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Analisi e commenti

Tassabile plusvalenza da esproprio
di un terreno edificabile vincolato

In assenza di accordo negoziale volontario tra le parti in regime di libero mercato, è determinante verificare la presenza di un obbligo di destinazione o l’impossibilità di costruirvi

Il corrispettivo, per la cessione di un terreno edificabile sottoposto a vincolo di destinazione, che viene percepito nell’ambito di una procedura espropriativa o in un’altra assimilata, configura una plusvalenza da dichiarare come redditi diversi soggetti a tassazione separata, ai sensi dell’articolo 67 e 68 (ex 81 e 82) del Dpr 917/1986.
La fattispecie trova la sua fonte normativa nell’articolo 11, lettera b), legge 413/1991, che ricomprende – nei redditi diversi – le plusvalenze realizzate, non in virtù di un’attività produttiva del proprietario o del possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni.

A tal proposito giova precisare che, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del Dl 223/2006, “un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dell’adozione di strumenti attuativi del medesimo” (cfr Cassazione, 25506/2006).
Ebbene, quando la cessione del diritto di proprietà sul suolo edificatorio avviene nell’ambito di un procedimento espropriativo, ai sensi dell’articolo 11, commi da 5 a 9, legge 413/1991, è disposta la pacifica tassazione delle somme percepite, a titolo di indennità di esproprio o di cessione volontaria nel corso del procedimento espropriativo, nonché a seguito di occupazione acquisitiva, purché si tratti di area compresa nelle zone omogenee di tipo A, B, C, e D, di cui al Dm 2 aprile 1968.

La circolare 194/1998 chiarisce, inoltre, che, per quanto riguarda i procedimenti di natura analoga all’esproprio soggetti a imposizione, si ritiene che il richiamo alla “acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime” si riferisca sia alle occupazioni avvenute sulla base di un titolo divenuto in seguito illegittimo sia a quelle effettuate senza alcun titolo giuridico e per le quali si è verificata l’accessione invertita.
Pertanto, le somme percepite, a titolo di indennità di occupazione con i relativi interessi, sono assoggettate a tassazione, a condizione che siano state corrisposte relativamente ad aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture urbane all’interno di zone omogenee di tipo A, B, C e D, di cui al Dm 2 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici e di interventi di edilizia residenziale pubblica, economica e popolare, di cui alla legge 167/1962.
 
Nonostante l’apparente tassatività dell’elencazione, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge 413/1991, che tra l’altro non fa alcuna distinzione tra terreni agricoli e quelli suscettibili di un uso diverso da quello agricolo, vi sono altre zone omogenee, di cui all’articolo 2 del Dm 1444/1968, come la zona F, relativa ad attrezzature e impianti di interesse generale, che occorre prendere in considerazione.
Ebbene, la loro non assoggettabilità a imposizione nel contesto di una procedura espropriativa o di un’altra assimilata dipende dall’ulteriore requisito del vincolo di inedificabilità assoluta del terreno, così come precisato dalla giurisprudenza di legittimità.

Sul punto, sebbene la Corte suprema, con sentenza 652/2012, abbia sancito che “in tema di imposte sui redditi, l’art. 11, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sottopone a tassazione le plusvalenze conseguenti alla percezione di indennità di esproprio in relazione alla mera collocazione dei suoli nelle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al D.M. 2 aprile 1968, senza operare alcuna distinzione tra aree aventi vocazione edificatoria e terreni agricoli” ha anche precisato che “ai fini dell’assoggettamento ad imposizione, è irrilevante che l’area espropriata si trovi, secondo le previsioni del locale piano regolatore, all’interno di zone altrimenti definite poiché ciò che rileva è la destinazione effettiva del bene.

Secondo la ratio decidenti dei giudici di legittimità, l’inclusione di un’area in una zona vincolata destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, quali parcheggi, strade e verde pubblico attrezzato, incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, in base alla maggiore o minore potenzialità edificatorie, ma ciò non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venir meno l’originaria natura edificabile.

Pertanto, la cessione di tali aree a titolo oneroso è idonea a determinare l’insorgenza di una plusvalenza imponibile ai fini Irpef, a norma dell’articolo 67, comma 1, lettera b), Dpr 917/1986, dovendosi considerare che non sussiste alcun elemento interpretativo dal quale desumere che l’espressione “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria”, contenuta nella norma citata, possa tradursi nella più restrittiva accezione di “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria residenziale” (cfr Cassazione, 14503/2016).Tale assunto è stato da ultimo ribadito dalla Corte suprema, con la sentenza 9077/2017, proprio con riferimento a un terreno edificabile sottoposto a vincolo conformativo ricadente in zona omogenea F.
 
Secondo i giudici di legittimità, ai fini dell’assoggettamento a imposizione, si deve avere riguardo alla destinazione effettiva dell’area, in quanto la potenzialità edificatoria, desumibile oltre che da strumenti urbanistici adottati o in via di adozione, anche da altri elementi, certi e obiettivi, che attestino una concreta attitudine dell’area all’edificazione, è un elemento oggettivo idoneo a influenzare il valore dei terreni e rappresenta, pertanto, un indice di capacità contributiva, ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione (cfr Cassazione, 20950/2015 e 652/2012).
Dunque, in assenza di un accordo negoziale volontario posto in essere tra le parti in regime di libero mercato, risulta determinante, ai fini della tassazione, verificare, oltre alla destinazione urbanistica del bene oggetto del trasferimento, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, anche l’eventuale presenza di un vincolo di destinazione o quello di inedificabilità assoluta.
 
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