Chiesa di Ripalta Cremasca

Chiesa di Ripalta Cremasca 1

La chiesa e il Sagrato
Il sagrato di Ripalta circonda la chiesa di San Cristoforo terminata nel 1749 la cui facciata, «svetta elegante, imponente, slanciata, armoniosa, vivace, solenne» (Cit. Mons. Zavaglio) e completata, nell’ingresso principale, da un antico, maestoso e ben lavorato portone in legno scuro, che si pensa sia stato eseguito su disegno dello stesso architetto Donati. All’interno della chiesa si possono ammirare pregevoli dipinti fra i quali opere de Pombioli e del Lucini, oltre al Crocifisso “miracoloso”.
Ritornando al sagrato, sul fianco sinistro della chiesa, vi era la Chiesetta dell'antico Cimitero. Probabilmente la sua collocazione era vicino al campanile, ai cui piedi si allargava il camposanto che cingeva da almeno tre lati la Parrocchiale, da lì spostato fuori paese a seguito del napoleonico Editto di Saint-Cloud. Altri rimaneggiamenti di questa parte del sagrato vennero fatti nel tempo ed in particolare, nel 1976 venne inaugurata la nuova grotta di Lourdes nel giardino sul sagrato; la grotta è stata spostata dal muro del campanile a causa dell’umidità.
Corona il complesso l’alta torre campanaria (tra le più alte del cremasco) anch’essa settecentesca. Tutto il complesso venne restaurato nei primi anni ‘80. (cit. fonti Parrocchiali). Il sagrato è stato da sempre un punto di ritrovo delle persone che, sui gradini, passavano il tempo in chiacchiere. 
 
Di seguito riportiamo alcune notizie storiche riferite alla parrocchia e alla chiesa di Ripalta Nuova, tratte dalla documentazione raccolta dalla professoressa Amelia Garulli e pubblicata nei giornalini parrocchiali.
Da riferimenti storici sembra di poter dedurre che la Parrocchia di Ripalta Nuova esistesse già nel 1150, comprendendo un vasto territorio esteso fino a Montodine - Credera - Crema. Dai registri d’Archivio risulta che nel 1560 la Parrocchia era già in piena efficienza e punto di riferimento spirituale nella zona sud-seriana. Fino al 27 agosto 1584 la Parrocchia di Ripalta tenne unita a sé la popolazione di Ripalta Vecchia, a cui era accomunata anche dal culto dei Santi.
A S. Cristoforo era ed è consacrata la Chiesa parrocchiale: forse per la speciale posizione di Ripalta, sulla sponda di un fiume anticamente ben più ricco d'acqua, più rovinoso e difficile da traghettare; la vecchia chiesa, più piccola, sorgeva al posto dell'attuale e all’altare del patrono era collocata una tela dipinta nel 1600 dal pittore cremasco Tommaso Pombioli, soprannominato Conciabracci. 
La Chiesa attuale è nello stile caratteristico del Settecento, fatto di slanci e di grazie armoniose. L’architetto fu Giovan Battista Donati da Lugano: la costruzione, iniziata nel 1739, con la posa della prima pietra il 17 novembre dello stesso anno da parte di Mons. Antonio Vallotti, venne terminata nel giro di dieci anni, nel 1749.  Sulla facciata della chiesa furono poste tre statue: S. Cristoforo in mezzo, protettore dei pellegrini e viaggianti lungo le strade che costeggiano i fiumi. Alla sua destra S. Giovanni Nepomuceno, invocato nelle disgrazie di annegamento; S. Zenone, alla sinistra, impetrato come difensore contro le alluvioni dei fiumi. Sulla controfacciata è stata negli anni Settanta, realizzata dal pittore locale Carlo Fayer, la vetrata raffigurante la “Resurrezione”. La decorazione in affresco sotto le volte del Coro e del Presbiterio fu opera, nel 1923, del pittore milanese Mazzolari nel periodo in cui era Prevosto il Sac. Don Angelo Fusar Poli. All’opera contribuì, oltre quello del popolo, l'appoggio generoso del conte Cav. Antonio Bonzi Vimercati che, come Presidente d’onore della commissione giudicatrice, puntò l’attenzione proprio sul disegno preventivo del Mazzolari, suo amico, preferendolo al pittore Albertella di Milano.
Ai lati dell’unica, ampia navata, si trovano, racchiuse da transetti in ferro battuto, sei Cappelle o Edicole, caratterizzate da semplice eleganza ed armonia e che bene rispecchino lo stile settecentesco dell’edificio.
