"Dare vita a qualcosa di eterno mi entusiasma, l’essere diventata un po’ 'irriverente' poi, ha fatto la differenza". Determinata e spietata di fatto lo è sempre stata, lo sottolinea anche all’ultimo Filming Italy Sardegna Festival quando la incontriamo, ma Stella Egitto è davvero una donna capace di sorprendersi, illuminando, attraverso le scelte che porta avanti.

Originaria di Messina, da oltre 12 anni vive a Roma, è diventata piano piano una delle attrici più trasversali del panorama italiano, divisa com’è, pure nelle vesti di madrina (lo sarà al prossimo Riviera International Film Festival), tra cinema, teatro e televisione. Dopo infatti la pellicola di Pif, In guerra per amore, all’ingresso lampo del mondo di Montalbano, al ruolo –rivelazione in Malarazza, fino a essere tra le protagoniste assolute della mini serie andata in onda su Fox Life, Teddy, diretta da Mauro Mancini. "Una follia", la definisce, in cui per la prima volta si è sdoppiata addirittura in due gemelle.

Che tipo di progetto è stato?

Una commedia molto divertente, diversa dai miei registri preferiti, quelli impegnati, quindi c’è stata una difficoltà diversa, in termini di tempi. C’è un'inversione di personalità tra sorelle, si scambiano il ruolo e vengono chiamate a rimettersi in campo, sfidandosi. Da una parte c’è Viola, un po’ incasinata, matta, dall’altra Marta, quadrata, sicuramente maggiormente equilibrata, e fin troppo precisina. Io diciamo che mi inserisco perfettamente tra entrambe.

Perché come ti definisci?

Un po’ “scialla” come si dice alla romana. Sono molto autoironica, ma questo non vuol dire che sul lavoro non mi prendo sul serio, anzi, mi considero tedesca, detesto la maleducazione, il non rispetto, tutto ciò che è approssimato. Diciamo che la mia attenzione alla forma nella vita non è indotta da nessuno, amo il rigore perché l’ho scelto, non come modello da seguire, e non essere mai troppo indulgente con me stessa e nella recitazione.

Qual è stata la molla per cominciare invece a fare l’attrice?

Inizialmente desideravo avvicinarmi a questo mondo in maniera meno autoreferenziale, il nostro mestiere però esiste, nella misura in cui ci sono delle storie belle da raccontare, le sceneggiature, la drammaturgia. Se parliamo di teatro, studiando, è la necessità di andare in profondità, conoscere, se no diventa tutto casuale.

E ci riesci?

Cerco di essere costantemente di costruire con me stessa un rapporto di onestà intellettuale, se sbaglio non mi voglio raccontare bugie. Mettersi in discussione in fondo ci rende consapevoli, intelligenti, “irriverenti”, nelle sue mille accezioni. Io stessa mi pongo mille domande, a cui cerco di rispondere tramite le persone, le passioni, più liberatorie, più colte, le mie letture.

Che autori in particolare?

Adoro scrivere prima di tutto, da qualche tempo ho anche cominciato a raccogliere qualcosa di mio in questa direzione. Lacrime, sorrisi, invenzioni, chissà se prenderanno forma… . In generale direi Shakespeare, Camut, il mio autore preferito, Samuel Beckett, il contemporaneo, Bergonzoni, Guido Catalano, e ultimamente ho ripreso Oceano mare di Baricco.

Nessun modello di riferimento?

Seguo quello che fa Natalie Portman, ma la vera donna importante è mia madre, lei ha saputo insegnarmi l’indipendenza, l’essere libera, a guardare il mondo intorno sempre a testa alta.

Nella moda invece dove virano i gusti?

Amo follemente il guardaroba di Manuel Agnelli lo ammetto (ride, ndr), i suoi look sono rock, per questo fanno colpo. Diciamo che non rinuncio ai miei anfibi da combattimento, al vestire talvolta maschile.

Pensando al 2019, che anno sarà?

In prospettiva intravedo mille cose, ci sono tanti progetti all'orizzonte e aspetto, sempre e comunque, che mi propongano un bel film d’azione (sorride, ndr), stile Lara Croft, un po’ selvaggia. E poi, certo, c’è l’idea futura di famiglia, un figlio, sento un grande istinto materno, ma le cose, talvolta, accadono se è destino.

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