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Il volume

Ponteranica, un libro ripercorre la storia dei 600 anni della parrocchia

Presentazione de libro “La Parrocchia e la chiesa di Ponteranica compiono 600 anni”.

 

L’opera “La Parrocchia e la chiesa di Ponteranica compiono 600 anni”, fortemente voluta da don Sergio Scotti (recentemente scomparso) e finanziata per la pubblicazione dall’Amministrazione comunale, condensa i contenuti di alcune conferenze che si sono svolte in corso d’anno in preparazione alla celebrazione del seicentesimo anniversario della fondazione della Parrocchia di Ponteranica, il 29 settembre 2018.

L’obiettivo dell’opera è quello di rilanciare una ricerca storica che di fatto è ferma agli ultimi studi di don Enrico Mangili (che si firmava con lo pseudonimo di Padre Tosino) risalente ai primi anni Quaranta del Novecento. La passione di don Sergio per la storia locale ha fatto sì che non andasse perduto quel patrimonio di esperienze e di conoscenza accumulate negli anni della sua permanenza a Ponteranica in occasione del restauro del polittico di Lorenzo Lotto (2010) e di alcuni registri dell’archivio parrocchiale (2014), della reintelaiatura del cartiglio di San Pantaleone (2016) fino all’ultimo restauro dei portali della chiesa (2018).

Infine, in occasione del seicentenario, l’idea di lanciare una nuova iniziativa di restauro del prezioso organo della chiesa, opera di Gabriele Bossi del 1869, strumento che attualmente versa in precarie condizioni di conservazione, soprattutto per il tarlo e l’usura, che ne pregiudicano il funzionamento e le potenzialità.

Gli interventi hanno riguardato innanzitutto il contesto architettonico della chiesa e il suo ambiente circostante. L’architetto Mario Abati ha messo in risalto il pregio architettonico e la bellezza di tutto il complesso monumentale degli edifici religiosi e del sagrato, con un tentativo di ripercorrerne le fasi costruttive. Pregevole è stato l’utilizzo di ricostruzioni grafiche (trasfuse poi nel nuovo touch screen collocato in chiesa), degli antichi ex voto di San Pantaleone o di antiche mappe catastali che, lungo i secoli, hanno documentato l’evoluzione o anche la momentanea demolizione degli edifici. Sono emerse sorprendenti scoperte. Ad esempio è emerso che l’attuale ex battistero sia stato nei secoli ricostruito per ben tre volte partendo da una sua originaria funzione di cappella cimiteriale. Poi il progressivo ampliamento della chiesa di San Pantaleone che, documentata per la prima volta dalla relazione di Giovanni da Lezze (1596), arriva ad inglobare gran parte dell’antica sede dei disciplini, la domus disciplinorum.

Ed, infine, la chiesa parrocchiale quattrocentensca, costruita nello stile tardo gotico tipico degli ordini mendicanti, miracolosamente intatta nella sua veste esterna ma, negli interni, completamente reinventata nella seconda metà dell’Ottocento nello stile neogotico ad opera dell’ingegner Angelo Cattò. A questo periodo risale la dispersione di gran parte del patrimonio artistico costituito in prevalenza da affreschi e altari commissionati dalle confraternite locali. Medesimo destino toccherà, pochi anni dopo, alla vicina chiesa di Olera, che subirà le medesime manomissioni.

L’architetto Abati si è anche soffermato su una puntuale descrizione del polittico di Lorenzo Lotto come è emerso in occasione dell’ultimo restauro. In tale occasione era stato scoperto l’anno di realizzazione dell’opera (1522) bandendo definitivamente i dubbi degli storici dell’arte. Un particolare inedito è stato quello di aver individuato sull’elsa della spada di San Paolo nientemeno che una lettera dell’alfabeto ebraico, una Ghimel o una Nun, a cui corrisponderebbero particolari significati simbolici. Particolarmente avvincente, la sera della conferenza, il racconto dell’avventuroso viaggio a Venezia del nostro relatore, alla ricerca dell’esperto filologo francescano che ha tradotto e assegnato un significato alla lettera attingendo alla tradizione cabalistica.

