È tutto pronto per Il Senso del Ridicolo, dal 28 al 30 settembre a Livorno. Per il terzo anno consecutivo, questo festival sconvolgerà la città di con una rassegna sulla storia della comicità e dei suoi protagonisti. Con ospiti attesissimi (e di ampio margine femminile) tra cui la scrittrice Bianca Pitzorno, le giornaliste Concita de Gregorio, Irene Soave e Sara Chiappori, l’attrice Lucia Poli, l’irriverente Rocco Tanica da “Elio e le Storie Tese”, fino allo scrittore e sceneggiatore Walter Fontana e l’(ex) politico Giuseppe Civati. L’ospite d’onore sarà niente di meno che la carismatica Paola Cortellesi, a cui è dedicata la serata di apertura del festival. Il Senso del Ridicolo però non è solo grasse risate, ma, con questa kermesse d’eccezione, punta a offrire un punto di vista inedito sui temi più disparati, toccando anche momenti di serietà e riflessione (urgentissima).

Ce lo spiega meglio Stefano Bartezzaghi, che, da affermato giornalista e figlio dell’enigmistica si è lanciato in questa avventura tutta da scoprire.

Partiamo dalla location: perché Livorno?

In realtà non sono stato io a scegliere Livorno ma è stata Livorno a scegliere me! Volevano fare un festival sull’umorismo e mi hanno chiesto di organizzarlo e di dirigerlo. Io ho accettato, anche se qualche timore: venire da Milano per parlare di umorismo a Livorno mi sembrava azzardato. Invece queste paure sono svanite, perché l’accoglienza della città è stata veramente fantastica (oltre che ironica, come ci si poteva aspettare), e affettuosa.

Del resto Livorno ha sfornato Il Vernacoliere, quindi si può dire che la tradizione comica di questa città sia un caso a sé.

Alludevo proprio a questo! Già nella prima edizione del festival abbiamo dedicato una mostra alle locandine de Il Vernacoliere, omaggiandolo. Questo giornale è proprio caratteristico di tutto un umore della città, di un modo di prendere la vita.

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Laura Lezza//Getty Images

Il Senso del Ridicolo è però un festival dal volto ibrido: ci si aspetterebbe un palinsesto di cabaret, e invece gli ospiti vengono chiamati a partecipare a talk dagli argomenti più disparati, dalla letteratura, alla politica, alla storia della tv. Qual è la finalità che si propone il festival?

Il Festival del Ridicolo non è una rassegna di comici. Ho creato un festival di approfondimento culturale, che sia anche leggero. L’umorismo ha cambiato le abitudini del nostro mondo, è quindi necessario usarlo come materia di riflessione, anche riuscendo a toccare temi molto seri. Anche nella prima serata con Paola Cortellesi, non ci sarà uno spettacolo, ma un racconto della sua carriera, dei suoi progetti e delle sue idee.

Proprio a proposito di Paola Cortellesi, uno dei volti principali di questa terza edizione del festival: un personaggio trasversale, con una lunga carriera che comprende la conduzione tv, il cinema, il teatro, ruoli drammatici e, ovviamente, comici. Perché avete scelto questa ospite? Che cosa succederà nella serata di apertura, a lei dedicata, SiamoStelle o Caporali?

Paola Cortellesi è un’artista che mi interessa molto per il suo percorso. Desidero che gli ospiti d’onore siano persone che non sappiano solo far ridere, ma anche parlare, in maniera interessante, con uno spessore che non è solo quello della notorietà televisiva (rispettabilissima, ma forse meno interessante in questo contesto). E Paola, seppur giovanissima, ha un eclettismo incredibile. È anche sceneggiatrice, autrice, e il suo ultimo film ha avuto molto successo. È vero che un comico può guadagnarsi i favori del pubblico, ma la costruzione di un’identità artistica è qualcosa di molto più complesso.

Ci interessa molto la tematica che verrà affrontata da Irene Soave, Le regole delle Single, che tratterà della convinzione sociale -un po’ tragica- per cui per una donna non avere un uomo al suo fianco è praticamente inconcepibile. Fare dell’ironia è forse l’ultima arma rimasta alle donne per essere ascoltate?

