Una festività, al tempo dei totalitarismi, per celebrare la regalità di Cristo

Voluta da papa Pio XI, la solennità di Cristo Re che domenica 20 chiude l'anno liturgico e il Giubileo della misericordia, fu istituita nel 1925 con l'enciclica Quas primas. Fu riferimento per il movimento dei cristeros perseguitati in Messico. Prima di papa Ratti c'era stato il precedente di Leone XIII che nel 1899 aveva stabilito la consacrazione universale degli uomini al Cuor di Gesù.

Una festività, al tempo dei totalitarismi, per celebrare la regalità di Cristo

Istituita da papa Pio XI, con l'enciclica Quas primas ("Nella prima ...") dell'11 dicembre 1925, a conclusione del Giubileo celebrato in quell'anno, la festività di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo ricorre domenica 20 novembre e conclude l'anno liturgico. La solennità, celebrata anche da anglicani, presbiteriani e alcuni luterani e metodisti, ricorda la regalità di Cristo, Signore del tempo e della storia, inizio e fine (l'Alfa e l'Omega, come è scritto nel libro dell'Apocalisse, usando come riferimento la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco) di tutte le cose e al quale tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. 

Papa Ratti nell'introdurre la nuova solennità tenne conto del precedente di Leone XIII. L'11 maggio del 1899, infatti, papa Pecci aveva stabilito la consacrazione universale degli uomini al Cuor di Gesù. Vi era, peraltro, una certa pressione perché fosse istituita una nuova festa liturgica. In tale direzione sempre nel 1899 il gesuita Sanna Solaro rivolse a tutti i vescovi italiani la richiesta di sottoscrivere una petizione. Il gesuita trovò il consenso di quarantanove vescovi. Una analoga richiesta fu sottoposta a Pio XI all'inizio del suo pontificato dopo il Congresso eucaristico internazionale, e fu rinnovata nel 1923 accompagnata questa volta dalla firma di 340 fra cardinali, arcivescovi, vescovi e superiori generali.

La decisione del papa arrivò dunque nel 1925 e si giustifica con la sua preoccupazione per il contesto laicista e massonico che pervadeva la società, come spiega mons. Francesco Gsparini, docente di storia della chiesa all'Istituto superiore di scienze religiose di Vicenza. 

Come papa Ratti ebbe a scrivere nella sua enciclica la nuova solennità doveva essere "un rimedio efficacissimo a quella peste che pervade l'umana società. La peste dell'età nostra è il cosiddetto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi". "Perché più abbondanti siano i desiderati frutti - aggiungeva il pontefice - e durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile". 

Nell'enciclica Quas primas che istitutiva della solennità, il papa volle evidenziare che la regalità di Cristo implicava necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l'ideale dello stato cattolico: "Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll'azione e coll'opera loro, sarebbe dovere dei cattolici".

La preoccupazione del papa era quella di chiarire che i mali del mondo venivano dall'aver allontanato sempre più Cristo «e la sua santa legge» dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, «ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l'impero di Cristo Salvatore».

La nuova festa si collocava, peraltro, in un contesto storico particolare caratterizzato da totalitarismi in molti paesi, che negavano proprio la centralità di Cristo. Affermarne la regalità, allora, doveva servire anche a rendere relative le suggestioni dei regimi, che pretendevano dai popoli un'adesione personale assoluta.

La nuova festività rappresentò un riferimento molto importante per i cattolici di tutto il mondo. Particolarmente significativo - ricorda Gasparini - è il caso dei cattolici messicani da tempo oggetto di persecuzioni e violenze da parte di un governo laicista, massonico e anticlericale.

«Già da tempo era stato proibito il culto religioso e c'erano state anche violenze e uccisioni di cristiani». Nel 1922 il nunzio apostolico era stato espulso dal paese. Queste persecuzioni portarono a quella che è passata alla storia come la rivolta dei cristeros (un vero e proprio esercito di popolo) nel luglio 1926. «Il nome gli derivò dal fatto che combattevano al grido di "Viva Cristo Re". La situazione fu condannata da Pio XI con due encicliche, la Iniquis Afflictisque del 18 novembre 1926 e la Nos Es Muy Conocida del 28 marzo 1937», successiva di poco a un'altra enciclica in cui si esprime grande preoccupazione per i totalitarismi, la Mit brennender Sorge del 14 marzo del 1937 rivolta alla chiesa tedesca di fronte alla grave situazione creatasi con il nazismo di Hitler. 

Lauro Paoletto

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