statua / Ganimede rapito dall'aquila / età romana/ sec. II d.C. (fine)
Ganimede rapito dall'aquila
L'opera ebbe largo successo nel corso della sua storia, sia per il soggetto realizzato che per la posizione in cui era stata collocata nello Statuario.
Descrizione
Il gruppo scultoreo ritrae un giovinetto mentre viene rapito da un'aquila. La scultura, interessata un profondo restauro cinquecentesco che ha interessato il becco e le ali dell'aquila; il naso, il mento, le braccia e le gambe del fanciullo, raffigura il giovane colto in una postura scomposta: il volto è rivolto a destra, piegato nell'intento di volgersi verso l'animale. L'asse, attorno cui si muove la figura, è sinuoso: il torso appare infatti inclinato verso sinistra, mentre bacino e gambe seguono invece un asse diritto. Il corpo è nudo, vestito di una sola clamide allacciata sulla spalla destra. Le braccia sono trattate diversamente: una è protesa lungo il corpo a trattenere il lembo posteriore del mantello, l'altra è aperta verso l'esterno e si distende lungo l'ala dell'aquila.
Anche le gambe paiono fluttuare nell'aria, tese nel tentativo di mantenere un equilibrio precario: la destra è distesa e apre il piede verso l'esterno, la sinistra è piegata appena indietro.
L'animale, dalle ampie ali, stringe gli artigli sui fianchi del giovane e protende il muso verso il suo volto: il gioco di sguardi tra i due si fa così intenso, le due figure paiono intente in un intensa comunicazione che si fa tutta intima, che racchiudendo l'aquila e il suo giovinetto in un momento personale e sincero, fa da netto contrasto al ritmo reso dall'immagine, che invece apre la scultura inserendola appieno nello spazio.