La grande meretrice

“….. Mi sento ancora un picciriddu...” . Conclude così la sua breve autobiografia Vincenzo Ieracitano, autore de “La grande meretrice”, edito I BUONI CUGINI EDITORI. Infatti bisogna avere gli occhi e il cuore di un bambino per potere amare profondamente questa Palermo con tutte le sue contraddizzioni, piena di vizi e di virtù, “….biedda e fitusa, sdisonorata e arrusa…”. Un viaggio intenso, passionale che Ieracitano affida ad un uomo duro, apparentemente insensibile, che non conosce padroni, “ un cani i mannara “, ma capace di cogliere ogni dettaglio ( Vincenzo Geraci è un ex ispettore di polizia ), di decifrare ogni sua ambiguità e di coglierne gli aspetti più nascosti per smascherarli, ma forse anche per amarli. Palermo, Ieracitano la descrive, dannata, ma bella e affascinante. Abbandonata, caotica, ma intrinsecamente allo stesso tempo lenta; dove il tempo che passa sembra non essere passato mai e la gente che rimane lì, quasi immobile continua inesorabilmente ad amarla, vittima di un adagio oramai dannatamente ricorrente, in attesa che qualcosa cambi, ma che non cambierà mai.