A Calavino le campane tornano a suonare melodie 

La cerimonia. Domani la benedizione del nuovo concerto campanario della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. L’estate scorsa uno dei battacchi si era staccato cadendo nel piazzale


Mariano Bosetti


Calavino. Domani pomeriggio alle 16 verrà inaugurato e benedetto il concerto campanario della chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta di Calavino, centro di pieve ab immemorabili a partire dall’VIII° secolo. Date comunque le misure di contenimento per l’emergenza anti-coronavirus non sarà possibile presenziare alla cerimonia; l’avvenimento potrà essere seguito idealmente da casa in quanto sarà suonato il concerto campanario; inoltre la cerimonia sarà comunque disponibile sul canale You Tube delle parrocchie della valle di Cavedine.

L’intervento di verifica e sistemazione delle campane si era reso necessario dopo che, l’estate scorsa, il battacchio della campana grande si era staccato cadendo nel sottostante piazzale per fortuna senza procurare danni a persone o cose. In seguito ai sopralluoghi dei tecnici incaricati sono stati individuati i lavori necessari per mettere in sicurezza l’intero concerto campanario. Si è proceduto quindi alla sostituzione dei cinque battacchi, ormai usurati dal tempo, all’accordatura di due campane ed alla sostituzione dei piedi (vibrostop) del castello campanario.

In aggiunta ad ogni campana è stato posto un martello per eseguire le melodie, riattivando così il tipico campanò. Il costo dei lavori si aggira attorno ai 15.000 euro, per la copertura del quale, oltre al contributo della Cassa rurale Alto Garda (2.500 euro), ci si affida alla generosità della comunità parrocchiale.

Fin dai tempi delle antiche comunità rurali, che si gestivano attraverso le carte di regola, la torre campanaria svolgeva anche un’importante funzione civile, tant’è vero che il compito di suonare le campane in certe circostanze era affidato addirittura ai saltari (ossia alle guardie comunali dei boschi e della campagna), che scandivano le sequenze della giornata come l’Ave Maria mattutina, l’ Angelus a mezzogiorno e l’ Ave Maria serale, i vespri al sabato ed anche “il transito di Cristo” al venerdì. Al di là di questa intima connessione fra vita rurale e religiosità popolare, i rintocchi della campana segnavano l’inizio delle assemblee pubbliche in piazza (le regole) ed anche situazioni di pericolo a qualsiasi ora del giorno: l’arrivo del brutto tempo (grandine) e soprattutto gli incendi. Riguardo a questo tipo di calamità non fu immune nemmeno il campanile di Calavino, che alle 13 del 26 luglio 1905 andò a fuoco. A causa dell’alta temperatura e dell’immediato impiego d’acqua per lo spegnimento due delle cinque campane si spezzarono. Vennero rifuse dalla ditta Chiappani di Trento e benedette dall’allora parroco/decano don Bazzoli: sulla maggiore erano stati incisi i protettori delle parrocchie del decanato di Calavino (l’Assunta per Calavino, Baselga e Cavedine – S. Andrea per Terlago – s.Cuore per Sopramonte – S. Vigilio per Vezzano e i Santi Pietro e Paolo per Lasino); sull’ altra (“la quarta”): il Sacro Cuore, S. Luigi, S. Antonio e l’Addolorata.

Riguardo alle campane un ultimo richiamo alla storia ecclesiastica di Calavino: la supplica al principe vescovo (non c’è data) perché assentisse per poter fare una colletta nei vari paesi della parrocchia per l’acquisto di una nuova campana più grande dal momento che le due esistenti, fra il resto molto simili di nota, si potevano sentire solo nel paese di Calavino, ma non negli altri paesi (da Lasino a Covelo) che facevano parte della pieve di Calavino. Evidentemente al vescovo non solo approvò tale richiesta, ma addirittura la ritenne “necessaria”.

La torre campanaria, che domina l’intero abitato, divenne protagonista non solo per l’ esposizione di vessilli in occasione di manifestazioni religiose (come i congressi decanali), ma nell’aprile del 1848 allorché i “Corpi Franchi” (i rivoluzionari provenienti dalla Lombardia per liberare il Trentino dopo le 5 giornate di Milano)vollero issare col sostegno del capocomune Rizzi (di idee filo italiane)in cima alla torre, nonostante la contrarietà dell’allora parroco don Jobstraibizer che temeva ritorsioni da parte degli austriaci, il tricolore.













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