Cultura e Spettacoli

I sessant'anni di Christian De Sica: l'eterno secondo primo al botteghino

Snobbato dalla critica, festeggia 25 anni di trionfi al cinema e in tv. "Papà purtroppo mi ha trasmesso solo una briciola del suo talento"

I sessant'anni di Christian De Sica: 
l'eterno secondo primo al botteghino

Sessant’anni. Alla sua età, papà Vittorio aveva diretto Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Umberto D, L'oro di Napoli e La ciociara. Vincendo, tanto per gradire, due Oscar. Gli altri due, per la cronaca, li prenderà più tardi. Quindi, statitistiche alla mano, Christian De Sica è ancora in tempo. Certo, dovrebbe alzare un po’ il tiro, lui che da regista finora ha fatto Faccione, Il conte Max, Ricky e Barabba, Simpatici e antipatici. Tacendo, per carità di patria, degli altri tre. Non è per fare gli schizzinosi, ma se Vittorio De Sica, ai tempi, litigava con Roberto Rossellini, nell’album delle risse del neosessantenne Christian c’è soltanto la rottura artistica con Massimo Boldi.

Ecco, Boldi, un nome, un destino nella vita di De Sica Secondo. All’inizio della carriera il giovane Christian andava a suonare nelle balere, di nascosto da papà ma con il beneplacito di mamma Maria Mercader. E con chi strimpellava lo sconosciuto figlio d’arte? Oh yes, con i fratelli Boldi. Poi alle feste dell’Unità cantava Bella ciao accompagnato alla batteria da Massimo Boldi. Alternandolo, senza Boldi, con il repertorio classico di Frank Sinatra davanti al pubblico più sofisticato dello Sporting di Montecarlo. Ma di soldi ne giravano pochini. Di qui il grande salto. Dell’oceano. Inseguendo una ragazza a Caracas, si trasformò in cameriere d’albergo, poi in entertainer. Gavetta utilissima per il lancio nello spettacolo in Italia. Anche se il severissimo padre, diplomato ragioniere, s’illudeva ancora che il figlio potesse diventare dottore. Ma gli esami dati a Lettere rimasero inesorabilmente sette.

All’inizio ci fu la tv, poi il cinema, quindi la canzone. Ordine alfabetico al contrario e identica passione. Ma tutto accadde in tempi strettissimi, una cosa addosso all’altra, nei primi anni Settanta, quando il promettente Christian era ventunenne. Dunque, in quel fatidico 1972, l’aspirante al successo De Sica apparve, e mai verbo fu più adatto, nel film per la televisione Blaise Pascal diretto, ma guarda un pò, da Rossellini e al cinema in Paulina 1880 di tale Jean-Louis Bertucelli, due opere in costume di noia pressoché uniforme, che non lasciarono tracce nel curriculum di Christian, né, si presume, nemmeno nel suo portafogli.
La canzone arrivò perciò terza, almeno nella storiografia ufficiale, perché si è già detto dei concertini del novello eroe dei Due Mondi. La consacrazione avvenne in quel di Sanremo, sì, il Festival, dove De Sica tentò un impari battaglia contro Peppino di Capri con il dimenticatissimo brano Mondo mio, bocciato subito, senza neanche la passerella della finale. D’altra parte lo ha sempre ammesso Christian: «Papà mi ha trasmesso appena una briciola del suo talento. Se lui era Picasso, io sono un pittore della domenica».
Nei primi film, Christian De Sica ebbe raramente il ruolo principale. Per esempio in Conviene far bene l’amore di Festa Campanile regge il moccolo a Gigi Proietti, idem in Bordella di Avati, mentre in Amore in prima classe di Samperi fa la spalla di Montesano e in Il malato immaginario di Tonino Cervi ha davanti nientemeno che Sordi. Le vie del successo sono per lui lastricate di molti secondi, o terzi, posti. In Mi faccio la barca è preceduto da Dorelli, in Casta e pura da Ranieri, in Viuuulentemente...mia da Abatantuono, in Borotalco dal neocognato Carlo Verdone, non per nulla anche regista del film. Finché spuntano i fratelli Vanzina, figli del grande Steno. Siamo nel 1982, e per il trentunenne De Sica Secondo è la svolta decisiva. Sapore di mare è il titolo che gli cambia la vita e anche la considerazione altrui: insomma, ancora per poco lo chiameranno il figlio di De Sica. Quella commedia è in qualche modo la mamma dei cinepanettoni, anche se Christian puntualizza che i suoi amiconi Enrico e Carlo Vanzina hanno semplicemente copiato l’antica ricetta dei film a episodi, valga per tutti Vacanze d'inverno, diretto nel ’59 da Camillo Mastrocinque e ambientato nella Cortina d’Ampezzo dei vip. Gli attori? Roba minima, direbbe Jannacci: Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Michèle Morgan, Eleonora Rossi Drago, Renato Salvatori.

De Sica Secondo non è ancora un big, ma sta per diventarlo: da Vacanze di Natale dell’’83 al Natale in Sud Africa, che conduce, sia pure con inatteso affanno, la gara degli incassi del 2010, sono venticinque anni di trionfi, ininterrotti, al botteghino. La critica l’ha sempre snobbato, a dirla gentilmente, per il pubblico invece è il numero uno. Non avrà preso gli Oscar di papà, ma qualche premio l’ha racimolato, tipo tre David di Donatello e due Nastri d’argento, tutti come attore. Nel frattempo ha fatto boom anche in tv, da Bambole non c'è una lira del '78 a Lo zio d'America 1 e 2 del 2004 e del 2006, passando per Studio 80 del '79 a Cinema che follia dell'88. In teatro basta citare due show da tutto esaurito: Un americano a Parigi portato in scena per tre anni consecutivi a partire dal 2000 e l'altrettanto fortunato Parlami di me, osannato nel 2007 e nel 2008. E i dischi? E le campagne pubblicitarie (caffè, auto, prosciutti, telefonini)? Tanto per non restare con le mani in mano Christian ha fatto anche il doppiatore di due film d'animazione (Galline in fuga e Ortone e il mondo dei Chi).

Basta così, figlio mio, mi hai convinto, esclamerebbe papà Vittorio. O era meglio la laurea in Lettere? 

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