C'è un posto a Roma che nessuno ha mai visto, eppure se ne parla da 30 anni. Non c'è clavigero vaticano che ne apra le porte, location di Suburra o cantiere della metro che ne scopra le mura. Non è nemmeno una delle 200mila case sfitte della città ma resiste nel catasto fantastico di Roma. È Fonopoli, “la città dei giovani e della musica”, l’auditorium sorcino di Renato Zero. Un progetto mai edificato i cui cantieri virtuali hanno vagato dagli anni 90 lungo il Gra: Divino Amore, Magliana, Anagnina, La Rustica, Lunghezza.

La terra promessa di Zero è stato annunciata a ogni decennio e sindacatura (tranne Marino), “via libera a Fonopoli” suonava come “è fatta, manca solo la firma” al calciomercato. Ma ogni volta, non riuscendo a coprire i costi, Fonopoli ha dovuto fare quel famoso altro inventario, smontare la baracca e via. Il mito di Fonopoli riappare ciclicamente, basta il nome per ritrovare intatta l'utopia da cui Zero non è ancora uscito: sconfitto dai fatti, deluso dalle istituzioni ma per nulla arreso, come Fitzcarraldo. Nella Roma della rinascita auspicata il sogno di Zero girerà ancora o è una vite spanata per false partenze? E soprattutto, chi si ricorda di Fonopoli?

FONOPOLI È UNA MISSIONE.

Fonopoli fu lanciata nel 1993 a Sanremo. Zero in concorso arrivò quinto ma cantò vittoria lo stesso “vi comunico che sta nascendo Fonopoli, per portare la musica fra la gente". Aveva 43 anni, si riaffacciava col disco "Quando non sei più di nessuno" dopo la crisi degli anni 80 e la leggenda del rimprovero di Enrico Ruggeri, “non puoi più pretendere di avere tutti quanti attorno a te”. Oggi ne ha 71: “che volete che sia l'attesa di Fonopoli in confronto all’eternità?” ha detto una volta.

Per Famiglia Cristiana il brano Ave Maria arrivò primo ma fu contestato pure dal sorcino D’Agostino, “dopo i triangoli adesso arriva con le penitenze”. Zero rilanció con un'altra notizia: "d'ora in poi i miei guadagni andranno a Fonopoli". Quello che Mario Luzzatto Fegiz definì un “progetto mistico benefico musicale” divenne una missione di crowdfunding. La prima iniziativa fu il mini cd Passaporto per Fonopoli, con dentro tessera, calendario, brano sanremese e tre inediti tra cui Menefotto: "menefotto se il mondo è corrotto, se piove a dirotto, di tutto il degrado che c'è". Fonopoli era una risposta al mondo scoperchiato dalle inchieste giudiziarie 1992/1993: “servono tre miliardi, iscrivetevi! Pagate questa tangente pulita per dare una risposta a Tangentopoli".

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Nel tour Zeròpera (1993) abolí i biglietti omaggio alla stampa - lo stesso critico musicale pagò 70mila lire - e mise all’asta i costumi di scena nel foyer dei teatri. Nel 1994 organizzò al Piper (la sua prima patria) la Maratona Fonopoli, cinque giorni di concerti e performance con amici e sodali. Nel 1995 annunciò di aver raccolto "un miliardo e mezzo di lire". Da “Imperfetto” (1994) in poi Fonopoli è l'etichetta che sostituisce Zerolandia. Fonopoli è anche lo studio di registrazione dove incide la Bertè.

Cantiere Fonopoli è il tour di fine millennio dedicato alla causa: nel manifesto un mattone sul palco viene illuminato da un faro. A Roma gli tocca l'angusta Curva Sud dove canta “Si sta facendo notte”, l’inno di Fonopoli: “Siamo ancora pieni di risorse / Aspetta e vedrai/ La voglia di cantare è figlia dei miei guai / Salvare quel sogno è tutto ciò che vorrei /Mi aiuterai / Diamoci dentro affinché non si faccia notte / Alziamoci fin lassù mattone su mattone”.

Colori su Fonopoli è un quadernone d’arte, ogni mese una foto di Fioroni, Ducrot, Eustachio, Cerone, Cascella, in vendita a 500mila lire realizzato con la Galleria Navona 42. Capitan Fonopoli (figlio di Dontellmenomore e Fileida) è il cavallo da trotto che gli regala l’ippodromo di San Siro nel 1999 per la raccolta fondi. N°12771/38 Banca di Roma, Agenzia 122, è l’intestazione del conto aperto per Fonopoli. Insomma, ovunque bisognava sostenere Fonopoli, e infatti aderirono 30mila sorcini. Vincenzo Incenzo, cantautore e autore (prossimo disco Zoo in uscita inizio 2022), dentro l’associazione Fonopoli dagli esordi, ricorda "i pacchi per Fonopoli pieni di tute, magliette, portachiavi, adesivi e il periodico Infonopoli" spediti da via Marche ai nuovi fan.

