Terragnolo, storia della valle contesa

In un saggio di Antonio Zandonati, i “passaggi di mano” di questa zona di confine



TERRAGNOLO. Allo scoppio della Grande Guerra, nel 1914, la valle di Terragnolo, come tutto il Trentino, faceva parte della monarchia asburgica ma l’anno dopo, con l’entrata nel conflitto del Regno, venne occupata dagli italiani tra la fine di maggio e il dicembre del 1915. Bastarono pochi giorni, grazie alla Strafexpedition austriaca che avrebbe dovuto dilagare nella pianura veneta prendendo l’esercito Regio alle spalle, perché quel territorio passasse nuovamente sotto il controllo austro-ungarico. La fine delle ostilità segnerà il passaggio definitivo all’Italia. Destino di una zona di confine, la storia di questi continui passaggi di mano è raccontata da Antonio Zandonati, prof in pensione, studioso della Prima guerra mondiale (già autore di uno studio sul sistema delle teleferiche austriache dall’Adige al Brenta) nel saggio “La valle contesa: Terragnolo 1915-1918” pubblicato dal Museo della guerra di Rovereto e da Osiride. Zandonati ricostruisce la storia della “valle contesa” non solo sulla base della documentazione ufficiale ma fa ampio uso di “carte” e diari dei protagonisti di allora, si tratti di soldati come di ufficiali sia italiani che austro-ungarici. In questo modo rendendo “vivo” il racconto, riferendone attraverso gli occhi di chi ha partecipato a quei momenti. Ma l’ampio excursus su un pezzetto di Trentino soggetto alla devastazione della guerra non si ferma qui. Perché la popolazione civile, quando l’Italia decise di entrare in guerra, dal 24 maggio 1915, e il Trentino si trovò sulla linea del fronte, venne evacuata in altri territori dell’impero, specialmente a Mitterndorf, in Stiria. L’autore si sofferma quindi sui terragnolesi costretti a vivere nei campi di internamento. Per passare poi ad altri aspetti. Quali, ad esempio, i lavori che gli austriaci realizzarono una volta riconquistato il territorio: teleferiche, strade, magazzini, cimiteri e altro ancora. “Di quegli anni – commenta Zandonati – sono rimaste interessanti testimonianze epigrafiche, come alcune iscrizioni nella pietra o nel cemento che ricordano reparti, avvenimenti, soldati caduti”. Ma anche, è da aggiungere, alcuni diari di soldati austro-ungarici che passarono mesi in valle. Lo studio ne riporta tre. Tra questi quello di Johann Nepomuk, barone Di Pauli, comandante del battaglione degli Standsch?tzen di Caldaro che presidiò per circa un anno la zona di Costa di Borcola. Dai suoi ricordi emergono non solo le difficili condizioni dei soldati ma anche i segni della prossima fine dell’impero. Conclude il saggio un album fotografico ricco di immagini finora inedite. (pa.pi.)













Scuola & Ricerca

In primo piano