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Lega in tilt sul Colle. Ora Salvini guarda all'asse sovranista Ue. Giorgetti: "Ondivago"

Nelle ultime 48 è deflagrata la Lega. Con Salvini e Giorgetti su posizioni sempre più lontane

Lega in tilt sul Colle. Ora Salvini guarda all'asse sovranista Ue. Giorgetti: "Ondivago"

Che la sfida quirinalizia avrebbe mandato in fibrillazione tutti i partiti della maggioranza era piuttosto prevedibile. Meno scontato, invece, che l'ottovolante iniziasse a girare forsennatamente quando ancora mancano due mesi e mezzo al primo voto del Parlamento in seduta comune che, a metà gennaio, eleggerà il nuovo capo dello Stato. Invece, dopo le frizioni in Forza Italia, nelle ultime 48 è deflagrata la Lega. Con Salvini e Giorgetti su posizioni sempre più lontane. Una distanza non solo umana, ma soprattutto politica. Che certamente non si risolverà con il Federale del Carroccio che il leader leghista ha convocato per oggi a Roma. Una riunione che si annuncia accesa, almeno stando a quanto raccontano i parlamentari più vicini al leader, convinti che «l'irritazione verso Giorgetti abbia ormai superato il livello di guardia». Il ministro dello Sviluppo economico ci sarà. E l'intenzione è quella di non alimentare scontri, in attesa che venga calendarizzata l'Assemblea programmatica che si dovrebbe tenere entro dicembre. Non sarà un congresso, certo. Ma almeno - questa il ragionamento di Giorgetti - si potrà fare il punto su una linea politica che il numero due della Lega in privato non esita a definire «ondivaga». Riflessione che trova d'accordo non solo il resto della compagine governativa del Carroccio, ma soprattutto tutti i governatori: da Zaia a Fedriga, passando per Fontana e Fugatti. D'altra parte, la Lega tendenza Giorgetti è sì numericamente in minoranza negli organi decisionali del partito, ma è certamente quella politicamente più forte. Ed è anche per questo che vuole incidere sulla linea del partito. A partire dalla decisiva sfida per il Colle che si giocherà a gennaio. Ma lo scontro interno si consuma sul doppio binario Roma-Bruxelles. All'invito a guardare al Ppe, infatti, Salvini ha risposto con una videoconferenza con il premier ungherese Orban e con quello polacco Morawiecki per accelerare la costituzione di un gruppo unico sovranista al Parlamento Ue. L'incontro, in verità, era in programma già da qualche giorno, ma inevitabilmente è diventato una sorta di secondo schiaffo a Giorgetti. L'obiettivo di Salvini, infatti, è abbandonare il gruppo Identità e democrazia (dove c'è anche l'ultradestra tedesca di Afd), considerato impresentabile e tenuto ai margini dal resto del Parlamento Ue. E dare vita a un gruppo con Orban e i polacchi, che però ad oggi sono dentro i Conservatori riformisti, il gruppo di Fratelli d'Italia. L'operazione, dunque, è complicata. Anche perché rischia inevitabilmente di aprire l'ennesimo fronte tra Salvini e Meloni. Peraltro, proprio alla vigilia della partita per il Colle, rischiando di spaccare il centrodestra. La questione del nuovo gruppo infatti, ha una deadline a metà dicembre, quando dovranno essere indicati i nuovi capigruppo al Parlamento Ue in vista della scadenza di metà mandato che arriva a gennaio. In perfetta coincidenza, dunque, con il voto sul Quirinale. Se Salvini spaccasse davvero i Conservatori riformisti a Strasburgo, insomma, difficile prevedere le ripercussioni nei rapporti con Fdi a Roma. Non è un caso che si stia facendo strada l'ipotesi di una federazione tra gli attuali gruppi, così da evitare strappi. Forse è anche per questo che Meloni in queste ore sta evitando di polemizzare con Salvini. Non mancando però, anche lei in privato, di definirlo un po' «confuso». Ma la corsa per il Colle agita il M5s. Sottotraccia, infatti, continua il braccio di ferro tra Conte e Di Maio. Il titolare della Farnesina martedì sera si è goduto una pizza in un ristorate di Roma proprio con Giorgetti. I due hanno parlato di Rai e, soprattutto, di Quirinale. D'altra parte, i ben informati sostengono che il numero due della Lega - insieme al ministro Franceschini - sia ormai uno degli uomini più ascoltati da Di Maio. Che vedrebbe bene Draghi al Quirinale, ma che spera che il caos che un simile scenario creerebbe rilanci l'ipotesi del Mattarella bis. Se il premier traslocasse al Colle, infatti, prima si rischierebbero le elezioni anticipate e poi si aprirebbe il fronte del nuovo inquilino di Palazzo Chigi (che potrebbe dare a Salvini il pretesto per sganciarsi dalla maggioranza).

Per questo - e per la sua poltrona di ministro degli Esteri - Di Maio preferirebbe che Draghi restasse premier.

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