FONOPOLI DOPO ZEROLANDIA.

Fonopoli nasce dai patimenti di Zerolandia, il tendone appoggiato sulla Colombo e poi itinerante, la tana finanziata grazie ai dischi di successo, il regno folle di Zero dal ‘79 al ‘83, “qui sotto sono solo mio”, capace di 5mila persone a sera (a Roma tendone fa rima con rivoluzione, Proietti e Gassman docet), chiuso però con i sigilli del pretore per irregolarità retroattiva “nella gara d’appalto”. Una fine brusca, ferita mai ricucita.

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Già nell’opera rock "Orfeo 9" (1975) di Tito Schipa jr (altro ragazzo del Piper), Zero faceva il venditore ambulante di sogni con una casa a traino chiamata Felicittà. Era chiaro: Fonopoli doveva avere mura più solide del tendone preso in prestito dal circo Togni: “Fonopoli è per la gente, non la mia casa di riposo” e ancora “sarà una città della musica e dei mestieri”. E quindi non la residenza di Graceland a Memphis, nata come fortino della privacy e poi mausoleo di Elvis; non il mega ranch mega parco di Neverland, acquistato in California da Michael Jackson nel 1988 per fuggire la famiglia numerosa; e nemmeno Paisley Park, lo studio di registrazione di Prince con la reggia intorno, creato nel 1985 nel Minnesota patrio, dove il musicista è morto e sono custodite le ceneri.

Fonopoli invece come argine ai cambiamenti sociali della città Eterna. Già in "Colosseo" (1986, lo stesso dei bordi di periferia di Eros) Zero cantava “dove sei mia cittá? dove ti ho perso chissà? tu stai morendo cosí”. Il villaggio globale di Renato avrebbe compreso botteghe e laboratori, “dove emarginati e disadattati impareranno un mestiere”, “per uscire dal branco della disoccupazione e costruirsi un futuro”, “ci sarà lavoro, così almeno potranno ignorare i concorsi per Polizia e Carabinieri". Mestieri anche per la musica. "Zero aveva previsto le sale prove, le classi di scrittura creativa, dizione, canto, tecnica del suono, e costumi" - racconta Incenzo - "aveva a cuore l’officina della manodopera italiana che si stava spegnendo, anche il riscatto dei ragazzi disagiati era sempre sul tavolo di Fonopoli”. Zero ha sempre avuto una vocazione da parroco laico e stradarolo “che vuole mettere d'accordo tutti”, perché “lui rappresenta l’ancoraggio a una città in via di estinzione- spiega Incenzo - quella situazione un po' anni 50 del del dialogo con le persone, il contatto con il negozio". Ma Roma è cambiata e sempre più dispersiva: "Renato se n’è accorto quando è tornato a vivere in centro a Piazza di Spagna, è rimasto deluso”.

FONOPOLI È UN COCCODRILLO.

Un coccodrillo. Era la primissima forma immaginata da Zero per Fonopoli, come la nuvola per Fuksas, “Coccodrillo perché è come i giovani, tranquillo finché non vai a stuzzicarlo” (riporta Andrea Pedrinelli nella nuova biografia “Renato Zero”, Giunti). “Nel 1990 Renato venne da me con uno schizzo: era la forma di un coccodrillo ma non mi piaceva affatto” ha detto Tommaso Valle, il progettista della nuova Fiera di Roma, da subito architetto unico di Fonopoli. Il coccodrillo, stilizzato, è rimasto nel logo dell’etichetta Fonopoli che poi nel 2001 divenne Tattica e nelle tessere sorcine.

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Stefano Ciavatta

A forma di coccodrillo era anche la piantina disegnata sul retro del calendario del Passaporto per Fonopoli. Si accedeva alla struttura con una scalinata imponente, dentro stavano due teatri all'aperto e l'auditorium coperto trasformabile in discoteca con i posti della platea su piattaforme scorrevoli. Lo spazio era programmato per concerti rock e sinfonici, proiezioni cinematografiche e spettacoli di prosa, balletto e conferenze. Sopravvivono due memorabilia: il plastico a forma di coccodrillo a casa Zero, e quello del progetto dello studio Valle. I panini con la stessa forma, offerti in conferenza stampa, restano una leggenda. Chissà invece che fine hanno fatto le chiavi di Fonopoli donate ai sindaci, una grande effe a forma di nota in argento, e il mattone con il bollino Fonopoli, la prima pietra dell'utopia con cui Zero si fece immortalare raggiante (ce ne fu una seconda, e mai una terza).

