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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 22-11-2019

Buono per il cuore, buono per la mente



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Perché curare la salute cardiovascolare aiuta a contrastare il declino cognitivo? Il legame fra mente e cuore passa dallo stile di vita più che dai geni. Le risposte di uno studio su 7.000 gemelli

Buono per il cuore, buono per la mente

Da sempre sono stati definiti distanti o in contrasto, mente e cuore. L’affermazione più elevata e nota si trova nei Pensieri di Pascal: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce». Ora dalla lontana Atlanta (Stati Uniti) arriva un comunicato scientifico: quel che fa bene al cuore fa bene alla mente. La novità, uscita dalla Emory University, non è tuttavia questa. Il beneficio di una buona salute del sistema cardiovascolare che si riverbera come buona salute del cervello, delle sue attività cognitive, era già emerso in precedenti studi. Quello che non si sapeva era se questo “legame” dipendesse dai geni o da fattori ambientali. Distinzione importantissima perché se si tratta di “ordini” genetici non si può modificarli mentre se il rapporto benefico tra cuore e cervello dipende da influssi dell’ambiente, su questi si può intervenire, per esempio cambiando stile di vita. Uno stile di vita più sano migliora lo stato del sistema cardiovascolare e con questo contrasta il declino cognitivo.

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GEMELLI: DAL VIETNAM AL LABORATORIO

Per dirimere il dubbio gli studiosi della Emory University hanno avviato una ricerca sui gemelli, indagini sempre affascinanti e fondamentali quando si deve distinguere tra natura e cultura (nature vs. nurture dicono in inglese). E per trovare le 272 coppie di gemelli esaminati hanno attinto al “Vietnam Era Twin Registry”, che contiene i dati di oltre settemila gemelli tra quanti hanno combattuto in Vietnam. Tutti maschi, dunque, i soggetti dello studio, che è stato pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease. I gemelli monozigoti sono identici, condividendo al 100 per cento lo stesso patrimonio genetico. Quelli eterozigoti sono “soltanto” fratelli, dunque hanno il 50 per cento di geni uguali. «Il nostro studio – racconta la professoressa Viola Vaccarino della Emory – condotto su tutte quante le coppie indagate ha confermato che una migliore salute cardiovascolare è associata con una migliore salute cognitiva. E questa constatazione è risultata vera sia tra i monozigoti che tra gli eterozigoti. Cosa c’è allora, alla base, in comune per generare risultati identici? Logico pensare ai fattori familiari condivisi, alle abitudini prese, ai vissuti in casa».

 

I 7 FATTORI DI RISCHIO (MODIFICABILI) PER IL CUORE

L’esclusione dei geni come causa del particolare legame tra cuore e testa deriva dal fatto che tra i monozigoti si avrebbero dati identici, ma non tra gli eterozigoti che hanno un 50 per cento di “libertà” che può modellarsi su quello che ciascuno di loro due fa, subisce, sperimenta. Se i risultati sono stati pari tra i due tipi di gemelli, allora l’alleanza cuore-testa è stata plasmata dall’atmosfera della famiglia nella loro prima infanzia, le condizioni socio-economiche, l’educazione, i rapporti con i genitori. Fattori che possono essere definiti, spiegano gli autori, "precursori" tanto della salute cardiovascolare quanto di quella cognitiva. E qui vengono citati i sette fattori di rischio per la salute cardiovascolare che l’Associazione americana del Cuore enumera: glicemia, colesterolo, pressione del sangue, indice di massa corporea, attività fisica, dieta, fumo. E queste “cause” che condizionano cuore e arterie sono modificabili (perché non determinate dai geni), perciò migliorando i valori dei sette fattori di rischio ci si può proteggere meglio dal declino cognitivo.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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