Ciò che immediatamente colpisce e attrae lo sguardo, è l’altare maggiore di marmo policromo. L’altare, stando alle affermazioni della “Cronistoria”, fu ricavato dalla demolizione, avvenuta nel 1810, della Chiesa di S. Caterina mentre nell’opera del Prof. Savoia “Notizie su Ripalta Cremasca” si trova scritto che tale altare proviene dalla Chiesa di S. Caterina del convento delle Carmelitane in Crema e che fu acquistato, il 24 ottobre del 1810, da don Domenico Bianchessi, prevosto della nostra Parrocchia dal 15–5-1792 al 25-5-1824.
Sulle pareti laterali dell’abside hanno trovato posto due grandiosi scanni in legno di noce pesante con spalliere alte, stile barocco, per far sedere i sacerdoti durante le funzioni: il primo, fu donato alla Parrocchia nel 1959 dal Sig. Tino Vaccari; tale scanno era appartenuto alla nobile famiglia del conte Bonzi di Ripalta Nuova. Don Mario apprezzò molto il dono e, convinto dovesse essercene un altro, si mise alacremente alla sua ricerca. La sua indagine andò a buon frutto quando scoprì il secondo scanno presso un antiquario. Per £ 55.000 l’affare fu fatto.
Un altro evidente cambiamento si verificò nel nostro Tempio quando, il 7 luglio 1959, con regolare autorizzazione della Curia, vennero rimossi e venduti da Don Mario i due pulpiti che non avevano un particolare valore artistico. Il primo, più grande, collocato al lato destro dell’altare del SS Crocifisso, era piuttosto ingombrante, tanto che due dei quattro gambi di sostegno avanzavano di oltre mezzo metro verso la navata e coloro che circolavano lungo la parete interna, per non urtare nei banchi, erano costretti a chinare la testa ed a passarvi sotto. Ancora oggi, si possono notare le due mattonelle in graniglia, poste di traverso nei confronti delle altre, per otturare le due buche lasciate dai gambi del pulpito. Il secondo, più piccolo, installato non molti anni prima dal Prevosto Don Angelo Fusar Poli sul lato opposto della navata, dalla parte sinistra dell’altare delle anime del Purgatorio, era incassato nella colonna maestra per oltre una metà della stessa, con il pericolo di un possibile cedimento del pilastro e di “chissà quale sciagura”. In quel caso la responsabilità venne addebitata, con veementi parole, al capomastro e al muratore che si erano azzardati “pazzescamente", anche se solo eseguendo degli ordini, ad aprire uno scavo così profondo nella colonna principale. Rimosso il pulpito, procedette ad un sostanzioso rifacimento del muro, ridando così sicurezza alla colonna e... ai fedeli.
Con l’eliminazione dei pulpiti, ormai superflui, visto che le prediche giungevano ai fedeli dall’altare maggiore, con possibilità per tutti, e non solo per quelli delle ultime file, di vedere finalmente il volto del sacerdote che teneva l’omelia, la navata apparve più spaziosa e più felice risultò la disposizione dei banchi. Questi ultimi furono, a loro volta, fatti restaurare, nel 1975, da Don Giuseppe. I banchi restaurati furono 32, e a ciascuno di essi furono aggiunti un portalibretti e cinque inginocchiatoi imbottiti, con grande soddisfazione, soprattutto, delle donne che smisero di brontolare perché videro finalmente salve le loro calze. 

L’organo
Costruito da Giuseppe ed Andrea Luigi Serassi di Bergamo nel 1760. Collocato in cantoria lungo la navata della chiesa, si presenta con una facciata composta da 27 canne. Cassa in legno dipinto e dorato risalente al sec. XVIII. Tastiera in osso ed ebano di 50 tasti. Restaurato dalla ditta G. Tamburini di Crema nel 1981
 
Il campanile e le sue campane
E così è per il nostro bel campanile che svetta agile e snello nel cielo azzurro, allargando il cuore di ogni Ripaltese, da qualunque direzione egli provenga, soprattutto nelle giornate ventose e limpidissime.
L'alta ed elegante torre, di stile settecentesco, costruita, come la Chiesa Parrocchiale con cui ben si sposa, su disegno dell'architetto Giovan Battista Donati di Lugano. Manifesta tutta la sua bellezza nella parte più elevata, a partire dalla fascia degli orologi, su cui poggia la cella campanaria, con le quattro finestre ad arco ornate da piccole balaustre, che regge, a sua volta, una balconata abbellita da quattro acrotèri. E proprio da questa terrazza con ringhiera si innalza la più stretta e coronata lanterna ottagonale, che sostiene l'esile pinnacolo sormontato da una sfera di rame, sulla quale ruota la banderuola ornata da foglie disposte a cespuglio. All'interno di esse si erge il traliccio della Croce in ferro.
