"Spalle al muro
Quando gli anni son fucili contro
Qualche piega sulla pelle tua
I pensieri tolgono il posto alle parole
Sguardi bassi alla paura di ritrovarsi soli
E la curva dei tuoi giorni non è più in salita
Scendi piano, dai ricordi in giù
Lasceranno che i tuoi passi sembrino più lenti
Disperatamente al margine di tutte le correnti"

La paura e l'ossessione che gli anni passati siano tanti e che non resti troppo da vivere. L'ansiosa riflessione di chi non guarda più al domani ma rivive sempre più quello che è stato ieri. Vedere per la prima volta il traguardo, dopo aver fatto l'errore di pensare all'eternità della giovinezza. E ora essere lì, solo, un punto sempre più interrogativo e sempre meno esclamativo in mezzo a un mondo diverso, non più riconoscibile da chi lo ha vissuto a pieno ormai tanti anni fa.

"Vecchio
Diranno che sei vecchio
Con tutta quella forza che c'è in te
Vecchio
Quando non è finita, hai ancora tanta vita
E l'anima la grida e tu lo sai che c'è"

Ma il punto è che non ci si sente finiti. Perché infondo l'età è solo un numero. C'è ancora tanta forza dentro quell'uomo che non si accontenta di lasciarsi andare, di cedere. E così, tra chi pensa che sia un peso, un obsoleto personaggio all'ombra di quel che fu, ormai inutile, scaduto, l'uomo sente in sé la voce di una forza viva, che non si vuole arrendere. La grida a tutti, anche a chi se ne sbatte e non vuole più ascoltare, perché nella sua frenesia ha disimparato come si fa.

Una sontuosa elegia alla vita, niente di più è Spalle Al Muro di Renato Zero. Attraverso un discorso che l'interlocutore intraprende con un uomo non più giovane ne nasce una riflessione su sé stessi. Un incitamento a farsi forza e a lasciare ardere il fuoco che vive dentro di noi. Nonostante la paure, le ansie, le parole degli altri. Tutto questo insieme a una musica austera, grandiosamente potente, nella ricerca di una melodia insolita, difficile, lontana dai canoni del pop che tutti conosciamo.

In realtà il pezzo che Renato Zero portò a Sanremo nel 1991 fu scritto da Mariella Nava. L'interpretazione che ne dà Renato è sublime. Non è una cover, è una canzone di Renato Zero a tutti gli effetti poiché l'artista romano riesce a farla completamente sua. Una gemma di rara bellezza atipica nel panorama della musica nostrana; forse il punto più alto raggiunto dall'artista.

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