Senso di solitudine: come gestire e vincere la solitudine

Solitudine Insostenibile leggerezza del vuoto

"La solitudine è ascoltare il rumore del vento e non poterlo raccontare a nessuno”


Un vuoto da riempire con cose, persone, luoghi comuni e conosciuti, una sorta di rete di protezione che apparentemente non ti fa sentire da sola ma che, in realtà, allontana da rapporti importanti e significativi, svuotandoli d’intimità.

Per sfuggire a se stessi, ci si rifugia in relazioni insoddisfacenti evitando  d’incontrarsi.

La solitudine prescinde dal rumore o dal silenzio, è uno stato che accompagna l’essere umano e può essere vissuto in molti modi.

Spesso lo si vive con paura, e, per non sentirsi “soli”, ci si nasconde dietro gli altri creando una rete esterna ma non interna, lasciandoci profondamente da soli. Abbandonare gli schemi ci fa sentire squilibrati, soli e quindi tendiamo ad occupare spazi per non perdere niente, evitando uno squilibrio ma perdendo di vista l’obiettivo e la direzione. La paura della follia crea atteggiamento folli che ci allontanano dalla nostra essenza creando dipendenze. “Allora vuol dire che l’individuo ha deciso di essere sempre meno protagonista e sempre più spettatore della proprio esistenza” (A. Lo Iacono).

In realtà non si può avere paura di qualcosa che non esiste, di un vuoto, e sarebbe importante individuare i nodi, ovvero le situazioni in cui ci siamo incastrati, per essere consapevoli del tono della nostra solitudine se, e fino a che punto, è disabitata o troppo affollata.

Le troppe parole, generando rumore, riempiono e proteggono ma è nel silenzio che si crea l’intervallo giusto per sentire e riflettere in una comunicazione non verbale autentica.

Questi atteggiamenti ossessivi, attuati per riempire un vuoto che non si conosce, svuotano ulteriormente, aumentando le difese e indurendo le armature caratteriali che ci isolano dalla realtà.

Il grande paradosso è che ci difendiamo da qualcosa che non conosciamo, dalla paura della paura di vivere e sentire che crea auto-emarginazione.
‘Cadere nell’abisso della propria solitudine è la fine e l’inizio di ogni cambiamento radicale……’ ( A. Lo Iacono).

 

Il rumore del silenzio

La solitudine non è necessariamente stare da soli, ma è uno stato che riflette la vita emotiva e che struttura il carattere partendo dalle cure genitoriali. Le fobie legate alle relazioni aumentano, si combatte tra un voler stare da soli e il bisogno degli altri, la paura di stare da soli e il bisogno di una base, apparentemente, sicura, questo equilibrio squilibrato ci rende folli allontanandoci dalla libertà che tanto bramiamo. La libertà diventa un qualcosa di irraggiungibile, se non riusciamo a dedicare tempo all’intervallo, a noi stessi, solo così si possono costruire dei sani rapporti liberi, senza incastri emotivi.

Questa piccola grande rivoluzione parte da noi stessi, dal nostro corpo troppo a lungo corazzato e difeso. Abbassiamo questo scudo e cerchiamo di contattarci concedendoci di vedere e sentire in modo diverso, nuovo. Liberare il corpo, rallentare il ritmo, respirare in modo profondo e muoversi seguendo i veri bisogni. Un movimento dettato, non dalla caoticità e dal fare ossessivo per riempire, ma da un senso di libertà, dove il tempo non è più tempo e dove i rapporti diventano silenziosamente pieni e il nostro vuoto più leggero. Non si può avere paura di qualcosa che non conosciamo…

“Degli uomini”, disse il Piccolo Principe, “coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano” “E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua”… “Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore “
(Saint-Exupéry, 1943, pag. 108).
 

Solitudine come risorsa

La solitudine ci accompagna ineliminabilmente per tutta la vita e, se vissuta profondamente, può diventare la strada maestra che conduce all’interiorità e all’autonomia.
La creatività come modo per esprimere un mondo interiore diventa l’espressione che ci dà la possibilità di incontrare e sviluppare le nostre attitudini permettendoci di portare all’esterno una parte di noi.

Costruire un momento di solitudine e di silenzio aiuta la persona a ritrovare se stesso nel mare della vita. L’anelito di questo momento permette di dare significato alla vita, alle emozioni quotidiane. Il saper star soli, rappresenta una preziosa risorsa.

In ogni fase della vita ogni cambiamento può farci sentire soli, il distacco dalla mamma nel primo anno di vita, le grandi trasformazioni fisiche ed emotive nell’adolescenza, accompagnate da una scarsa autostima, le vicissitudini di vita che accompagnano fino alla vecchiaia, dove, spesso, la solitudine diventa un passaggio inevitabile, fasi di vita che sottolineano la consapevolezza delle possibili assenze.

In una società precaria, dove il consumismo ne è un fattore costituente, si vive di cose veloci e facilmente intercambiabili, dove profonde crisi politiche, economiche e morali deprivano i valori di essenza, l’uomo si sente sempre più solo e impotente in una vertigine di situazioni che ruotano troppo velocemente. Viviamo in una società adolescenziale e borderline che ci trascina in uno stato regressivo e ci fa rivivere traumi infantili mettendoci costantemente alla prova.

Il non sapere chi si è, cosa si vuole e l’incertezza del futuro conduce alla paura di vivere “la gabbia della solitudine esistenziale”.


