A Nardodipace classi accorpate dove pesa il disagio economico
Il Comune continua a fare i conti con povertà e svantaggi: tra spopolamento e invecchiamento dei residenti è in coda, in base ai dati Istat elaborati dal Sole 24 Ore, anche per i livelli di istruzione
di Donata Marrazzo
3' di lettura
Non è Macondo e nemmeno Vigata. Eppure Nardodipace, senza nemmeno un Marquez o un Camilleri che se ne sia mai occupato, è entrato nell’immaginario collettivo del nostro Paese. Il piccolo comune calabrese, frammentato in diverse frazioni che puntellano il parco nazionale delle Serre vibonesi, è uno dei più poveri d’Italia. Lo è da tempo immemore, ma di certo dal 1989, quando il Banco di Santo Spirito gli assegnò la patente di povertà pubblicando una ricerca sul reddito pro-capite dei comuni italiani: quello di Nardodipace risultava di 3,5 milioni di lire, pari al 10% del comune più ricco d’Italia, Portofino. Una distanza siderale.
Il fatto si trasformò allora in una bomba mediatica, «ingigantito anche da una sorta di semplificazione giornalistica che tralasciava tante altre realtà delle aree interne molto simili a quella del piccolo centro del vibonese», ricorda Antonio Cavallaro, nardopacese, responsabile della comunicazione della casa editrice Rubbettino. Così, Nardodipace è diventato un emblema, un caso isolato.
Ma il comune continua a fare i conti con povertà e svantaggi: tra spopolamento e invecchiamento dei residenti – fenomeni destinati ad accentuarsi nei prossimi anni –, Nardodipace si posiziona in coda, in base ai dati Istat elaborati dal Sole 24 Ore, anche per i livelli di istruzione.
Risulta che, su 1.039 abitanti con nove anni o più, solo 710 hanno conseguito la licenza elementare e media. In meno di 200 hanno il diploma di istruzione secondaria di secondo grado. Trentaquattro sono laureati. Per il resto si tratta di analfabeti o alfabeti privi di qualunque titolo di studio (il 12,2%).
La popolazione in età scolare è il 35 per cento. I bambini delle elementari, come accadeva in molte realtà marginali degli anni Cinquanta, sono riuniti in pluriclassi, dalla prima alla quinta. Anche quelli della prima e della terza media sono stati accorpati in una stessa aula, la seconda invece è una classe a sé.
«Ma se riusciamo a ripopolare il paese accogliendo, ad esempio, i minori stranieri non accompagnati riusciremo a contrastare lo spopolamento», spiega il sindaco Romano Loielo, rieletto per la terza volta a maggio, dopo due precedenti scioglimenti del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.
I ragazzi delle superiori frequentano gli istituti della vicina Serra San Bruno. «Ma quelli che se ne vanno all’università non tornano più», fa notare Loielo, che conta di fermare la desertificazione ristrutturando un villaggio turistico abbandonato da destinare all’accoglienza. In un vecchio edificio scolastico prevede di aprire una casa di riposo, realizzando prioritariamente una strada che agevoli i collegamenti con Serra San Bruno e Caulonia, in modo da risolvere anche l’isolamento che affligge da sempre il paese.
«Nonostante i sussidi, i finanziamenti, le leggi speciali, nonostante la Dc, il Pci e le passerelle di tante autorità all’indomani delle violente alluvioni – la prima nel ’51, poi quella del ’73 – che cancellarono gran parte dell’abitato vecchio, Nardodipace non si è mai riscattato dalla sua marginalizzazione di partenza», racconta Salvatore Tassone, ex sindaco comunista e preside per 20 anni. «Ai miei tempi ci siamo preoccupati di garantire la sopravvivenza dei cittadini, l’acqua, le fogne, i collegamenti con le frazioni, il lavoro degli operai forestali, la ricostruzione del nuovo abitato – conclude – ma oggi, di fronte a tanta desolazione, siamo dominati da un profondo senso di sfiducia».
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