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Giurisprudenza

Analitico o induttivo pari sono
se l'accertamento ha i suoi motivi

L'eventuale errore qualificatorio dell'ufficio non rileva come violazione di legge, l'importante è la sostanza, cioè la presenza di elementi che determinano un maggiore imponibile

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In tema di accertamento del reddito d'impresa, è legittima la rettifica operata con metodo analitico ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del Dpr 600/1973, anche in presenza di gravi irregolarità contabili, che avrebbero consentito il ricorso al metodo induttivo: la scelta tra un tipo o l'altro di accertamento (e anche la sua modifica di prospettazione in corso di giudizio) non è, invero, significativa ove non mutino i presupposti di fatto su cui poggiano le due valutazioni.
Questo, in sintesi, il principio ribadito dalla Corte di cassazione nella sentenza 2473 del 31 gennaio 2017.

La vicenda processuale
La vertenza nasce a seguito dell'impugnazione dell'avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate, all'esito di un'indagine fiscale su questionario inviato a una società esercente attività di coltivazione, raccolta, trasformazione, confezionamento e vendita di prodotti agricoli, rettificava il reddito d'impresa in ragione delle irregolarità formali e sostanziali riscontrate, disconoscendo altresì la deducibilità di costi non documentati e non inerenti.

La società ricorrente eccepiva la nullità dell'atto impositivo per carenza di motivazione, violazione del principio del contraddittorio e, comunque, infondatezza della pretesa fiscale. L'adita Ctp di Bari accoglieva le doglianze di parte con sentenza che, tuttavia, veniva integralmente riformata a seguito dell'appello proposto dall'ufficio.

Avverso la pronuncia dei giudici del gravame la parte promuoveva ricorso in Cassazione, affidato a otto motivi.
Resisteva l'Agenzia con controricorso.

La pronuncia della suprema Corte
Nei propri motivi di ricorso la parte lamentava, tra l'altro, la violazione dell'articolo 42 del Dpr 600/1973, per non avere la Ctr ritenuto l'avviso di accertamento viziato da carenza di motivazione, atteso che l'ufficio, pur avendo riscontrato irregolarità nelle scritture contabili, aveva operato immotivatamente un accertamento analitico ex articolo 39, comma 1, dello stesso Dpr 600/73.

Tale argomentazione viene disattesa dai giudici di legittimità, che si conformano sul punto al proprio consolidato orientamento, secondo il quale il discrimine tra l'accertamento condotto con metodo analitico extracontabile e quello condotto con metodo induttivo "puro" deve essere rinvenuto, rispettivamente, nella parziale ovvero assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.
Nel primo caso, la "incompletezza, falsità o inesattezza" degli elementi indicati non consente di prescindere dalle scritture contabili, essendo l'ufficio accertatore legittimato a "completare" le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero della inesistenza di componenti negativi dichiarati, anche presunzioni semplici, che rispondano ai requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'articolo 2729 del codice civile.
Nel secondo caso, invece, le "omissioni o le false e inesatte indicazioni" ovvero "le irregolarità formali delle scritture contabili" risultano talmente gravi, numerose e ripetute da inficiare l'attendibilità - e, dunque, l'utilizzabilità ai fini dell'accertamento - anche degli altri dati contabili, apparentemente regolari, con la conseguenza che, in tale ipotesi, l'Amministrazione finanziaria è legittimata a determinare l'imponibile in base a elementi meramente indiziari, anche se privi dei predetti requisiti richiesti per assurgere a prova presuntiva (vedi Cassazione, 20914/2014).

La Corte precisa, quindi, che l'eventuale errore qualificatorio sul tipo di accertamento non rileva ex se come violazione di legge, potendo, eventualmente, refluire in un errore sull'attività processuale (ex articolo 360, comma 1, n. 4, cpc) o in un errore sulla selezione e valutazione del materiale probatorio (ex articolo 360, comma 1, n. 5, cpc) "fermo restando che la scelta di un tipo o l'altro di accertamento" - così come la sua modifica di prospettazione in corso di giudizio - "non è significativa ove non mutino i presupposti di fatto su cui poggiano le due valutazioni e purché" - come nella specie risulta dall'atto impositivo - "siano stati messi in campo fin dall'accertamento originario gli elementi presuntivi attraverso cui sia possibile individuare induttivamente un reddito imponibile diverso rispetto a quello dichiarato" (Cassazione, 24278/2014 e 19477/2016).

I giudici di legittimità confermano, dunque, con la pronuncia in commento, il principio - già affermato nella sentenza 17587/2003 e più volte ribadito - per cui "in tema di accertamento dei redditi, allorquando ricorrano i presupposti sia dell'accertamento analitico, sia dell'accertamento induttivo, l'Amministrazione finanziaria può legittimamente utilizzare sia l'uno che l'altro metodo".
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