Esattamente dieci anni fa, quando lessi dai giornali che il senatore Antonio D’Alì era stato nominato a rappresentare il Parlamento italiano in seno all’Apem a Bruxelles, rimasi sbigottito, atteso che il senatore D’Alì era imputato a Palermo di concorso esterno in associazione mafiosa. I pentiti lo accusavano di essere vicino a Matteo Messina Denaro.

Quindi, non ci pensai due volte e scrissi una lettera dal tenore confidenziale al Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, segnalando l’inopportunità della nomina tra l’altro ratificata dal presidente del Senato Pietro Grasso. Decisi di scrivere la lettera pensando al mio dirigente della Quinta sezione della Squadra mobile di Palermo, Ninni Cassarà, assassinato il 6 agosto 1985 insieme a Roberto Antiochia. Ninni Cassarà aveva diretto la Mobile di Trapani ed era stato cacciato da Trapani proprio perché aveva osato toccare la borghesia mafiosa trapanese. Stessa sorte toccò poi al dottor Giuseppe Linares: trasferito da Trapani. Il dottor Linares fu l’integerrimo funzionario di polizia che più di altri si era avvicinato ai covi di Matteo Messina Denaro.

Comunque nel giro di pochi giorni ricevetti risposta alla mia lettera, e attraverso uno scambio epistolare e telefonico illuminai dettagliatamente la vicenda giudiziaria del senatore D’Alì. Ricordo che l’interlocutore François Negre – funzionario del Parlamento Europeo – pur rammaricandosi, disse chiaramente che il Parlamento Europeo non poteva intervenire su una nomina decisa dal governo italiano. Dieci anni dopo quella lettera, il senatore Antonio D’Alì si trova in “albergo”, termine usato dai mafiosi per indicare il carcere. Il che è tutto dire.

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