FONOPOLI È UNO SPAZIO.

Già ai tempi di Carraro sindaco (1989-1993) “Renato pensava Fonopoli alla Garbatella e Testaccio - ricorda Incenzo - nel cuore di una Roma per certi versi incontaminata". Nel 1995 prese in affitto 15 ettari di proprietà del conservatorio di Santa Caterina della Rosa, zona Divino Amore appena fuori il Gra. Lontano? A Zero non interessava: "è nella periferia la vera dimensione della vita" e ancora "dentro Roma è sempre il compleanno di qualcuno, fuori dal Raccordo mai". Il sindaco Rutelli (interlocutore fino al 2001) annuncia l'inizio dei cantieri entro primavera 1996. Preventivo 4 miliardi e mezzo, "aò nun ce compri manco un attico ai Parioli” (Zero). Ma nel 1996 il Rettore del Santuario si oppone, inflessibile. Zero e il Comune rinunciano. In piazza a capodanno Rutelli rilancia: il 1997 sarà l’anno giusto. Il Comune individua nuove aree a La Rustica e Lunghezza, ipotesi cadute in fretta. Luce verde invece su tre ettari alla Magliana vicino al centro direzionale Alitalia (dismesso dal 2009).

Nel 1998 Zero si sente tradito perchè il Comune punta sulla “città del rock” nell’area dell’Università Tor Vergata (ridotta poi ai soli maxi eventi del Giubileo). Altrove, nel centralissimo Flaminio, è già in cantiere l’Auditorium di Renzo Piano (concorso del 1993, a regime dal 2003), che però ha capienze e sale solo per alcuni tipi di concerti. I 4mila posti di Fonopoli non erano un capriccio: a Roma mancano le strutture medie da 4/5mila posti e quelle da 1000/1200 posti (oggi standard per molti artisti), i big come stadio Olimpico e Palaeur resistono (cassati nel tempo l'aeroporto dell’Urbe e il Flaminio) ma sono spazi riadattati e dispersivi, con costi alti di affitto e logistica. Eurovision vola a Torino perché Palaeur e Fiera di Roma non rispettano i requisiti strutturali richiesti. Le arene per la musica da 25 mila posti a Roma non esistono.

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A gennaio 1999 Zero presenta il progetto definitivo, Rutelli fa un appello ai privati: “Servono 40 miliardi per costruire Fonopoli”. Hype a mille: Zero posa la prima pietra alla Magliana in diretta TV dalla Carrà, poi vola a Strasburgo da Monica Baldi, europarlamentare in quota FI, Fonopoli è addirittura il progetto capofila delle “Fonopoli d'Europa”. Solo nel 2002 si arriva a un accordo con il costruttore Caltagirone. L’obiettivo è aprire entro il 2005, costo 15 milioni di euro. “Caltagirone gestirà l'area commerciale, la metà dei tre ettari accordati a Fonopoli ad un prezzo di favore dal Comune” (Zero). Il perché dell’attesa lo spiegò la sorella Maria Pia Fiacchini: “Dal 2000 abbiamo avuto 28 proposte, tutte bocciate da Renato. Ogni imprenditore voleva uno spazio enorme per le attività commerciali” (La Stampa).

Sembra la canzone Morire qui: "Ho un’anima con me, conosco quanto vale, e non la venderò se non è proprio un affare”. Nel 2004 Renato spara a zero sul silenzio della burocrazia: “non so più nulla”. È la paura di finire soggetto smarrito come un suo Lp. Da “rinato” ad “avvelenato” Zero, il cantante minaccia persino di andare a vivere in esilio a Firenze. Ma il Comune smentì l’inattività e oggi l’ex assessore Minelli ricorda: “Non essendo Fonopoli in grado di recuperare le risorse necessarie, i successivi provvedimenti cercarono di facilitare l’ingresso di finanziatori privati ampliando l’area commerciale connessa alla struttura. Anche dopo l’aumento della cubatura commerciale non fu agevole trovare imprenditori disponibili all’investimento. Anche il rapporto con l’Acqua Marcia di Caltagirone alla fine non andò in porto”.

