Alla fine del primo screening del Silenzio degli innocenti, il pubblico in sala era rimasto in silenzio. Né applausi né fischi, né sospiri né risatine imbarazzate, solo un assoluto silenzio. Lo sceneggiatore Ted Tally era perplesso, non sapeva cosa pensare, e allora chiese al regista Jonathan Demme: "Ma non sarà un film troppo spaventoso?". Quel silenzio era di pura inquietudine, e Demme lo avrebbe scoperto nelle settimane successive.

Grazie al passaparola, all'uscita strategica del film, il giorno di San Valentino del 1991, il successo fu enorme. Non era soltanto amato dal pubblico, ma anche dalla critica. Il silenzio degli innocenti è il primo thriller/horror d'autore ad aver vinto tutti i principali premi Oscar (miglior film, regista, sceneggiatura non originale, attore e attrice protagonista, montaggio e sonoro). Qualcosa stava cambiando, negli anni 90, se anche un film che una volta avremmo detto "di genere" veniva trattato come il capolavoro dell'anno.

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Courtesy Orion Pictures

Il silenzio degli innocenti è entrato rapidamente nell'immaginario: la faccia di Anthony Hopkins dietro il vetro di sicurezza, i dialoghi con Clarice Starling, una Jodie Foster straordinaria, le indagini, la ferocia dei crimini descritti, quel senso di inquietudine che ti prende a sorpresa anche dopo mesi dalla prima visione, o dalla seconda, o dalla terza. Tutto nel film di Demme è epocale, un punto di svolta. Eppure, è un film che ha rischiato di non esistere.

La genesi di questo classico contemporaneo è un elenco di incertezze, tormenti, false partenze, "non se ne fa più nulla" e "no anzi, si fa" che meriterebbe un libro che lo racconta. Trent'anni fa gli studi di produzione hollywoodiani rischiavano molto di più di oggi, concentrati come sono a scommettere cifre enormi ma sul sicuro con i film dei supereroi. Tutto comincia con lo scrittore americano Thomas Harris, che aveva introdotto il personaggio di Hannibal Lecter nel romanzo Red Dragon. Romanzo che sarebbe diventato un film per ben due volte: la prima nel 1986 con Manhunter di Michael Mann, la seconda nel 2002 con il titolo Red Dragon di Brett Ratner. Nel primo, Hannibal Lecter è Brian Cox (che oggi vediamo come il patriarca nella serie tv Succession), nel secondo è Anthony Hopkins, che già anni prima aveva strabiliato tutti nel film di Demme.

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Courtesy Orion Pictures

Manhunter non ebbe successo, di conseguenza il produttore Dino De Laurentiis rifiutò di girare il sequel che Harris aveva scritto, cioè proprio Il silenzio degli innocenti. E qui entra l'elemento strano e imprevedibile che spesso una storia hollywoodiana riserva: Gene Hackman. Che c'entra Hackman con la storia di Lecter? L'attore aveva acquistato metà dei diritti del libro, convincendo la casa di produzione Orion ad acquistare l'altra metà. Ovviamente Hackman voleva interpretare Lecter, ma le storie di come si fanno i film a Hollywood a volte sono tortuose e piene di imprevisti.

Pare che la figlia di Hackman avesse letto il libro di Harris, e inorridita avesse chiesto al padre di non interpretare Lecter. Una richiesta legittima, quella di chiedere al proprio padre di non interpretare uno psicoanalista cannibale "assunto" come consulente per la caccia a un serial killer che scuoia le sue vittime. Chissà come l'ha presa Hackman, quando ha visto Hopkins brillare nel ruolo. Ma andiamo per gradi.

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Courtesy Orion Pictures

La casa di produzione Orion era intenzionata a fare il film anche senza Hackman cuor di papà, e pensò di affidare il progetto a una scommessa, un regista eclettico che aveva girato tante cose diverse ma nessun grande successo commerciale. Jonathan Demme all'epoca aveva 46 anni, non era un ragazzino ma neanche Orson Welles. Aveva girato la registrazione di un concerto dei Talking Heads (Stop Making Sense), episodi di Colombo e del Saturday Night Live, e film molto diversi tra loro, comprese alcune commedie folli (Qualcosa di travolgente, con Melanie Griffith). Il silenzio degli innocenti doveva essere il suo Psycho, come raccontava lui nelle interviste. E così è stato, in effetti.

La prima scelta di Demme per il ruolo di Clarice era Michelle Pfeiffer, con cui avrebbe lavorato successivamente in Una vedova allegra... ma non troppo, ma anche l'attrice, come Hackman, era preoccupata per l'eccessiva violenza nella storia. Jodie Foster aveva letto il libro di Harris e aveva praticamente implorato Demme di darle il ruolo. "Quello che amo di Clarice", avrebbe detto nelle interviste Jodie Foster, "è il fatto di essere un'eroina che non è semplicemente la versione femminile di Arnold Schwarzenegger. Clarice è molto competente, ma molto umana".

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Ron Galella, Ltd.//Getty Images

Per il ruolo di Hannibal Lecter, le cose erano meno semplici. La casa di produzione voleva Sean Connery, ma James Bond non avrebbe mai accettato di interpretare un cannibale, per quanto sofisticato nei modi e nella cultura. Nonostante Hopkins fosse molto apprezzato, non era esattamente di richiamo per il botteghino, ma la Orion decise di rischiare comunque. Hopkins avrebbe poi detto: "Ho letto la sceneggiatura e ho sentito immediatamente come avrei potuto interpretare Lecter". Un misto, come avrebbe spiegato, di Katharine Hepburn, Truman Capote e Hal 9000, il computer di 2001: Odissea nello spazio. In effetti il Lecter di Anthony Hopkins ha qualcosa di divistico e prezioso, e qualcosa di robotico.

Per intensificare lo strano rapporto tra Lecter e Clarice, i due attori non si sono mai parlati sul set per tutto il tempo, e spesso nelle scene di dialogo non erano neanche insieme. Ciascuno era ripreso in primo piano senza l'altro a dargli le battute. Un senso di straniamento per gli attori che viene perfettamente restituito nei dialoghi a distanza di sicurezza tra il cannibale e la giovane agente FBI.

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Courtesy Orion Pictures

Al momento dell'uscita del film ci fu un altro intoppo che lo mise a rischio più di tutto: la Orion era sull'orlo della bancarotta e non poteva permettersi il lancio di questo film e di quello su cui puntava per gli incassi di Natale, e cioè Balla coi lupi di Kevin Costner. E così Il silenzio degli innocenti slittò al febbraio del 1991, un altro giorno di San Valentino da massacro.

All'uscita del film, nonostante il successo di pubblico e critica, ci fu qualche polemica. La comunità LGBTQ* protestò per il modo in cui era dipinto il serial killer Buffalo Bill, un personaggio transgender che scuoiava donna e ne ricuciva letteralmente la pelle nella quale voleva entrare. Nonostante le controversie, il film è uno dei pochi ad aver intascato i big five agli Oscar (sceneggiatura, regista, attore, attrice e film), prima del Silenzio degli innocenti, era riuscito soltanto a Accadde una notte del 1934 e Qualcuno volò sul nido del cuculo del 1975.

L'enorme successo del film di Demme, 30 anni quest'anno, ha dato vita a sequel e prequel, e anche a una serie tv con un giovane Lecter interpretato da Mads Mikkelsen, ma niente e nessuno ha saputo eguagliare il magnetismo di quel film di culto. Forse perché nessuno ha saputo raccontare in modo così magistrale quanto può essere seduttivo il male.

DaEsquire NL