti e poi ai Segretari d’Azienda (insegnamento che ho lasciato quando nel 1978 sono stato nominato Vicario Episcopale), e il servizio di curato festivo nella parrocchia di Scanzo, dove andavo in casa del parroco il sabato sera per la Messa vespertina, dormivo da lui e facevo il servizio il mattino al Ricovero di Scanzo e al Noviziato delle Suore Orsoline, il pomeriggio all’Oratorio femminile. Ho prestato questo servizio a Scanzo dal 1968 fino al 1986 quando il parroco di Scanzo, don Giovanni Baldini, con il quale avevo collaborato per 18 anni, si è ritirato per limiti d’età.

Parroco festivo di Casale di Albino

Con l’arrivo del nuovo parroco che proveniva dai Superiori del Seminario, dove era direttore spirituale, essendo io Vicario Episcopale e già allora convinto che chi viene non deve trovare persone che gli facciano ombra, ho chiesto al Vescovo di assegnarmi come parroco festivo la parrocchia di Casale di Albino, che da pochi mesi era rimasta libera. A questa parrocchia io ero molto legato fin da bambino perché la famiglia di mia nonna aveva la casa al Colle Gallo e, per comodità, gravitava per tutto su Casale. Vi rimasi per sei anni, dal 1986 al 1992, e sono stati per me anni stupendi durante i quali abbiamo trasformato questo piccolo paese in un vero centro turistico, purtroppo oggi già dimenticato. Con L’Eco di Bergamo e Bergamo TV, dei quali ero responsabile, abbiamo inventato la Valle del Lujo, fino allora chiamata Valle Abbazia, ne è prova il libro della vita della Beata Pierina Morosini, scritto dal nostro giornalista Gino Carrara, uscito proprio in quegli anni e dove non c’è mai il termine "Valle del Lujo". Abbiamo inserito la Valle del Lujo anche nelle cartine geografiche della bergamasca che L’Eco dì Bergamo stava predisponendo in quegli anni.
Essendo io ai tempi del Vescovo Oggioni suo delegato a tutte le varie manifestazioni civili, avevo istaurato rapporti di amicizia con tutte le autorità, per cui le invitavo frequentemente nel piccolo e tranquillo paese di Casale, nella Valle del Lujo, una Valle vicino a Bergamo, tranquilla e verde, che fino allora era da tutti, perfino dagli abitanti di Albino, dimenticata. Quasi ogni domenica alla Messa delle ore 11 la chiesa si riempiva non solo della gente di Casale, ma da tanti amici e autorità; vi portai anche Scalfaro quando era ministro dell’Interno.
Lasciando l’incarico di Vicario Episcopale ho dovuto lasciare anche l’incarico di parroco festivo di Casale, ma vi assicuro che è stato il distacco che mi è costato moltissimo, pari solo al distacco dell’insegnamento nella scuola, che mi appassionava tanto.

