Ma che film intelligente e delicato questo di Roberto Andò, ma quanto è unico Silvio Orlando quando deve muoversi in punta di piedi, confrontarsi con personaggi immolati alla sensibilità in un mondo freddo e ostile, ma quanto è camaleontico Lino Musella, tra gli attori più adattabili del nostro panorama.

L’Italia saluta Venezia 78 con Il Bambino Nascosto, un piccolo, grande film, un’opera pregna di significati, originalissima nel mostrarci una realtà cinematograficamente così abusata come quella della Napoli assediata dalla Camorra, sotto una luce nuova, inedita, capace di illuminare più tematiche contemporaneamente.

Protagonista è il professore di pianoforte Gabriele Santoro (Silvio Orlando), tanto stimato professionalmente, quanto stritolato da una dimensione personale fatta di solitudine, isolamento e sofferenza.

Gabriele vive in un palazzo popolato da un’umanità degradata e connessa alla criminalità locale, dove si aggira come un fantasma, evitando accuratamente ogni possibile contatto sociale. A spezzare la sua monotona esistenza, arriva Ciro, un ragazzino figlio di un piccolo boss locale, in fuga da tutto e da tutti dopo aver involontariamente mandato in coma la matrona di un clan, in un tentativo maldestro di scippo assieme ad un compagno.

Sarà l’inizio di un percorso comune fatto di silenzi, graduali aperture e di una presa di responsabilità da parte di entrambi, decisi a non arrendersi, a non finire stritolati dalla cultura dell’omertà e della morte che li circonda.

il bambino nascostopinterest
Lia Pasqualino

La regia di Andò è di rara efficacia, è un viaggio fatto di suoni rubati, di un silenzio opprimente in perfetto contraltare con l’iconica chiassosità di una città nota ovunque per l’atmosfera febbrile e vivace.

Ne Il Bambino Nascosto non vi è il sole, non vi è il mare, vi è invece una città dominata dalle tenebre, dalla pioggia, dalle mura domestiche che stritolano speranza, tolgono il fiato, quasi come si trattasse di una prigione dell’anima, grazie alla bellissima fotografia di Maurizio Calvesi.

Gabriele pare trovare ristoro da una dimensione esistenziale repressa solo nella musica, nei grandi compositori, in quelle note che insegna, prima che arrivi questo piccolo essere a distruggere la sua fortezza della solitudine.

Il mondo la fuori, è popolato di oscuri pericoli, di una realtà familiare che la sceneggiatura di Roberto Andò, e Franco Marcoaldi distrugge, e con essa la grande tradizione napoletana che attorno ad essa da sempre ha creato il mito del rifugio sicuro, del nido a cui tornare. Qui il nido è una trappola da cui fuggire, un regno di sangue e degrado, la famiglia è un miraggio lontano, stritolato dalla religione sado-maso-mortuaria verso i clan, il sangue e la fedeltà ad un credo che ieri come oggi, domina questa città meravigliosa.

Silvio Orlando si cuce addosso un personaggio fatto apposta per il suo fisico, la sua espressività in grado di sublimare ad un tempo fragilità e determinazione, la stessa che di giorno in giorno, affiora quasi inconsapevolmente in questo uomo senza che neppure lui se ne accorga.

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Lia Pasqualino

Il Bambino Nascosto è un racconto fatto di dualità, di una doppia faccia, che ha nel personaggio del piccolo camorrista dal volto umano di Lino Musella, un simbolo di inedita incertezza, a metà strada tra il rimpianto per una vita mancata e l’accettazione di un destino fatto di sofferenza.

I 110 minuti di questa sorta di survival-road movie tra quattro mura che diventano oceano, sono un pregevolissimo esempio di scrittura in grado di valorizzare i personaggi fino in fondo, senza per questo perdere di vista la necessità di non lasciare da parte il realismo, la verosimiglianza, la connessione con la realtà disperata di un universo impietoso.

Ciro e Gabriele imparano a conoscersi, ad aiutarsi a vicenda, ad abbattere quella barriera che li separa dagli altri, gli fa vedere nemici e ostilità ovunque, assieme improvvisano una fuga che è prima di tutto interiore, e solo successivamente cercano di realizzare fisicamente.

La Napoli di Andò è un infido labirinto fatto di bugie e corruzione, è lo specchio di un’Italia che non perdona nulla ai deboli e ai diversi dalla norma, verso la quale esiste solo la fuga, accompagnata dall’agonia di quelle note che per Gabriele erano l’appiglio alla libertà dei sentimenti, alla grazia della conoscenza.

Altro grande pregio di Il Bambino Nascosto è il fatto che sovente si stacca del mero dramma, e accarezzi le corde del neo-noir, suggerendo la mutevolezza dell’animo umano, suscitando la pietà verso la carne martoriata, l’agonia dell’esistenza singola piegata dal “sistema”, dalla comunità fedele alla morte.

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Lia Pasqualino

Anche per questo è difficile individuare un personaggio veramente negativo, una vera nemesi per Gabriele e Ciro, se non il paese, la città in sé, la tradizione immutabile, la dinastia del crimine.

Non vi è eroismo, non vi è la nobilitazione dell’uomo comune, ma solo il mostrare come sovente dentro di noi vi siano energie, risorse e coraggio che ignoriamo di possedere, almeno fino a quando non troviamo un Ciro sulla nostra strada che ci costringa a guardarci dentro, a fare quel passo che per tutta la vita non abbiamo voluto fare.

Bello vedere che finalmente si sa parlare del degrado, della criminalità, scegliendo una modalità diversa dall'action, ricollegandosi alla conflittualità interiore che avrebbero deliziato un Lumet, un Pollack, un Melville. Andò ci è riuscito.