Come la facciata della Chiesa, anche il campanile ha subito vari interventi di manutenzione straordinaria, che hanno permesso di arginare le ferite inferte dal tempo e dalle condizioni atmosferiche.Il restauro più sostanzioso fu per quello realizzato dalla Ditta Maccalli di Madignano nel 1981; esso non si limitò a semplici opere di riparazione e di tinteggiatura, come era avvenuto, per esempio, nel maggio del 1952, in cui i lavori si erano protratti per molto tempo ed erano stati eseguiti malamente, ma diede nuova forza alla struttura e sicurezza alle parti più elevate, deteriorate da rotture e infiltrazioni di acqua. In quella occasione, venne pure rifatto l'impianto del parafulmine con discesa diretta a fianco della sagrestia sul lato sud della Chiesa, e furono chiusi tutti i buchi (storici) del ponteggio di costruzione del campanile e dell'abside della Chiesa. Tali buchi vennero tappati con mattoni non a filo di muro, ma cinque / sei centimetri all'interno, per lasciare la sagoma del foro originario Anche l'interno della torre venne sistemato con la collocazione di scale fisse, per poter salire fino alla base della cuspide a partire dalla cella campanaria, e di nuovi serramenti e botole. I lavori di restauro della torre campanaria furono ultimati il 13 novembre 1981 e, quasi il Buon Dio volesse dare la propria approvazione e benedizione, tre giornate, come detto all'inizio, ventose e limpidissime contribuirono a presentare in maniera insperata l'eccellente riuscita dell'opera.
Con quell'intervento furono del tutto eliminate le tracce di quanto successo all'alba del 10 giugno 1966. A causa di un corto circuito nel quadro contatori situato al piano terra del campanile, un incendio aveva investito tutta la parte interna della torre, trasformandola in un vero e proprio camino. Le fiamme, dopo aver distrutto un ripostiglio in cui erano custoditi arredi sacri, si erano propagate alle rampe delle scale e alle vecchie ringhiere, alle travature di sostegno della cella campanaria, il tutto in legno, e aveva distrutto anche una trentina di metri quadrati del sottotetto del Presbiterio. Un operaio, che si stava recando al lavoro, visto il fumo denso uscire dalla cima del campanile, aveva dato l'allarme. Alcuni volonterosi, subito accorsi, e i vigili del fuoco di Crema riuscirono a domare le fiamme dopo quattro ore. I danni ammontarono a circa due milioni di lire. Seriamente danneggiato fu anche il congegno dell'orologio elettrico a quattro quadranti luminosi con carillon, inaugurato solamente l’anno prima, il 30 maggio 1965, che aveva sostituito quello installato nell'estate del 1927, dotato di soneria automatica per il suono dell'Angelus, ma poco soddisfacente per quanto riguardava la segnalazione dell'ora.
Non solo l'orologio fu, però, dotato di congegni elettronici. Nel mese di aprile del 1975, anche le campane ne furono fornite, dalla ditta De Antoni di Chiari, e si provvide, dati i lavori in atto, a sostituire il vecchio castello in legno con un castello in metallo. Il costo dell'impianto elettronico fu di ben £ 4.133.000, ma il concerto delle nostre campane divenne meglio armonizzato e più funzionale, il mestiere del campanaro non più necessario.
La cella campanaria accoglie ancora oggi ben sei campane che diffondono nell'aria scampanii festosi o lugubri rintocchi funebri, sottolineando così i momenti lieti o tristi della vita parrocchiale e scandendo i ritmi dell'anno liturgico.
Purtroppo, neppure le campane sono passate indenni tra le vicende della Storia e direttamente esse hanno partecipato alle vicissitudini della popolazione, trovandosi talvolta messe a tacere od obbligate a sonare a Difesa. Dalla consueta “Cronistoria” di don Mario Carioni si apprende che per esempio il sindaco Sanseverino, il 10 agosto 1812, per ordine del viceprefetto, avverti il Prevosto di non aprire la Chiesa e sonare le campane prima dell’apparir del sole, ne' dopo il tramonto, dietro punizione di un mese di carcere al sagrestano e campanaro trasgressori. Nulla viene detto, però circa la motivazione di un simile provvedimento, si può supporre fosse per tutelare la quiete notturna, come si può supporre fosse per motivi di sicurezza che venne impartito l'ordine al sagrestano, con una disposizione del 1862, di chiudere la Chiesa subito dopo la celebrazione della Messa e di aprirla per breve tempo la sera.