Diciamo che è un’arma piuttosto forte e le donne l’hanno dimostrato ampiamente in Italia, a partire dagli esperimenti di Rai 3 sulla comicità al femminile. Una volta si diceva che le donne non sapessero far ridere, ma Lucia Poli, tra le ospiti, è stata la dimostrazione del contrario, come pure Franca Valeri, Bice Valori, Alessandra Mondaini. Irene Soave è una giornalista giovanissima che ha questo “pallino” dei manuali di galateo, soprattutto quelli rivolti alle donne single. L’ho scelta perché aveva già fatto delle cose simili per Sette, testata di cui è redattrice. Mi piaceva molto l’idea di rileggere i consigli, che storicamente si davano alle donne, tramite gli occhi di una giovane di oggi. Non so se questo sia l’unico modo, ce ne sono anche altri più battaglieri, o anche molto più approfonditi sul tema filosofico, ma senza dubbio un festival dell’umorismo può raggiungere anche questa tematica.

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Venturelli//Getty Images

Si dice che l’Italia sia la patria della comicità, con l’abitudine alla boutade. Ma poi, quando la provocazione viene dall’esterno, come è successo più volte con il Charlie Hebdo, pare che lo scherzo non sia più apprezzato. C’è un motivo secondo lei?

Ci siamo occupati molto di questo: la prima edizione si è aperta nel periodo della strage del Charlie Hebdo e sono venuti a parlarci Staino e Altan, della redazione. Mi ricordo che quando ero giovane io, ci fu il caso del sequestro Moro, e la testata satirica “Il Male” usciva con delle vignette molto pesanti a riguardo. Ci furono delle proteste, ma tutte limitate. Perché? Perché era nel contesto di un giornale di satira, che fa satira. Oggi invece succede che la vignetta esce dalla pagina satirica e va su tutte le bacheche, o sulle magliette dei ministri italiani, decontestualizzata. Il vero limite della satira non è morale, è testuale: deve comparire nella zona che le è propria. Altrimenti, se viene usata da tutti, si entra nel cabaret e le sue parole risultano offensive.

Lei sarà anche moderatore del dialogo tra Giuseppe Civati e Francesco Costa. Il fatto che tra gli ospiti de Il Senso del Ridicolo ci sia un politico pare piuttosto emblematico dei tempi che corrono. Cosa pensa del rapporto tra politica e spettacolarità oggi?

Vorrei che ce lo spiegassero loro. Se Civati fosse stato eletto probabilmente non lo avrei invitato, ma si è ritirato dalla politica militante e adesso fa l’editore, seppur mantenendo un orientamento politico. Giuseppe Costa è invece un giornalista, specialista di campagne elettorali, che ha scritto un libro sui discorsi di Obama, sul linguaggio politico tanto cambiato. Mentre una volta il “buffone” era un appellativo squalificante, oggi pare invece che i politici debbano saper far ridere per forza. I politici usano delle modalità comiche, anche sui social network: insulti, prese in giro, selfie, filmati, video e messaggi che vogliono essere arguti o irredenti. Vedremo come questo tipo di comunicazione agisca e cambi il rapporto con un elettorato che ormai è diventato un pubblico: un’evoluzione estrema di quello che già tanto tempo fa si era cominciata a chiamare “politic-spettacolo”.

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Emiliano Mini – JOBDV/Studio
Il Senso Del Ridicolo

Secondo lei qual è il ruolo della comicità nelle nostre vite?

Penso che non ce ne sia uno solo. Non vorrei mai essere una persona seriosa nella mia vita, ma si dice anche “Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi” e questo pensiero un po’ lo condivido. Mi pare che viviamo un’epoca molto ridanciana per certi versi, una sindrome un po’ pericolosa. Non riesco a immaginarmi un contesto, a parte forse il Quirinale, in cui non ci sia un tentativo di spiritosaggine e di gioco, che diventa la base comune del linguaggio, secondo me impoverendolo.

Probabilmente l’umorismo è anche una questione soggettiva. A lei cos’è che fa molto ridere?

Non ci penso molto… Normalmente mi fanno ridere cose che non sono programmaticamente comiche. È raro che vada a vedere un film comico al cinema e mi faccia ridere. Mi piacciono le cose che mi colgono di sorpresa, come chi riesce a cambiare registro e a far ridere mentre sta parlando di qualcosa di serio. La monotonia e il solo registro comico dopo un po’ mi stufano.