“A volte nelle coppie c’è il caos”. Con questa frase esaustiva ed emblematica Sandra, la protagonista di Anatomia di una caduta, tenta di difendersi durante il processo in cui è imputata per omicidio colposo, a seguito della morte del marito, caduto in maniera sospetta dal terzo piano della loro baita sulle Alpi francesi. Il film di di Justine Triet, Palma d’Oro a Cannes 2023 e ora nei cinema italiani, mette in scena uno degli aspetti più brutali che possono sorgere nelle dinamiche di un rapporto di coppia: l’invidia. Durante la scena madre, assistiamo a un litigio lacerante nel quale i due arrivano a rompere oggetti e a picchiarsi, in un’escalation di disperazione dove hanno messo sul tavolo ogni residuo di frustrazione e dignità. Sandra è una scrittrice di successo, ma si dà il caso che anche suo marito Samuel abbia il desiderio di scrivere. Tuttavia – ed è questo che rinfaccia a Sandra – non trova il tempo per finire il suo romanzo, perché, a causa delle mancanze della moglie, è troppo impegnato a badare alle faccende della casa e all’educazione del figlio ipovedente. “Non sei in grado di affrontare le tue ambizioni”, ribatte lei, perfettamente in controllo della propria vita.

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A volte si ha l’impressione che la giuria non la stia processando per la morte del marito ma per la sua freddezza, per l’apparente cinismo con cui ha gestito i suoi tradimenti e i rapporti extra-coniugali. Per un largo segmento della pellicola aleggia un’aria di risentimento verso una donna che ha anteposto la sua carriera all’abnegazione per la propria famiglia, che è stata a letto con altre donne e flirta con la giovane giornalista che la sta intervistando. Quando salta fuori che ha preso spunto da una traccia del romanzo abbandonato del marito per costruire la trama del suo ultimo romanzo, si arriva a tanto così dal chiedersi se possa essere condannata per questo, tanto è l’astio nei suoi confronti. Va da sé che la vicenda non sarebbe stata ugualmente eclatante se alla ribalta ci fosse stato un uomo affascinante e il cadavere nella neve fosse stato di una donna. Ma quello che porta a chiedersi questo film complesso e devastante è se l’infelicità e l’insoddisfazione personale del proprio partner debbano essere una responsabilità condivisa.

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Netflix

Prima ancora che Anatomia di una caduta arrivasse nelle sale italiane, su Netflix è uscito Fair Play, un thriller femminista di Chloe Domont di lignaggio meno prestigioso, ma con parecchie caratteristiche interessanti. Emily e Luke lavorano per la stessa società di investimenti, hanno una relazione seria da qualche anno, sebbene la mantengano segreta per via delle regole aziendali. Ogni mattina si svegliano all’alba, si vestono di tutto punto e raggiungono l’ufficio separatamente. Le loro carriere vanno a gonfie vele, così come la loro vita sessuale, stanno persino per sposarsi. Quando un loro superiore in burnout viene silurato, tutto fa pensare che sarà Luke a ricevere una promozione, ma a sorpresa l’incarico va a Emily, molto più talentuosa e tagliata per l’ambiente predatorio della finanza di quanto non sia Luke, che scopriamo essere una specie di mediocre raccomandato. Da qui parte la spirale di distruzione che manda in frantumi il fidanzamento e la coppia: mentre Emily si trasforma progressivamente, assimilando le peggiori abitudini dei suoi colleghi maschi, Luke, nel miserabile tentativo di ottenere un riconoscimento, viene sopraffatto da gelosie, paranoie e competizione, sabotando l’ascesa di Emily e rovinando la sua stessa reputazione. Il disastro della relazione tossica immaginata da Domont, che porta all’interno della coppia i paradigmi spietati del capitalismo più violento e del patriarcato, culmina con una scena agghiacciante di stupro che in ultimo porterà al finale liberatorio e in un certo senso militante.

Sebbene ambientati in contesti borghesi e altolocati, entrambi i film mostrano tutte le difficoltà dell’emancipazione femminile e il maschilismo nell’ambito lavorativo. Non si parla di gender pay gap, ma di potere e prestigio, tuttavia non è difficile declinare le stesse dinamiche dei protagonisti su canoni più comuni, dove è un’eccezione rarissima che la figura femminile sia quella con uno stipendio più alto e quando accade, è causa di stress per la figura maschile. Entrambi i film mostrano come il successo, inteso come riconoscimento economico e sociale, sia il fine ultimo da rincorrere nelle nostre esistenze – una specie di legge naturale nella quale credere – travalicando anche i legami sentimentali e la stabilità di una relazione. Se nel caso di Anatomia di una caduta e Fair Play il carburante del conflitto è il sessismo e lo scontento maschile, in un altro film uscito di recente, Sick of myself di Kristoffer Borgli, vediamo una ragazza narcisista e invidiosa del successo inconsistente del fidanzato artista causarsi una grave malattia della pelle pur di attirare l’attenzione prima del loro giro di amici e poi delle riviste di moda, che la mettono in prima pagina come feticcio di inclusività.

Viviamo in bolle digitali che influenzano anche la nostra vita al di fuori delle piattaforme, inoltre la disponibilità di tempo al di fuori del lavoro è sempre più esigua, per cui la nostra vita sociale è ristagnante e limitata. Forse è per questo motivo che nascono molto di frequente coppie all’interno dello stesso ambito professionale, causando con maggiore facilità un dualismo che può essere fatale. Ciononostante il concetto di coppia, per quanto in crisi, sembra essere ancora la scelta più gettonata. Per quanto si tratti di un numero in crescita, in Italia solo 8 milioni di persone vivono da sole, stando ai dati Istat. Secondo una ricerca condotta da Moneyfarm chi vive in coppia risparmia circa 571 euro al mese rispetto a chi vive da solo. Tuttavia la ricerca di un partner ha un costo non indifferente. Negli Stati Uniti si parla di “dating debt” per Millennial e Gen Z, poiché circa il 30% delle persone tra i 18 e i 34 anni dichiara di accumulare debiti per coprire le spese impreviste dovute a cene, regali, cura personale relativi agli appuntamenti romantici. Nel 21% dei casi questi debiti superano i 500 dollari all’anno, rivela Credit Karma. Malgrado gli sforzi profusi, nel 2023 si registra un aumento del 78% delle richieste di sessioni di terapia di coppia, stando ai numeri forniti dalla piattaforma di psicologia online TherapyChat.

A chiudere questo insolito quartetto di uscite recenti sui rapporti di coppia c’è Fingernails di Christos Nikou con Jessie Buckley e Jeremy White, disponibile da fine ottobre su Apple TV+. Si tratta di una distopia retro-futurista ambientata a fine anni Novanta nella quale esiste una tecnologia in grado di rilevare la stabilità sentimentale di una coppia. Una specie di match Tinder proto-scientifico e vagamente monogamo-normativo. Attraverso l’analisi delle unghie dei due partner il computer rivela se la coppia è innamorata al 100%, se solo una delle due parti prova davvero dei sentimenti o se si tratti addirittura di un’unione di convenienza, nella quale nessuno è davvero coinvolto. Per fortuna si tratta solo di finzione.