Dal 1992 Arciprete di Nembro

All’inizio dell’anno pastorale 1992 sono stato nominato arciprete di Nembro, incarico che all’inizio ho accettato solo per obbedienza, perché non mi sentivo preparato per guidare una parrocchia così vasta e importante come quella di Nembro, anche perché ero informato, come Vicario Episcopale, delle richieste che provenivano al Vescovo da parte di persone di Nembro, mentre Mons. Nava era ammalato e si prevedeva la sua rinuncia alla parrocchia, della necessità di nominare come arciprete di Nembro un sacerdote da calibro dei grandi arcipreti che Nembro aveva in passato come Mons. Bilabini e Mons. Morali, dato che la parrocchia negli ultimi anni di Mons. Nava pastoralmente si era un po’ addormentata, per cui era importante che gli succedesse un arciprete che l’avesse a risvegliare. Ho accettato la nomina di arciprete di Nembro a condizione di poter guidare la parrocchia formando una squadra di preti, scelti in accordo con il Vescovo, che accettassero di essere una vera fraternità sacerdotale. Il Vescovo Mons. Amadei, che mi è sempre stato amico e molto comprensivo, ha aderito a questa mia richiesta; per cui nel settembre 1992 non c’è stato l’ingresso tradizionale dell’arciprete, ma una solenne concelebrazione, durante la quale ognuno si è presentato dicendo chi era, da dove veniva e soprattutto il proposito di voler essere un vero esempio di sacerdoti che lavorano in pieno accordo e collaborazione, in un clima di famiglia e di fraternità sacerdotale da estendere anche alla comunità tutta e al Vicariato Albino-Nembro.
Questo stile di gestione della parrocchia comportava il sacrificio di rallentare un po’ l’eccessivo attaccamento, sia da parte dei sacerdoti che della gente, alla propria vicinia, nella quale non avrebbero più visto per le varie celebrazioni solo il sacerdote lì residente, ma a turno tutti i sacerdoti della parrocchia, compreso l’arciprete. Questa rotazione dei sacerdoti ha portato ad una maggior partecipazione della gente in chiesa plebana e ha aiutato la gente frequentando indipendentemente una vicinia o un’altra, a sentirsi maggiormente membro della stessa parrocchia. Come riferimento per tutte le richieste, bisogni, incontri con i sacerdoti abbiamo predisposto gli uffici parrocchiali, dove è sempre presente un sacerdote a turno e una segretaria, evitando così che vadano a bussare alle porte dei vari sacerdoti, con il rischio di non trovarli mai. Perché sono sempre rimasto a Bergamo? È una domanda che molte volte mi sono sentito rivolgere. La risposta sta nel proposito che, come sacerdote, ho fatto fin dai primi anni del mio sacerdozio: quello di essere soprattutto pastore di anime. Infatti se avessi accettato le proposte che mi sono state fatte, avrei dovuto rinunciare a questo mio proposito.
Ai tempi in cui ero economo del Seminario ero stato richiesto, dall’allora Presidente della C.E.I., Card. Poma, per un servizio a tempo pieno presso l’Economato della C.E.I. a Roma. D’accordo con il Vescovo Mons. Caddi, che desiderava continuassi nell’impegno gravoso, per il quale le inventavo un po’ tutte, di risanamento dei pesanti debiti che avevano alcune realtà diocesane, e perché io avevo intuito che il nuovo incarico non mi avrebbe più permesso di svolgere quel ministero pastorale a cui ci tenevo tanto (la scuola e il servizio festivo in parrocchia), non mi diedi disponibile per la C.E.I. Ai tempi in cui ero Vicario Episcopale del Vescovo Mons. Oggioni, mi fu proposto un incarico in Vaticano allo I.O.R. Mons. De Bonis, che stava per ricevere la nomina a Vescovo, più volte mi ha contattato perché prendessi il suo posto allo I.O.R. Rifiutai decisamente perché quell’incarico mi avrebbe tolto ogni possibilità di servizio pastorale, sia perché, avendo appena finito di portare a termine l’opera di risanamento di vari Enti Diocesani, stavo sperimentando i buoni risultati della loro nuova impostazione e gestione. Solo nel 1995, essendo già arciprete di Nembro, accettai di mettermi al servizio della S. Sede in Vaticano presso la "Congregazione dei Religiosi", che mi affidò l’incarico di Delegato Pontificio della Compagnia S. Paolo (I Paolini) e vari incarichi presso Istituti Religiosi.
Ho fatto spola tra Bergamo e Roma per vari anni, ho girato un po’ tutta l’Italia, pur continuando il mio servizio pastorale di arciprete di Nembro. E stato un lavoro faticoso ma anche gratificante, svolgendo il quale ho avuto la possibilità di conoscere moltissime persone e instaurare rapporti vicendevoli di stima e di amicizia. Ringrazio il Signore e la Divina Provvidenza di avermi dato la possibilità di aver fatto anche questa esperienza. Rientrato a tempo pieno in Diocesi, il Vescovo mi ha affidato la responsabilità del Patronato S. Vincenzo, incarico che, per il tempo che il Signore mi concederà, spero di poter continuare a tempo pieno non avendo più la responsabilità di arciprete di Nembro.

Un arciprete presente e assente
Durante questi 16 anni di arciprete di Nembro la mia presenza fisica in parrocchia è stata certamente limitata per i vari incarichi che ho mantenuto in Diocesi e in Vaticano a servizio della Congregazione dei Religiosi come delegato della Santa Sede in vari Istituti Religiosi e soprattutto come Delegato Pontificio della Compagnia S. Paolo. Chiedo scusa per queste mie assenze, che però sono state ben coperte dal gioco di squadra che, almeno io penso, abbia ben funzionato. Posso però garantirvi che, anche se poco presente, ho sempre seguito da vicino tutta la vita della parrocchia, dell’Oratorio, delle Vicinie, dei vari Gruppi e Associazioni, attraverso l’incontro del lunedì mattino. L’incontro del lunedì mattino con tutti i sacerdoti permette che ogni sacerdote abbia conoscenza di tutta la vita della nostra vasta parrocchia; infatti lì ognuno relaziona sulla settimana trascorsa, sui problemi emersi, sugli ammalati e situazioni difficili, sulla vita dell’Oratorio, ecc., come pure si programma il lavoro della settimana e l’orario delle Messe per ogni sacerdote. Chiedo scusa anche per tutto quello che non sono riuscito a fare nonostante tutta la mia buona volontà, a favore di tante persone che chiedevano aiuto, come pure chiedo scusa se avessi offeso qualcuno con il mio modo di fare molto sbrigativo; se fosse accaduto non era nelle intenzioni.

