Tra luce e ombra Gigino Falconi in mostra a Teramo

Da oggi la grande esposizione di opere dell’artista di Giulianova «Sono un incostante, la pittura è l’amante che non mi tradisce»

TERAMO. «Sono un uomo incostante, tranne che nel dipingere. Lì sono stato costante, ho lavorato come un impiegato. La pittura è l'amante che non mi tradisce».

L'artista Gigino Falconi passa per le sale della pinacoteca civica di Teramo raccontando di sé attraverso i suoi quadri, un'ottantina, riuniti nell'ampia rassegna antologica “La luce e l'ombra - Una vita per la pittura” che ripercorre l'ultimo ventennio della produzione artistica del quotato pittore teramano («Sono nato per caso a Giulianova»). Classe 1933, sessant'anni dedicati all'arte, mostre in tutto il mondo, un linguaggio e una poetica inconfondibili. Una pittura intessuta di enigmi, suggestioni nordiche, echi onirici, surreali, metafisici, di forti contrasti tra luce e buio, tra eros e thanatos.

La mostra “Gigino Falconi. La luce e l'ombra”, promossa dal Polo museale città di Teramo, con la curatela di Giuseppe Bacci e Paola Di Felice, direttrice del sistema musei civici, viene inaugurata oggi alle ore 17.30 e resterà allestita fino al 10 gennaio. In esposizione con i dipinti anche qualche piccola scultura, ma le creazioni tridimensionali si contano sulle dita di una mano.

«Faccio lo scultore per hobby, la scultura non mi interessa», sottolinea tra uno squillo di telefonino e gli ultimi accordi coi curatori. Inquieto, un po' distratto, presente ma al contempo altrove, come le donne dei suoi dipinti, corpi che segnano fortemente lo spazio ma sguardi ineffabili vaganti verso chissà cosa. Il corpo femminile, segno costante della pittura di Falconi, così riconoscibile e coerente, è dappertutto nella mostra. Un corpo che è vitalistica fonte di luce e di eros stagliata morbidamente su paesaggi scabri, scuri, spigolosi e minacciosi, in primo piano su sfondi di onde e tempeste, emergente da laghi fermi. «Il lago non mi fa paura, come invece il mare. Lo sento amico, è enigmatico, è una proiezione della mia inquietudine», osserva Gigino Falconi davanti ai suoi quadri, e aggiunge quasi protestando: «Non sono il pittore delle donne, come molti dicono. Dipingo un po' tutto, paesaggi, animali, nature morte».

Gli elementi delle sue nature morte - conchiglie, violini, libri aperti su illustrazioni dantesche di Doré - compaiono, al di là dei pezzi ascrivibili al genere still life, anche in quasi tutte le altre opere, inconfondibile firma. L'allestimento non segue un criterio cronologico, bensì, spiega l'autore stesso, «il criterio della bellezza dei quadri». Appena si entra, nell'atrio, balza agli occhi il grande triangolo (quasi 4 metri per 3) “Gli abbracci: ultimi raggi”, opera realizzata quest'anno nell'atelier di Montone per una committenza privata. «È uno degli otto pannelli che comporranno la volta di uno studio ottagonale. Fa parte di un ciclo a cui sto lavorando, il ciclo degli abbracci, anche omosessuali».

E in effetti in “Ultimi raggi” i soggetti sono due fanciulle, prime protagoniste di un lunga galleria femminile che si snoda tra i piani della pinacoteca, inanellando anche figure di prostitute, in ritratti e in piccoli tondi, riprodotte analiticamente da fotografie francesi dell'Ottocento. Ragazze per sempre, le chiama Falconi: «Ho voluto eternarle, per riscattarle dalla violenza e brutalità dell'uomo».

Si passa nella sala B, 13 opere sul tema del sacro, «ma un sacro dipinto da un laico», precisa l'artista davanti alla grande tela del 1997 “Scena finale del grande teatro del mondo”, in cui un Cristo atletico volge le spalle allo spettatore e, giù dalla croce, apre le braccia verso un'umanità pietrificata dando voce al Padreterno. Crocifissione o Resurrezione? L'unica certezza è che quel Cristo ha le fattezze del figlio di Gigino: «L'unico maschio che riesco a dipingere è mio figlio Mimmo, che è un atleta». Tra le opere esposte due tondi del ciclo Rosenberg, dedicato ai coniugi finiti nel 1953, in pieno maccartismo, sulla sedia elettrica a Sing Sing, accusati di cospirare in favore dell'Urss: in un tondo una poltrona, nell'altro un letto, «a sottolineare l'inutilità di questi oggetti in una casa ormai vuota». Apertura: tutti i giorni ore 9-13 e 16-19; chiuso lunedì. Ingresso libero. Info: 0861247772, 3398895499.

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