PERCORSO TERAPEUTICO: Cambiamento, creatività e libertà

“C’è bisogno di una piccola rivoluzione per cambiare, per vedere quello che prima era coperto. Guardare in modo nuovo, camminare in una maniera diversa, ascoltare differentemente, sentire cose nuove.” ( Antonio Lo Iacono)

Dalla solitudine non si può uscire, ma si può assegnarle un significato, le si può dare un colore e un tono, la si può abitare e scoprire uno spazio nostro dove entrare in contatto con noi stessi, darci valore, ascoltare in silenzio la voce del nostro corpo e darle importanza perché è la voce del cuore.

Ci si può sentire soli anche in mezzo ad un milione di persone, nel rumore che diventa silenzioso o nel silenzio che diventa rumoroso, assordante e insopportabile.
Ma proprio il silenzio, quello riflessivo dà senso alle parole e le riempie. Si teme il silenzio perché è indefinito e incontrollabile, tutto ciò che non si conosce spaventa.

Nella situazione terapeutica, spesso, il silenzio del terapeuta rappresenta un ascolto attivo, empatico, che dona al paziente tutto il tempo per esporre e arricchire i propri racconti o, semplicemente, per pensare in un tempo e in uno spazio suo in grado di attenderlo.

Una comunicazione non verbale è emotivamente più coinvolgente. Uno spazio che prepara la parola, che ascolta, che accoglie senza pregiudizi, secondo un ritmo più profondo e una forma di comunicazione e ascolto interiore.

Un intervallo che fa parte della comunicazione, ne dosa il ritmo e il movimento.

La terapia diventa così uno spazio nuovo, incontaminato, dove provare a contattarsi, a sentire il proprio respiro e le sensazioni sottostanti, dove poter incontrare lo sguardo accogliente di qualcuno pronto ad ascoltare empaticamente e senza fretta i nostri reali bisogni e desideri. Un incontro reale, pulito e sincero dove non bisogna dire o fare per pressione esterna ma solo per risonanza emotiva.

Nella frenetica quotidianità manca la capacità di ascoltarsi e ascoltare l’altro. Se non vi sono, infatti, momenti di pausa o di riflessione diviene difficile ascoltare e elaborare quanto percepito. Praticare il silenzio interiore permette di contattare la nostra intimità, far crescere la consapevolezza di ciò che pensiamo, sentiamo e desideriamo.  
Contattare noi stessi ci permette di sintonizzarci con gli altri.

 

Cosa possiamo fare per combattere la solitudine?

Un vuoto, un bisogno di essere riconosciuti, la paura di essere abbandonati e di sentirsi soli, l’incertezza del futuro e l’inconsistenza del presente, sono prerogative di rapporti inconsistenti, d’incastri patologici e di una forte resistenza alla separazione.

Attraverso un percorso terapeutico si cerca di ricentrare la persona e rinforzarla in modo da farle vivere il presente, aumentando la voglia di vivere e restituendo rapporti interpersonali gratificanti. Non trovare tempo per la propria solitudine significa non trovare tempo per se stessi.  Allentare le resistenze e abbandonarsi alla propria solitudine significa avviare un processo di cambiamento tanto più doloroso quanti sono i nostri conflitti interiori.

Superare la solitudine come senso di vuoto significa non avere paura di confrontarsi con l’altro, aprirsi allo scambio, arricchirsi, non nascondersi dietro gli altri creando un esercito di uomini timorosi e, fondamentalmente, soli. Avviare un cambiamento di vita significa iniziare a muoversi diversamente, spostando una pedina il gioco cambia.   
Nel dolore del cambiamento si apre lo spiraglio del pensiero, del rinnovamento, della ridefinizione degli obiettivi e delle possibili strade da prendere. Ogni cosa ha bisogno di tempo e condizioni favorevoli per maturare.

Non esiste creatività artistica senza concentrazione e isolamento, un viaggio dentro di sé alla scoperta di sentimenti da esternare attraverso l’arte.

“Senza una grande solitudine nessun serio lavoro è possibile”( Pablo Picasso)

L’arte è la voce della nostra solitudine dove pensiero ed emozioni s’incontrano senza filtri e condizionamenti sociali. La solitudine deve essere vista come opportunità per crescere, una connessione interiore per decidere autonomamente la strada da prendere e scegliere le persone che ci fanno stare realmente bene.  
Una strada capace di migliorare la capacità cognitiva e aumentare l’armonia emotiva. La capacità di sconnettersi da tutto e tutti rende le persone libere e creative. Una pausa dal mondo come momento di raccoglimento con i propri pensieri.

Solitudine, cambiamento, creatività e libertà sono obiettivi lontani in un mondo che ci rema contro, che ci abbindola, che ci illude, falsi miti e credenze ci portano spesso fuori strada, ma se restringiamo il campo, riuscendo a liberarci dai tanti condizionamenti riusciremmo a vivere.

Per cambiare è necessario rieducare le persone alla solitudine come strumento che permette di realizzare un vero incontro con il proprio sé, far germogliare le emozioni e ridare valore al silenzio come atto preparatorio al comunicare con gli altri. Una solitudine feconda, che non sia isolamento, e che non può prescindere dalla relazione con l’altro.

La mente deve saper trovare la strada che conduce alla felicità, liberando il corpo martoriato dalla paura e restituendo movimento, piacere e vitalità.

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