Un ulteriore campo di indagine storica, ancora praticamente inesplorato ed affrontato dal dottor Pietro Donini, è stato quello sulle confraternite e sul ruolo della componente laicale alle origini della Parrocchia di Ponteranica. Partendo da un tentativo di inquadramento degli aspetti economici, politici e religiosi del tempo, come ad esempio il rimarcato valore della montagna come elemento di unione e non di divisione tra le popolazioni antiche, si è indagata l’origine della Parrocchia, nata per scissione da quella di Sorisole nel 1418 e si è cercato di capire l’origine del culto dei suoi santi patroni. Tra questi San Pantaleone che, progressivamente, ha prevalso sui titolari della chiesa: Sant’Alessando e San Vincenzo. Si è messo anche in luce l’esistenza e il funzionamento del giuspatronato di laici, eletti dal Comune per il governo e l’organizzazione della Parrocchia e dei mai celati motivi di scontro con i parroci, come emergono a più riprese dalle relazioni redatte in vista delle visite pastorali.

Si è poi affrontato il vasto florilegio delle antiche confraternite, tra le quali è spiccata per importanza quella dei disciplini, addirittura distinta in disciplini bianchi di Santa Maria Maddalena, con un altare proprio nella chiesa, e disciplini verdi di San Rocco, con una propria chiesa presso il ponte dell’Onza (odierno cimitero). Nell’ambito di tale confraternita, in particolare quella dei disciplini bianchi, è nata la commissione dell’affresco della Madonna della Misericordia, opera di Antonio Boselli del 1495, ora conservata presso il Museo Bagatti Valsecchi di Milano che gentilmente ha fornito e autorizzato la pubblicazione della fotografia riprodotta nel libro.

Da ultimo l’intervento magistrale del dottor Orazio Bravi che, da esperto archivista, ha saputo indagare l’archivio parrocchiale che attualmente raccoglie i due nuclei archivistici delle Parrocchie di Ponteranica e Rosciano. Proprio introducendo il proprio lavoro, il relatore ha rimarcato che uno degli aspetti che contraddistingue la nascita dell’età moderna è proprio l’inizio della registrazione anagrafica della popolazione. Questo nuovo strumento ha spiegato i suoi positivi effetti soprattutto in campo matrimoniale per sancire i vincoli familiari anche tra gli strati bassi della popolazione che non erano soliti, come nella nobiltà, ricorrere ad atti notarili per la costituzioni di doti e che basavano la loro unione esclusivamente sul libero consenso. In primo luogo si è constatato il fatto che in archivio è conservato uno dei più antichi registri dell’intera diocesi.

È il registro dei battesimi della Parrocchia di Rosciano che parte dal 1538, addirittura prima che tale registro divennisse obbligatorio in base alle disposizioni del Concilio di Trento. Dagli archivi è emersa l’identità di un parroco di Ponteranica di fine Cinquecento sinora non menzionato nella cronotassi ufficiale. Trattasi di don Castello Balanza che, nel registro dei morti, ha tracciato memorie vive e spontanee di vita popolare. Dal medesimo registro si è scoperta l’identità di alcuni personaggi su cui indagare come lo sconosciuto intagliatore della famiglia Belli (importante famiglia di artisti attraverso la quale venne commissionato il polittico lottesco), di nome Filippo. Il carattere del parroco Balanza, fortemente schietto e genuino, ha permesso che dal registro trasparissero, come in filigrana, circostanze della morte delle persone da cui trarre spunti per interpretare la qualità della vita dei nostri progenitori e di cogliere i riflessi di una società per certi versi fragile, con un alto tasso di mortalità infantile, e dall’altro turbolenta, violenta, reciprocamente sospettosa. Rammentiamo l’esempio di un omicidio per archibugiata avvenuto nel 1606 nientemeno che durante la festa patronale di Rosciano.

Il libro conserva anche una breve ma preziosa prefazione di don Sergio che invita a rileggere la nostra storia passata come un esempio di ombre e di luci nella consapevolezza che il patrimonio di fede dei nostri padri ci è stato consegnato gratuitamente come segno di speranza per il futuro. La domanda provocatoria di don Sergio se ci sarà ancora una comunità cristiana a Ponteranica fra seicento anni, nel 2618, diventa, dopo la sua prematura scomparsa, l’eredità di un patrimonio di fede che ognuno di noi deve raccogliere, conservare, arricchire e tramandare con cura ai nostri figli.

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