Perché ho chiesto di rimanere a Nembro

Date le mie condizioni di salute, chiedendo al Vescovo di rimanere qui in parrocchia di Nembro, per il tempo che il Signore mi darà ancora di vivere, penso di non essere incoerente con la convinzione che ho sempre avuto e con quanto io suggerivo ai parroci che si ritiravano per raggiunti limiti di età di non restare in parrocchia, perché là si trattava di sacerdoti ancora in piena salute, qui si tratta di chi è gravemente minato dalla malattia. Penso che per un sacerdote che ha svolto per molti anni il suo ministero in una parrocchia, vivere la sua malattia tra la sua gente e morire tra di loro, sia di conforto a lui e anche momento spiritualmente importante per tutta la comunità. Rimanendo qui a Nembro desidero non si programmino particolari celebrazioni di saluto, ma ci si impegni ad accogliere il nuovo arciprete in modo più caloroso dell’accoglienza fatta a me 16 anni fa.
Concludendo il mio mandato non tocca certamente a me fare il bilancio del lavoro svolto in questi 16 anni, anche perché è stato un lavoro di squadra e perciò il merito è di tutti. Ora sono felicissimo di aver fatto questa esperienza pastorale come arciprete di Nembro, anche se all’inizio ero preoccupato e molto titubante e, come ho detto prima, ho accettato per pura obbedienza. Non potrò mai dimenticare i primi incontri con Nembro, perché sono stati veramente disarmanti. Mi permetto qui ricordarli perché lì io ho imparato, ma penso ancora di più abbiate imparato voi, che non bisogna mai fermarsi alle prime impressioni o al sentito dire.

Il mio primo incontro con il Comune di Nembro

Ai primi di luglio 92, ero stato nominato ufficialmente arciprete il 1° luglio, sono venuto per la prima volta al Comune di Nembro per sbrigare una pratica relativa a Mons. Nava che stava per ritirarsi al Ricovero di Scanzo, del quale io ero responsabile. Come responsabile de L’Eco di Bergamo avevo a disposizione la macchina del giornale, con tanto di scritta "Servizio stampa Eco di Bergamo" e disco "Servizio stampa" rilasciato dalla Questura per parcheggiare nei luoghi riservati. Avendo notato che c’erano solo due parcheggi liberi al pubblico, per un gesto di gentilezza e lasciar posto agli altri, io ho parcheggiato nella zona parcheggio riservato, che non portava alcuna indicazione per chi fosse riservato. Sbrigate le mie pratiche, trovo sulla macchina la multa perché ho parcheggiato su quello riservato. Sono sceso dai vigili, senza dire che ero il nuovo parroco di Nembro, e ho spiegato che quella vettura con disco servizio stampa a Bergamo e negli altri comuni era autorizzata a parcheggiare nei parcheggi riservati, salvo ci fosse l’indicazione per chi fossero riservati. Il vigile mi ha dato due possibilità: o paga la multa o faccia ricorso. Pagai la multa, molto amareggiato non per i soldi, ma per esser stato multato ingiustamente nel mio primo contatto con il Comune di Nembro e aver visto che il mio gesto di gentilezza era stato addirittura multato.

