Era da tanto tempo che non vedevo un film di supereroi così stupido e tronfio – e io mi vanto (beh, non troppo, a dire il vero) di essere tra quei tre o quattro al mondo a non aver bocciato del tutto Venom della Marvel –. Senza tanti preamboli la pellicola comincia subito con un effetto speciale davvero stupefacente: il parrucchino al nero di seppia del papà terrestre di Aquaman, così stimolante da risvegliare i sensi dell’atlantidea Nicole-mi mancano ancora otto rate della Jaguar-Kidman. Il resto della storia non ve la sto a raccontare, ma potreste trovarne facilmente un sunto nel menu del primo all you can eat giapponese che incontrate sulla vostra strada.

Vi ricordate di quella pacchianata anni Ottanta prodotta da Dino De Laurentiis chiamata Flash Gordon? Ecco, pensate a quel titolo con gli anabolizzati effetti digitali di oggi e avrete già un’idea dell’impianto visivo di questo ultimo lavoro diretto da James Wan, ma quella è la parte positiva, perché il peggio è ben altro: la colonna sonora e la sceneggiatura.
La colonna sonora
Se in Flash Gordon c’era la chitarra di Brian May con i Queen a sottolineare i momenti più o meno epici, qui c’è Rupert Gregson-Williams a combinare dei veri e propri disastri: inquadrano in primo piano il possente protagonista e parte una schitarrata elettrica come in un qualsiasi z-movie con Steven Seagal o Chuck Norris, poi le musiche saltano dall’elettronica all’orchestrale senza una benché minima logica apparente, infine perché farci mancare dei pezzi rockeggianti buttandoli lì a casaccio o in maniera del tutto didascalica, tipo quando i personaggi principali sorvolano il deserto del Sahara e attacca una brutta cover rap di Africa dei Toto? Brividi, ma di raccapriccio.

La sceneggiatura
Nel classico Aquaman e Squirtgirl si fanno Atlantide ho ascoltato dialoghi scritti meglio e molto più intelligenti. Dopo che i primi cinefumetti tratti dai supereroi della DC Comics sono stati accusati da critica e pubblico di essere troppo cupi e seriosi rispetto ai concorrenti della Marvel, ecco che gli sceneggiatori si improvvisano cabarettisti cercando di alleggerirne i toni, con il solo risultato di rendere il tutto più sciocco e posticcio; per un Wonder Woman in tal senso riuscito abbastanza discretamente, c’è sempre un Justice League che ti fa dire “Ma ho sentito bene? Lo ha detto veramente?” e questo non è tanto da meno, però non è neppure il difetto più grave: la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti (ah ah ah…) perché non c’è nulla che non sia tristemente prevedibile nelle quasi due ore e mezza di proiezione, un po’ come quando qualcuno ti racconta una barzelletta idiota e tu arrivi al finale prima che lui la termini. Insomma, un modo vecchio e stantio di scrivere, non certo degno di una grossa produzione (per dire: quelli della Marvel sanno bene che prima viene una buona sceneggiatura e solo successivamente gli effetti speciali e tutto il resto).
Alla fiera del trash non manca che elencare gli attori, qualcuno messo lì a casaccio solo perché ha accettato di farsi tingere i capelli: come non citare il plasticoso Dolph Lundgren (questo sarà il suo anno, visto che a breve lo vedremo anche in Creed 2 nel ruolo che lo rese famoso, ovvero Ivan Drago), o il platinato Patrick Wilson, o ancora un Willem Dafoe ripescato in mare da Le avventure acquatiche di Steve Zissou? Ma il più indiscutibilmente tamarro rimane lui, quel gran pezzo di tonno insuperabile di Jason Momoa dal perfetto physique du rôle per impersonare il figlio bastardo di Atlantide e motivo più che sufficiente per trascinare in sala delle mie amiche che, solitamente, schifano il genere supereroistico.
«Tuo padre aveva torto, non esistono mondi divisi, ma uno solo costituito dalla Terra, dal mare e dal Lago di Garda».
Voto: 2/5