Quelli di via Asti. Memorie di un detenuto nelle carceri fasciste nell'anno Millenovecentoquarantaquattro

 
Scritto in forma di memoriale nel 1946, quando ancora si contavano i lutti, il testo di Segre, antifascista piemontese, è rimasto nel cassetto per più di sessant’anni. Volto a fissare i ricordi della prigionia nella caserma di via Asti a Torino, sotto il comando della guardia nazionale repubblicana, il racconto restituisce sfumature inattese, ritratti caratteriali e situazioni paradossali. L’autore, al cui testo pochissime modifiche sono state necessarie per l’adattamento al linguaggio odierno, descrive un ambiente dove i partigiani dividono la camerata con fascisti accusati di reati comuni, dove giovani rastrellati conoscono per la prima volta la violenza indiscriminata. Segre, ebreo, venne arrestato nel settembre del 1944, con il sospetto di attività antifascista. Nel 1942 era già stato nel carcere giudiziario delle Nuove per “disfattismo”, e ora ne riconosce analogie e differenze, come la sovrapposizione di competenze in via Asti, che non pone distinzioni tra chi interroga, può liberare o condannare i detenuti e chi ne gestisce la custodia. Futuro giornalista e avvocato, Segre denuncia responsabilità, opportunismi e degenerazioni dei fascisti e riconosce il coraggio e le debolezze umane. Liberato grazie all’intervento dei familiari, tornerà partigiano di Gl. Non uguale fortuna avrà suo cugino Italo Momigliano, vittima della Shoah con i fratelli, incontrato durante l’ora d’aria e coinvolto in una conversazione sulla sorte degli ebrei. Un dialogo doloroso e serrato che si conclude con le commoventi parole di Italo: “Scemagn Israel... Ascolta Israele, l’Eterno nostro Dio”.
 
Donatella Sasso