AnalisiL'analisi si basa sulla cronaca e sfrutta l'esperienza e la competenza dell'autore per spiegare i fatti, a volte interpretando e traendo conclusioni. Scopri di piùNel mirino di Vitol

La raffineria di Sarroch, gioiello di Saras: di qui un quinto dei carburanti in Italia

L’impianto sardo non è soltanto uno dei più grandi, ma anche uno dei più sofisticati. Sarebbe il terzo a finire in mani straniere se il controllo passa a Vitol

di Sissi Bellomo

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2' di lettura

Se l’accordo tra Vitol e la famiglia Moratti andrà in porto, un altro tassello del sistema di raffinazione italiano finirà in mani straniere. E non è un tassello irrilevante. Sia per le grandi dimensioni sia per le caratteristiche l’impianto di Sarroch, in provincia di Cagliari, è da sempre uno dei fiori all’occhiello di Saras (che non a caso è acronimo di Società Anonima Raffinerie Sarde) e non stupisce che faccia gola ad un gigante globale dei mercati petroliferi.

La raffineria non solo conta per un quinto della capacità di produzione di carburanti del nostro Paese, ma è una delle più sofisticate in Europa, in grado di effettuare ogni tipo di lavorazione e di modificare velocemente i processi per adattarsi all’impiego di greggi di qualità diverse (ne lavora una trentina, di provenienze varie): un’abilità preziosa soprattutto in periodi “caldi” come quello attuale, segnati da guerre e sanzioni, che costringono a cambiare con frequenza fornitori e rotte di approvvigionamento.

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Il sito di Sarroch è dotato di ben 13 punti di attracco per petroliere e oltre 4 milioni di metri cubi di capacità di stoccaggio, asset di particolare interesse per Vitol, che è il maggior trader petrolifero indipendente al mondo, finora privo di una “base” nel Mediterraneo. Inoltre la raffineria è autonoma dal punto di vista energetico: ha una centrale gas a ciclo combinato, integrata con gli impianti, da 575 MW di potenza, con cui produce oltre 4,1 miliardi di kWh di elettricità l’anno che immette anche in rete, soddisfacendo quasi metà del fabbisogno della Sardegna.

La raffineria, controllata da Saras attraverso Sarlux, è in grado di produrre 300mila barili al giorno di carburanti (in gran parte diesel, per cui l’Europa non è autosufficiente), una capacità pari a oltre il 20% del totale in Italia.

Per dimensioni compete soltanto con l’Isab di Priolo, in Sicilia, impianto da 320mila bg (ma suddivisi in due siti) che ormai da tempo non è più in mani italiane: uscita di scena Erg, una decina di anni fa era passato alla russa Lukoil, per essere poi rilevato nel maggio 2023 dal fondo cipriota Goi Energy.

Una terza raffineria in suolo italiano – quella di Augusta, sempre in Sicilia, da 170mila bg – è dell’algerina Sonatrach, che l’aveva comprata nel 2018 da Esso Italia (ExxonMobil). È infine straniera per metà la Raffineria di Milazzo (RAM), da oltre 200mila bg, nel messinese, di proprietà di una joint venture paritaria Eni-Kuwait Petroleum Italia (Q8).

Fatti i conti, con Vitol al controllo di Saras circa metà della capacità di raffinazione italiana sarebbe sotto controllo straniero: 43,2 milioni di tonnellate l’anno su un totale di 87,3 milioni di capacità effettiva, in base agli ultimi dati Unem.

Oggi nel nostro Paese sono rimaste attive 13 raffinerie, di cui due – che presto saliranno a tre – convertite da Eni alla produzione di biocarburanti: dopo Marghera e Gela, a fine gennaio San Donato ha dato via libera alla trasformazione anche per Livorno.

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