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A ottobre 2005 buone notizie per la Magliana: Veltroni (sindaco 2001-2008) raccoglie la frustrazione di Renato che intorno a Fonopoli teme da sempre il "mammozzone commerciale insostenibile" . Il Comune diventa proprietario di Fonopoli, la gestione resta a Zero. Il costo di 15 mln è coperto dal Comune ma in due tappe vincolate: prima l’auditorium, poi si vedrà. Zero esulta in conferenza: “Lo dedico ai borgatari e ai coattoni della mia Montagnola, agli Spaghetto, agli Spartaco che non saranno piú soli”.

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Corriere della Sera

Nel 2007 ancora nessun cantiere ma il Comune rilancia sul 2010. Nel 2008 Veltroni lascia il Campidoglio per guidare il PD alle politiche. Zero tenta l’endorsement per Rutelli neo candidato sindaco, ma vince Alemanno: “La fine della legislatura e la sconfitta elettorale non consentirono l’attuazione di Fonopoli” sintetizza Minelli. Quel giorno alla Magliana con la posa della nuova prima pietra “sembrava fatta, dopo mille domande e mille preventivi, era la giornata definitiva - confessa Incenzo - poi la delusione fu fortissima. Aveva già scelto i coach delle varie discipline, Carrà, Fracci, Proietti”. A fine 2008 con la città legata al decreto Salva Roma e il sindaco Alemanno nominato commissario straordinario per “un piano di rientro dall’indebitamento pregresso”, i pesanti tagli di bilancio stralciano i sogni di gloria di Fonopoli. Aveva ragione Labranca: “Serve la tenacia della gomma piú che quella del ferro per continuare a credere in se stessi” (Da Zero a Zero, Castelvecchi)

IL BUIO OLTRE FONOPOLI

Come una scintilla nel buio nel 2010 Zero e Valle presentano al Comune un piano di fattibilità di Fonopoli realizzato da Ernst & Young su richiesta di Alemanno. Sul palco del tour “Sei Zero”, alla festa dei 60 anni di Zero, Alemanno (e la presidente della Regione Polverini) annuncia che “tra Tor Vergata e la Romanina, nel cuore della periferia di Roma, alle Officine Marconi, questa volta per davvero sorgerà Fonopoli” e per celebrare la notizia cede la fascia di sindaco a Zero. L’anno dopo Fonopoli è inserito dentro "Millennium", il Piano strategico di sviluppo della città. Poi di nuovo il nulla. A Renato Zero non resta che autocelebrare la sua ascesa al trono di Roma con una maxi mostra alla Pelanda (2014): via il glam, la follia e la disco, spazio agli osanna, alle sovrastrutture, alla costruzione del culto ma senza Fonopoli. Nel 2019 confessa in tv, “Fonopoli è stato il mio buco nero”.

Al Corriere racconta di aver proposto alla Raggi di "utilizzare gli spazi in disarmo come le caserme". Anche Valle confessa: “la Sindaca mi ha telefonato per un terreno, ma era un lotto adatto per un casetta non per Fonopoli”. A fine 2020 altri segnali di resilienza: “Quattro legislature e tre sindaci hanno mancato di dare certezze ai giovani, ma io non posso abbandonare l’utopia".

italian singer songwriter renato zero performing, rome, italy, circa 1989 photo by luciano vitigetty imagespinterest
Luciano Viti//Getty Images

Solo Vittorio Sgarbi ha sollevato il tema Fonopoli nell’ultima campagna elettorale: "Ho parlato con Zero. È molto convinto, altri che si occupano di musica dicono che è una questione complicata. I soldi sono l'ultimo dei problemi. Sicuramente Fonopoli va fatta a Roma, in borgata, ma la domanda è: lo vuole fare veramente o è solo un'utopia che preferisce non fare?". Anche per Fonopoli vale il detto che il mito è nemico della storia? “I sogni non dormono mai, la politica vegeta e Fonopoli vive! - ha urlato Zero di recente, postando su instagram il plastico coccodrillesco.

Anche l'archistar Zero è finito immolato come tutti quegli architetti che hanno il sogno del progetto per cambiare Roma e sono disposti ad aspettare una vita, ma poi non se ne fa niente.

Sono andato nei luoghi del sogno e della prima pietra. Al Divino Amore si appendono sempre gli ex voto per grazia ricevuta. Nulla è mai decollato sulla collina della Muratella nonostante le vie dedicate a cosmonauti e assi dell’aviazione. Dietro le Officine Marconi alla Romanina si staglia la Vela di Calatrava, memento cubi di Roma. Gli unici grandi coccodrilli visibili a Roma sono ancora i due del Nilo al rettilario del Bioparco.