LA SPECIALITà regionale

La carne ovina regina della cucina in tutto il territorio abruzzese

CIVITELLA DEL TRONTO. Che si tratti di agnello, pecora, castrato, capra o capretto, la carne ovina è abbondantemente e variamente consumata sulle tavole abruzzesi, utilizzata in una gran varietà di...

CIVITELLA DEL TRONTO. Che si tratti di agnello, pecora, castrato, capra o capretto, la carne ovina è abbondantemente e variamente consumata sulle tavole abruzzesi, utilizzata in una gran varietà di ricette discendenti dalle antiche tradizioni contadine e pastorali della regione. L'allevamento degli ovini, millenaria risorsa economica del territorio, è diffuso in tutto l'Abruzzo interno, e la cucina di montagna e di collina ne è un riflesso. Una cucina inscindibile da queste carni, ingrediente principale di una serie di primi e secondi piatti presenti, con leggere sfumature interpretative, in tutto il territorio abruzzese. Naturalmente l'agnello, ahilui animale sacrificale per antonomasia, è consumato soprattutto nel periodo pasquale, simboleggiando l'Agnus Dei, l'innocente ucciso sulla croce per purificare l'umanità dai suoi peccati. Sicché ogni anno a Pasqua è una strage di nuovi nati (al massimo 100 giorni di vita e un peso non oltre i 20 chili), di cui non si spreca nulla: coscio, costatelle, testa, interiora, cervello. Ma in genere la carne ovina viene consumata tutto l'anno, salvo nei mesi troppo caldi (con l'eccezione degli arrosticini, che trionfano nelle sagre). Nelle mazzarelle alla teramana, rituale cibo di Pasqua, viene utilizzata la coratella: fegato, cuore, polmoni, budellino, per formare con la foglia di lattuga (o indivia) i caratteristici fagottini. Nel pranzo pasquale, ma non solo, ricorrono anche la "coccetta", vale a dire la testina d'agnello al forno, coscio al forno, costatelle fritte, e spezzatino cace e ove. Quest'ultima ricetta viene spesso preparata nel resto della regione con il capretto, che ha carni meno grasse e meno saporite dell'agnello. La pecora, cioè l'animale con non più di 3-4 anni, è la materia prima per uno stracotto di matrice pastorale che nel Teramano prende il nome di pecora alla "callara" o "coatto", nell'Aquilano pecora "a ju cutturu" o alla "cottora". Inoltre la carne di pecora, sempre di primissima qualità, è insostituibile per gli spiedini, o arrosticini, o rostelle, insomma per quella golosità alla brace tipicamente abruzzese. La capra è invece protagonista di un secondo piatto tipico della Val Vibrata, la capra alla neretese, piatto di frontiera come lo è, al di là del Tronto, il capretto all'ascolana. Il castrato, cioè il maschio ovino adulto castrato, difficile peraltro da trovare, è prelibato alla brace oppure nel sugo. (afu)

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