Le campane che esistevano sulla torre, prima della requisizione durante la Seconda guerra mondiale, erano state fuse nel 1875 dalla rinomata Ditta Crespi di Crema. Ogni campana riportava effigie di Santi e formule richiedenti l'intercessione al Santo cui erano intitolate. 
Se il " campanone" da sacrificare alla Patria era stato calato a poco a poco dall'alto, ben più rapida si presentò, invece, la discesa, il 12 marzo 1961 del battacchio che, durante il suono, si era staccato improvvisamente dalla quarta campana ed era andato a cadere sopra il tetto della sagrestia sfondandolo. Per fortuna, la sua corsa era finita sul pavimento sottostante il tetto, provocando così alcuni danni alla struttura, ma non alle persone, colte solo da un po’ di spavento.
Bè, qualche volta, anche il campanile e le sue campane, che sembrano guardare impassibili dall'alto la vita che scorre ai loro piedi, riescono a far cronaca e a far sì che lo sguardo degli uomini sia veramente "rivolto verso l'Alto".
 
Il Crocifisso Miracoloso
La devozione particolare verso il S. Crocifisso "miracoloso" di Ripalta Nuova risale all'anno 1808, famoso nel nostro territorio a causa di una lunga, insistente siccità che faceva inaridire tutte le messi nei campi.
Il fatto, dice Don Mario Carioni nella sua "Cronistoria" ci è riferito e descritto in una nota, pare di un Sacerdote, apposta sopra la copertina in cartone di un registro di "Stato d'anime" che dice testualmente: “Da moltissimi giorni non piove più e fa un caldo insopportabile. I frumenti sono quasi tutti insecchiti e l'erba non nasce mai. I melicotti quasi tutti andati”.
In una situazione del genere, in un paese che basava allora tutta la propria economia sulle attività agricole. Sono facilmente immaginabili la disperazione degli abitanti e il loro rivolgere al cielo lo sguardo sconsolato, nella speranza di veder apparire benefiche nubi. Di fronte a una natura avversa e capricciosa, l’unica vera speranza rimaneva la Provvidenza Divina e proprio ad essa i Ripaltesi si affidarono. Alcuni parrocchiani, esasperati, dopo aver fatto continue preghiere, lanciarono l'idea di portare in Chiesa un vecchio Crocifisso, messo ormai da molto tempo sulla soffitta di una abitazione appartenente ad una distinta famiglia del luogo, di cui, purtroppo, non è noto il nome.
L’idea piacque a tutti e fu subito attuata. Presi i dovuti accordi con il Parroco di allora (Don Giuseppe Domenico Bianchessi, Prevosto dal 15 maggio 1792 al 25 maggio 1824), scortati da lumi, essi si recarono processionalmente alla casa dove stava confinato il vecchio Crocifisso, lo tolsero, lo ripulirono e, tra preghiere e canti, attraversando le vie del paese, lo portarono trionfalmente alla Chiesa, mentre dall'alto della torre le campane suonavano a distesa. Si dice che, appena qui giunta la Sacra Immagine, il cielo cominciasse a rabbuiarsi, si udissero subito i suoi fragorosi e paurosi lamenti, seguiti da un proficuo acquazzone torrenziale che durò a lungo. La cosa destò stupore negli astanti ed ebbe il sapore di un vero proprio miracolo.
A ricordo e per gratitudine del Celeste intervento, il Crocifisso fu collocato sopra il secondo altare laterale sinistro della Chiesa Parrocchiale, dove ancor oggi lo si può osservare e invocare. 
La venerazione dei Ripaltesi nei confronti del Crocifisso "miracoloso" si è manifestata talvolta, nel corso degli anni,con particolare intensità. Il 20 agosto 1933, per esempio, ricorrendo il diciannovesimo centenario della Redenzione, si celebrò in forma grandiosa ed inusitata la festa del SS. Crocifisso. La Sacra Immagine fu, per l’occasione, esposta sull’altare maggiore, tra luci e fiori e la Chiesa fu completamente addobbata.
Festa grande fu per il paese; fuochi artificiali, luminarie e mortaretti completarono il folclore e richiamarono sul posto molti forestieri.