Il mio primo incontro con la comunità religiosa

La nomina ad arciprete di Nembro doveva esser perfezionata con la presa di possesso della parrocchia, che generalmente avviene con l’ingresso ufficiale. Volendo io sostituire l’ingresso ufficiale del parroco con una concelebrazione solenne durante la quale noi cinque nuovi sacerdoti destinati a Nembro ci saremmo presentati, ho chiesto al Vescovo di programmare la presa di possesso della parrocchia la festa della Madonna dello Zuccarello. Ha presieduto la concelebrazione il Vescovo ausiliare Mons. Angelo Paravisi. Il presbiterio era gremito da molti sacerdoti, amici soprattutto venuti dalla Curia mentre la navata del Santuario non era molto piena, calcolando che c’erano anche tanti miei parenti e amici venuti da Bergamo e da Casale. Delle autorità civili del Comune di Nembro non c’era neanche l’ombra e da parte della parrocchia nessuna parola di benvenuto al di fuori del testo formale della cerimonia della presa di possesso della parrocchia. Terminata la concelebrazione e tornati in sagrestia, siamo stati bruscamente invitati a lasciarla subito libera perché dovevano mettervi dei puntelli, dato che nel salone sovrastante saremmo saliti per il pranzo.
Uscito dalla sagrestia c’era un signore di Nembro, che non sono più riuscito a individuare, che mi ha fermato per darmi il benvenuto con queste parole: «La pregherei di ringraziare il Vescovo per non aver ascoltato le nostre richieste: noi chiedevamo un pastore, invece ci ha mandato un amministratore». A quelle parole non ho replicato, perché sono state per me una terribile pugnalata al cuore. Avevo fino allora e ho sempre continuato ad impostare il mio servizio sacerdotale facendo di tutto per esser soprattutto un pastore di anime più che un amministratore, fedele al mio motto paolino: «Mi faccio tutto a tutti, per portare tutti a Cristo». Ho sempre voluto, nonostante l’impegnativo incarico di Economo del Seminario prima e di Vicario episcopale poi, tenere la scuola e sempre un servizio pastorale in parrocchia a tempo pieno il sabato pomeriggio e la domenica, come ho descritto in questo articolo. Ho messo a frutto anche i talenti che il Signore mi ha dato per essere anche un buon amministratore a favore della Diocesi e di tanti Enti ecclesiastici, ma sempre con animo e spirito sacerdotale. Ho aiutato moltissime persone nei modi più diversi, tanto che i miei amici di Curia, vedendo la fila che c’era sempre fuori dal mio studio, mi dicevano scherzosamente di sostituire la targa "Vicario episcopale" con la scritta "Giudice conciliare, Ufficio di collocamento, Aiuto ai casi più disperati".
Il sentirmi dire che la mia nomina a Nembro non era gradita perché ero visto come un amministratore e non un pastore di anime, e il sentirmelo dire non a titolo personale, ma almeno dal tono, come espressione del pensiero delle persone più impegnate nella comunità, mi ha messo in una profonda crisi, perché lì mi sono sentito dire apertamente che, anche se prete, ero giudicato solo come un amministratore e non come un pastore d’anime come pensavo di essere e a cui ci tenevo tanto. La pugnalata ricevuta ha sanguinato a lungo, si è cicatrizzata solo nel tempo mano mano ho scoperto quanto sia buona e generosa la gente di Nembro. Le espressioni di affetto che sto ricevendo durante questa mia malattia hanno fatto scomparire anche la cicatrice che era rimasta. Oggi posso dire che la freddezza con cui sono stato accolto con il passar degli anni è diventata calore e vicendevole affetto sincero. Per cui oggi esprimo al Signore, alla nostra cara Madonna dello Zuccarello, al Vescovo, ai sacerdoti miei collaboratori, ai numerosi volontari che sono il perno delle molteplici attività parrocchiali, e a tutti la più viva riconoscenza e il mio più caloroso grazie per essere stato per 16 anni il vostro arciprete e per l’aiuto, la stima e l’affetto che mi avete dato.
Il Signore ricompensi tutti con abbondanza di grazie.

Il nuovo Arciprete

Ho espresso, anche a nome di tutta la comunità nembrese, la più viva riconoscenza al Vescovo sia per esser stato molto comprensivo con me aderendo a tutte le mie richieste, sia per aver scelto come mio successore un sacerdote abbastanza giovane (ha 55 anni), intelligente, capace, dinamico, molto sereno, aperto di vedute, preparato e ricco di esperienza pastorale, che sicuramente pastoralmente farà meglio di me, anche perché sarà a servizio della parrocchia a tempo pieno, e perciò maggiormente presente del sottoscritto in tutti i vari settori della vita della comunità. La nomina, come ho accennato prima, dovrebbe avvenire il giorno della Festa della Madonna dello Zuccarello; l’annuncio del nome penso sarà dato la prima domenica di agosto. L’ingresso solenne del nuovo arciprete l’abbiamo stabilito per il 14 settembre, seconda domenica di settembre, essendo la prima domenica occupata dalla Festa dell’Oratorio e di S. Nicola. A questa festa ne farà seguito un’altra ancora più solenne, la quarta domenica di settembre, giorno in cui festeggeremo il novello sacerdote fra Giorgio Rizzi, che verrà ordinato sacerdote a elusone sabato 27 settembre.
Indipendentemente dalla data d’ingresso il nuovo arciprete sarà già tra noi con i primi giorni di settembre e forse anche per la gita parrocchiale del 28 agosto. Affidiamo con la nostra preghiera alla nostra cara Madonna dello Zuccarello e al nostro patrono S. Martino questi due grandi eventi di grazia, momenti belli e importanti per la nostra Comunità, soprattutto partecipando numerosi, ancora più degli altri anni, alla novena per la Festa della Madonna dello Zuccarello, durante la quale approfondiremo l’enciclica di Papa Benedetto Spe Salvi (Salvati nella speranza), all’ingresso del nuovo arciprete e alla Ordinazione sacerdotale e prima S. Messa del novello sacerdote fra Giorgio.
Concludo augurando a tutti che il Signore rafforzi nei nostri cuori la fede, la speranza e la carità e cresca sempre di più lo spirito di comunione, di solidarietà, di fraternità e di collaborazione tra tutti i numerosi Gruppi e Associazioni e in tutta la nostra bella e cara comunità nembrese.

IL VOSTRO ARCIPRETE

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