«Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e soprattutto in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua, sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più». Così, nel 1975, scriveva Pier Paolo Pasolini sul Corriere della sera, lamentando la scomparsa di una specie e del relativo mondo rurale, con i suoi valori antichi.

Ma se è vero che molti di noi ricordano con nostalgia l’abitudine di catturare questi coleotteri e di metterli dentro un bicchiere di vetro, «in realtà le lucciole non sono sparite: siamo noi che abbiamo perso l’abitudine di osservare la natura notturna», sostiene Domenico Barboni, fotografo naturalista. Ritenendo assurdo che «le persone sappiano tutto dei pinguini, ma non conoscano le piccole meraviglie che esistono dietro l’angolo», da due anni Barboni le lucciole addirittura le alleva e, grazie a un terrario e a molta pazienza, ha documentato in immagini le fasi in cui le larve di Lampyris noctiluca diventano adulte e infine muoiono, a pochi giorni dall’accoppiamento (in Lucciole – Vita spericolata di un coleottero pieno di energia, Tera Mata Edizioni).

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Haitong Yu//Getty Images

Forse è proprio per riscoprire la magia casalinga di questi insetti, che alle "lucciolate" che lui organizza, insieme a vari enti ambientalisti, ogni volta accorrono centinaia di persone. Sono probabilmente gli stessi soggetti che poi si appassionano e mandano le loro segnalazioni a lampyridae.it, il sito creato da Tito Sacchi e Giuseppe Camerini, docente di scienze, per raccogliere dati sulle almeno 17 specie di lucciole presenti in Italia (in UK sono solo 2), ognuna caratterizzata da una diversa emissione luminosa, che va dal giallo al verde.

«Le lucciole sono indicatori biologici della qualità dell’ambiente», chiarisce Camerini. «Censirle vuole dire anche monitorare le condizioni in cui viviamo». Oggi, al pari di altre specie, sono minacciate dall’uso di insetticidi, dall’inquinamento luminoso che elimina il buio, dall’urbanizzazione e dalla riduzione di siepi e fossi. E così, in aree circoscritte come l’arcipelago toscano o l’Asinara, le specie endemiche rischiano di scomparire. Proprio per questo è importante fare il punto: «Serve un termine numerico di paragone da qui a 10 o 50 anni, per capire come l’impatto delle attività umane incida sull’ambiente e sulla quantità di creature che lo popolano».

Camerini invita quindi i cittadini affascinati dall’alfabeto morse di lampeggi con cui le lucciole dialogano, a collaborare al suo progetto di citizen science in difesa della biodiversità: e se la ricompensa futura sarà tutelare questi insetti bioluminescenti, quella immediata è ritrovare il fascino delle notti all’aperto per riaccorgersi delle incredibili vite che accolgono.

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