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Maccagno: cenni storici

Maccagno si affaccia sulle rive del Lago Maggiore. Importanti sono il Santuario della Madonna della Punta e il Museo civico Parisi Valle

Cenni storici di Maccagno

Il 4 febbraio 2014 previa fusione dei comuni di MaccagnoPino sulla Sponda del Lago Maggiore e Veddasca, avvenuta dando esecuzione all'esito del referendum consultivo tenuto nei paesi coinvolti il 1º dicembre 2013




Fonte: I testi sono tratti da:

Autore: Marco Invernizzi e Andrea Morigi
Titolo: “I comuni della provincia di Varese”
Casa editrice: Edizioni Del Drago
Anno di pubblicazione:  Milano, 1992

I testi sono stati modificati e adattati per le esigenze del sito mantenendo invariate le qualità delle informazioni.


Maccagno è una splendida cittadina che si affaccia sul Lago Maggiore con tutto il suo patrimonio naturale e artistico, tra cui una lunga spiaggia, un fresco parco sul torrente Giona, un quieto porticciolo, un suggestivo lungolago e molti edifici che ricordano la lunga e privilegiata storia di questo comune.

Infatti le fortune del paese iniziano nel 962, grazie alle sventure di alcuni naviganti forestieri sorpresi da una tempesta proprio sul tratto lacustre dinnanzi a Maccagno. Gli abitanti, accortisi del fatto, si lanciarono lesti e senza timori a bordo delle loro barche e trassero in salvo l’imbarcazione portandola a riva grazie a una fune.

Tra i passeggeri vi era nientemeno che l’Imperatore Ottone I, come scoprì 640 anni dopo lo storico Morigia. L’Altezza Reale, per ricompensare i suoi salvatori, concesse a Maccagno una serie di privilegi feudali di cui godette per lungo tempo. Tra essi, Maccagno Inferiore venne nominata Corte Regale e dichiarata non soggetta a nessun Signore o Giurisdizione, tantoché per circa ottocento anni ebbe un governo protetto dall’Imperatore.
A quel tempo i signori del paese erano Tazio e Rubaconte Mandello, ai cui discendenti vennero riconfermati nel corso dei secoli i privilegi assegnati dagli imperatori. Nel 1110 fu Enrico IV a rinnovare il patto con Ottone Mandello; in seguito, Federico Barbarossa continuò la tradizione con Rubaconte, nel 1185; nel 1191 fu Enrico Mandello a godere dell’investitura, da parte di Enrico V.

Se il rinnovo del privilegio era una procedura obbligatoria ogni qualvolta un nuovo Imperatore saliva al trono, di certo i maccagnesi premevano per ottenerlo al fine di guadagnarsi anche una protezione contro le mire espansionistiche delle comunità vicine e del Ducato di Milano.

Infatti Maccagno ebbe una disputa con Agra riguardo allo sfruttamento dei boschi situati tra i due comuni. Ma fu più torva la questione con il Ducato di Milano, possessore a quel tempo del Contado del Seprio, di cui i milanesi ritenevano facesse parte anche il comune di Maccagno, che pertanto li autorizzava, a loro dire, di rivendicarne il territorio.
Nel 1279 i Mandello dovettero impegnarsi a dimostrare che Maccagno non faceva parte del Seprio, bensì del feudo di Stazzona, cioè di Angera, prima delle immunità ottenute dall’Imperatore.

Se Maccagno potè esentarsi dalla gabella, di certo dovette lottare non poco per mantenere questo privilegio. Infatti, nel 1410, si ripresentarono i Milanesi esigendo che Maccagno versasse loro un’imposta sul pesce, e ancora uno dei Mandello dovette usare diplomazia per conservare l’autonomia del feudo. Ma ecco che nel 1438 spuntò Franchino Rusca il quale, divenuto signore del feudo di Valtravaglia, pretese i territori più a nord, tra cui appunto Maccagno.
In difesa dei nostri venne l’antica rivale Milano che, grazie al Duca Filippo Maria Visconti, salvò Maccagno esibendo i documenti comprovanti l’esenzione imperiale. Rusca non si arrese e colse l’occasione nel 1459 quando, divenuti signori di Milano gli Sforza, rapì e incarcerò alcune maccagnesi, costringendoli a giurare fedeltà e a pagare un tributo simbolico.
Fu nuovamente Milano a ripristinare i diritti di Maccagno, che in seguito vennero rinnovati dall’Imperatore Carlo V, nel 1536.
Ma non solo, questi concesse pure la libertà di tenere mercato, e da qui per Maccagno inizia il periodo di floridezza che poi si estese alle popolazioni vicine, tra cui Luino, con la quale venne diviso il diritto di far mercato il mercoledì.

Qualche decennio prima però, nel 1470, Maccagno ebbe a dire pure con Luino. A quel tempo Maccagno era divisa in Superiore e Inferiore, quest’ultimo territorio luinese, all’interno del quale vi erano dei territori vicine al fiume Giona di cui sia Maccagno Superiore che Luino si contendevano il possedimento.
Ma questo dissidio fu solo una parentesi e la prosperità in cui visse Maccagno raggiunse l’apice nel 1622, quando Ferdinando II concesse il diritto di conio.

A seguito di quest’ulteriore privilegio vennero però meno le fortune del paese poiché il feudo di cui faceva parte venne venduto e passò di mano per diversi proprietari, finché giunse a Carlo Borromeo nel 1718, ultimo signore prima dell’invasione dei francesi.

Fu Napoleone ad abolire il secolare privilegio, il che causò un mutamento nell’economia e nelle abitudini di una popolazione per lungo tempo avvezza alla relativa autonomia.

Con l’Ottocento si aprirono le industrie, come la conceria, e avanzò anche il settore turistico. Nella zona montana del territorio di Maccagno sono presenti alcune aziende agricole dedite alla produzione dei formaggini di capra.

Dei fasti passati oggi rimangono testimoni il Santuario della Madonnina della Punta, la chiesa di San Rocco a Campagnano, le chiese di Santo Stefano, San Materno e Sant’Antonio, il palazzo sede della Zecca, Palazzo Mandelli e la torre imperiale, visitati con grande appagamento dai turisti italiani e stranieri.
Maccagno il battello per la navigazione sul lago Maggiore.




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