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William Turner, un nazionalista e opportunista ben oltre il mito romantico

“Turner's Modern World”, alla Tate fino al 7 marzo 2021, sfata l’immagine dell’artista: da pacifico e idealista a nazionalista, opportunista e trasformista

di Simone Filippetti

4' di lettura

Londra - Che la Tate Britain, uno dei principali musei del mondo, sfidi la seconda ondata del Covid e la cappa della nuova quarantena a fasi del Regno Unito, e che ricorra a una nuova mostra sul pittore ottocentesco Turner, nel mezzo della pandemia, appare come una mossa disperata”. Per esorcizzare la peggiore crisi dal Dopoguerra, la galleria ricorre al suo campione nazionale: Joseph Mallard William Turner (1775-1851), il pittore più celebre e probabilmente anche il più importante di tutta la storia inglese.

Ma tolto l'effetto di orgoglio, una mostra sul pittore, dal 28 ottobre al 7 marzo 2021, è a forte rischio: proprio per la sua celebrità Turner è uno degli artisti più gettonati per retrospettive. L'effetto inflazione o noia è dietro l'angolo.La raccolta, curata in modo impeccabile da David Brown, si dipana lungo tutta la vita artistica del pittore, raccogliendo insieme per la prima volta opere sparse in tutto il mondo, e per molte delle quali anche i rispettivi schizzi su carta.

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Turner: alla Tate Britain una grande mostra

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Concreto materialista

Ma al di là del pur pregevole lavoro filologico, la vera novità della mostra “Turner's Modern World” è che l'artista era molto diverso dall'idea che si è affermata nella vulgata, ossia quella di un pittore pacifico e idilliaco preso dalla sua visione ideale, che dipinge una realtà trasfigurata ed eterea. Più che un etereo, Turner era un concreto materialista che pianificava le sue opere con un approccio molto capitalistico e poco arcadico.La classica visione romantica, molto scolastica, di Turner viene, e con piacevole sorpresa del visitatore, smantellata dalla mostra.

Fin dalla prime due opere esposte, Turner appare come un acuto imprenditore di sé stesso, astuto e calcolatore: “The Chain Pier”, il molo di ferro per barche a vapore di Brighton, e il canale idrico “Chichester Canal”, a prima vista due esemplari di pittura naturalista, la corrente artistica che per la prima volta porta su tela oggetti di vita quotidiana e non più temi sacri (come era stato per secoli), hanno origini molto meno rivoluzionarie e artistiche. Erano semplicemente stati commissionati dal proprietario delle due infrastrutture: George O' Brian il terzo Conte di Egremont, un ricchissimo nobile imprenditore. Turner aveva capito che proporre ai benestanti quadri di loro proprietà, invece che il solito ritratto, era un'attività redditizia.

Turner acquisì fama e fortuna come pittore di guerra, soprattutto delle grande Royal Navy, la flotta militare della Corona. Ebbe la fortuna di vivere a cavallo delle Guerre Napoleoniche, tra Rivoluzione Francese e Restaurazione, e assistere al “cadde, risorse e giacque” del maggiore condottiero della Storia: Napoleone Bonaparte. Le due vittorie inglesi di Trafalgar e Waterloo sono il suo trampolino di lancio: in “The Victory: from quarterdeck to poop”, l'ammiraglio Nelson, il vincitore di Napoleone, è immortalato nel fatidico momento in cui viene colpito a morte da un proiettile vagante mentre i francesi ammainano la bandiera in segno di sconfitta, in una sorta di apoteosi divina.

L'epica e la propaganda del Regno Unito, esaltato dalla sconfitta finale del rivoluzionario francese, trasudano dalla gigantesca tela “The field of Waterloo”, dipinto da Turner 4 anni dopo l'epocale battaglia. Joseph William è un pittore di regime, perfettamente inserito nel sistema, che sbandiera un forte nazionalismo: anche il quadro “Il Ponte dei Sospiri” di Venezia che a prima vista appare come una tela romantica e ideale, in realtà nasce dall'odio per Napoleone che nel 1797 conquista Venezia e dal dispiacere che dopo secoli la Serenissima Repubblica muore.

Lord Byron

Turner cerca di compiacere la nobiltà senza troppe remore come dimostra il “Prince Regent's Birthday”: un'atmosfera arcadica e idilliaca per il quadro che celebra il compleanno del principe reggente, il futuro re Giorgio IV (per soli 10 anni), dove l'intento “marchetta” è fin troppo smaccato e l'unica cosa buona è il panorama del Tamigi e di Londra dalla collina di Richmond: un'immensa macchia verde che verrà di lì a poco aggredita dalla Rivoluzione Industriale, di cui Turner diventerà l'aedo.Solo dopo gli anni 30 dell' 800, in concomitanza coi moti popolari, Turner il conservatore-monarchico cambia idea: diventa romantico, anche per l'amicizia con il poeta Lord Byron. Abbraccia temi sociali, dipinge quelle scene pacifiche e di progresso che lo hanno reso famoso.Nelle sue tele fa capolino la compassione; e domina uno sguardo di pietà su quei “vinti”, che qualche decennio dopo Giovanni Verga fisserà nei Malavoglia (pubblicato nel 1881).

Il quadro “Disaster at Sea” illustra il naufragio di una barca-prigione dove 100 donne, tutte condannate, morirono durante un trasferimento. Il naturalismo si fonde col socialismo, quello che in Italia faranno più tardi Pellizza da Volpedo e Giovanni Fattori. Ma Turner subodora sempre i tempi: capisce che il paese sta imboccando una epocale trasformazione economica. Nel 1838, la Great Western Railway, una nuovo tipo di azienda, una compagnia ferroviaria, inaugura la linea che da Londra arriva fino a Cardiff. Sei anni dopo, il pittore dipinge il capolavoro che lo ha reso celebre: “Rain, Steam and Speed” è un inno alle macchine, al progresso, alla velocità: la locomotiva che sbuffa tra macchie indistinte di colore è uno dei capisaldi della pittura moderna.

Ma non c'è nulla di romantico, in tutto ciò: Turner aveva ancora una volta intuito che la società stava cambiando e dunque che i suoi committenti avrebbero avuto altri bisogni. Basta con le guerre e l'epica nazionalista, anche perché il nuovo regno della Regina Vittoria garantisce decenni di pace per il paese. Il futuro sono il ferro e il vapore: lui è il primo artista a cavalcare il nascente fenomeno delle ferrovie. “The Times they are A-Changin’'” avrebbe cantato più di un secolo dopo Bob Dylan: il trasformista Turner lo aveva capito con molto anticipo.

“Turner's Modern World”, alla Tate, fino al 7 marzo 2021


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