• Abbonati
Wwi

Pillole di Grande Guerra 13 Cronaca di un attentato: la morte di Franz Ferdinand

Il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip, uno dei sei congiurati, sparò ed uccise l'arciduca Franz Ferdinand e sua moglie a Sarajevo: ecco come è andato uno dei delitti più importanti della storia. Per l'attentatore, dopo che era svanita la prima occasione, se ne presentò una seconda, ghiottissima, e sulla quale rimangono ancora molti interrogativi.

di Marco Cimmino

Poco dopo le dieci del mattino del 28 giugno 1914, una domenica, le tre automobili del corteo arciducale imboccarono, a bassa velocità, il lungofiume che corre sulla riva destra della Miliacka, e che oggi si chiama Obala Voivoda Stepe, mentre allora era semplicemente il Quai Appel.

I sei congiurati, armati di bombe e pistole, si erano schierati, ad intervalli, lungo i cinquecento metri dal ponte Cumuria al Konak, il municipio, dove l’arciduca era atteso per il ricevimento. Il più vecchio, Mohamed Mehmetbasic, stazionava prima del ponte; altri tre, Svietko Popovic, Vaso Ciubrilovic, e Nedeleiko Ciabrinovic, subito dopo; il quinto, Gavrilo Princip, stava duecento metri avanti, vicino al ponte Latino, oggi ribattezzato Principov most; l’ultimo, Trifko Grabez, era davanti al Ponte Imperiale, a due passi dal palazzo municipale.

Nell’automobile di mezzo, guidata dal triestino Carlo Cirillo Diviak, viaggiavano Franz Ferdinand e sua moglie, insieme a Potiorek e al conte Harrach. Al passaggio del corteo, Mehmetbasic, Popovic e Ciubrilovic esitarono e persero l’attimo propizio. Ciabrinovic lanciò la sua bomba, ma l’autista accelerò bruscamente e l’esplosione investì la terza auto, quella della scorta, facendo otto feriti. L’attentatore cercò di fuggire, gettandosi nel fiume, ma venne catturato, mentre cercava di avvelenarsi. Dopo un primo comprensibile scompiglio, le due automobili superstiti proseguirono a tutta velocità fino al Konak.

Probabilmente, proprio questa velocità, oltre alla sorpresa nel vedere l’arciduca illeso, prese in contropiede Princip, che credeva che l’attentato fosse andato a buon fine e che non riuscì ad agire in tempo. Allora, il giovane terrorista decise di allontanarsi, dopo aver notato che anche il sesto attentatore, Grabez, era fuggito.

Mentre Princip, seduto in una Kafeehaus, meditava, affranto, sul fallimento del commando da lui guidato, nel municipio di Sarajevo si tenne una cerimonia piuttosto rapida e concitata, anche se l’arciduca ostentava la solita calma imperturbabile e, anzi, avrebbe voluto recarsi all’ospedale per visitare i feriti.

Il conte Harrach, però, insistette perché il corteo partisse subito da Sarajevo: pare, quindi, che il percorso bizzarro della vettura di Franz Ferdinand non possa essere ascritto a ragioni legate ad una visita ai feriti decisa improvvisamente.

Fatto sta che, inspiegabilmente, ritornati al ponte Latino, la prima vettura proseguì diritta, mentre l’auto che portava la coppia arciducale svoltò a destra, nella Franz Joseph strasse. Harrach si trovava in piedi sul predellino, a proteggere i passeggeri da eventuali altri lanci di bombe, mentre Potiorek, molto arrabbiato, ordinò subito all’autista di invertire la marcia. In questo modo, il phaeton scoperto venne a trovarsi, pressochè immobile, a mezzo metro da Gavrilo Princip, che stava vagando sconsolato e al quale l’occasione non dovette parer vera.

Princip sparò due colpi, con la sua Browning 7.65, al collo dell’arciduca e all’addome della contessa: furono entrambi colpi mortali. Questa è la dinamica di uno dei delitti più importanti della storia.

Rimangono, però, ancora diversi dubbi sulle ragioni di questo comportamento, apparentemente senza senso, da parte degli attori del dramma: perché Diviak svoltò, lasciando il Quai Appel? Glielo ordinò certamente qualcuno: è impensabile che ciò sia avvenuto su iniziativa di un semplice autista. Potiorek detestava (e non era l’unico a corte) Franz Ferdinand, che considerava troppo filoslavo: fu lui a dare l’ordine, come d’altronde, certamente, diede quello di fare retromarcia, esponendo i passeggeri alla pistola di Princip?

Probabilmente, non si saprà mai come andarono davvero le cose. L’unico che avrebbe potuto aggiungere particolari a questo racconto, ossia lo stesso Diviak, è morto nel 1968, senza mai dire mezza parola su Sarajevo. E nulla disse mai sul complotto e sulla verità su Sarajevo neppure Ciubrilovic, il più giovane dei congiurati, anche lui sopravvissuto fino alla fine degli anni Sessanta, a Belgrado. Ironia della sorte, faceva il professore di storia.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Inghilterra, Francia e Russia: la Triplice Intesa
Wwi
Pillole di grande guerra 9 I giochi delle alleanze: la triplice intesa
Pillole di Grande Guerra: la crisi di luglio
Wwi
Pillole di Grande Guerra 10 Controversie ed equivoci della crisi di luglio
L'omicidio di Sarajevo fu sottovalutato
Wwi
Pillole di Grande Guerra 11 Il mondo sottovalutò l’attentato di Sarajevo
Complotto e improvvisazione: l'attentato a Franz Ferdinand
Wwi
Pillole di Grande Guerra 12 Attentato di Sarajevo: complotto o solo un caso?
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI