Non è il numero di alberi che piantiamo né l'impatto estetico di piante e fiori che migliora la qualità del verde urbano. Quello che ci serve è un paesaggio che diventa infrastruttura, spazio pubblico vivibile e strumento per la coesione sociale

* Andreas Kipar, co-fondatore dello studio LAND (Landscape Architecture Nature Development)

Da chi progetta il territorio, oggi, è giusto aspettarsi la creazione di una qualità paesaggistica urbana, cioè spazi fruibili a livello di microscala, ma anche risposte concrete alle sfide ambientali più urgenti. Ogni soluzione, insomma, per quanto locale, deve anche agire a livello di macroscala e avere un impatto su una rete ecologico-ambientale più ampia.

Per fare tutto ciò serve un nuovo linguaggio paesaggistico: che non consideri il verde come un ornamento (accade ancora) né che misuri i suoi successi sulla quantità delle piantumazioni ma che consideri la natura, opportunamente progettata, come il pilastro principale per lo sviluppo di un paesaggio pubblico.

Perché è importante parlare di tutto ciò oggi? Perché anche se è chiaro da sempre che il valore del verde urbano nello sviluppo delle città è fondamentale, la pandemia ci sta fornendo un’occasione per una svolta radicale, accelerando processi già in atto. Pur nella sua drammatica presenza, il Covid ci ha insegnato che una città sempre più popolata e “vissuta” attraverso lo spazio pubblico è possibile e anche auspicabile.

Ecco perché è importante trasformare gli spazi urbani in contenitori di servizi a 360 gradi, ideando nuovi modelli di sviluppo basati sul benessere sociale e sulla qualità ambientale, con particolare attenzione verso l’adattamento climatico, la rigenerazione urbana e, più in generale, verso la resilienza.

Occorre lavorare perché le aree verdi svolgano una funzione infrastrutturale, generando una nuova immagine di natura urbana. Riportare la natura in città offre infatti l'occasione di gestire al meglio il suo spazio strutturale oltre che contribuire al benessere di chi lo vive.  La vera sfida non è il numero di alberi che si vogliono piantare ma la qualità che questi alberi possono creare nello spazio pubblico.

Per questo motivo, è fondamentale l’attenzione verso le persone e il loro spazio vitale: essendo il paesaggio espressione della sfera pubblica (intesa come società composta dalle persone), i progetti di rigenerazione urbana devono mettere al centro l’essere umano, che esprime oggi, sempre di più, l’esigenza di aver una natura sotto casa, all’interno del proprio quartiere, a 15 minuti massimo di distanza, a portata di mano. È necessario il passaggio dal progetto di spazi verdi ad autentici progetti di paesaggi urbani.

In una prospettiva ecosistemica, quindi, il verde urbano diventa un dispositivo per controllare il microclima, ridurre gli inquinanti e fornire spazi salutari e ricchi di biodiversità per tutti. È cambiato radicalmente il modo di concepire le città, sviluppando paesaggi urbani più vivibili, dove il verde ha un ruolo determinante per costruire storie di paesaggio capaci di rigenerare le comunità urbane e i territori attraverso un approccio di sostenibilità basato sulla riconnessione con la natura.

L’imperativo, ora più che mai, è quello di recuperare la socialità, promuovere la presenza della natura urbana, nella sua accezione di rifugio sicuro e, soprattutto, “sano”.

 

In apertura, l'intervento dello studio LAND al Portello a Milano. Il parco, che si estende per circa 70.000 mq e collega il quartiere fieristico di Rho alla nuova piazza Mercato, può essere considerato un vero e proprio landmark di accesso alla città.