La strada bianca

E’ un libro scritto bene, con un linguaggio chiaro, misurato, delicato. La sua trama è particolarmente complessa e varia, e si intrecciano con estrema semplicità momenti genuini di passioni, di amore e di fede pura. Numerosi personaggi si affacciano con la loro storia personale e, simili a leggiadri ballerini, danzano in armonia e senza mai scontrarsi sulla grande pista del mondo, in uno spettacolare palcoscenico, al ritmo della magica musica della vita. La scena comincia a Letojanni, illuminata “dal cerchio arancione nel cielo umido, all’imbrunire di un pomeriggio di fine agosto” e spazia fino in Cina, “nell’oriente magnifico nei colori, nei profumi e nell’armonia”. Il romanzo, solo in apparenza semplice, rivela uno studio profondo del sentire umano, di culture e tradizioni diverse, che poi si unificano nei valori essenziali, immutabili nel tempo: la scienza con le sue rivoluzioni ed i suoi limiti, la coscienza libera e l’etica, l’amore, la malattia e la speranza, la ricerca interiore di sé e di Dio. La scrittrice é sempre attenta a non prendere spazio alla scena. Si serve costantemente di frasi brevi e si limita a dire quanto basta. Indulge giusto un po’ nelle descrizioni della natura, evidenziandone l’incanto e stimolando nel lettore un rapporto emozionale di partecipazione fino a farlo entrare in empatia con essa per comprenderne la forza cosmica superiore alle cose: “Il respiro apre i canali, l’energia si diffonde e ti senti parte di una foglia, di un albero, del sole, della terra, dell’aria”. La magia dell’oriente e delle sue favole, di paesaggi e personaggi delicatamente tratteggiati, danno così l’avvio alla fantasia, al sogno, alla meditazione, per invitarci ad ascoltare il silenzio, quel silenzio profondo che, sussurrando con lo scorrere del tempo, diventa la coralità del mondo. Interessante e pieno di fascino è lo studio degli ideogrammi. Se è vero che la scrittura rivela l’animo dei popoli, l’ideogramma cinese è specchio adeguato della cultura orientale, dove la fantasia convive con la passione in una atmosfera cullata ed incantata dalla magia, alla ricerca dell’equilibrio e dell’armonia interiore. La lettura è facile, piacevole, conciliante. La scrittrice ritaglia per sé un ruolo discreto, ai margini della scena, dove il tutto viene accennato e indicato con eleganza, direi quasi con riservatezza. Si avvertono quella delicatezza particolare del buon pediatra e la tenerezza della mamma. Entrambi, infatti, si occupano della crescita con sapienza ed umiltà senza mai limitare la personalità. Il lettore che ha finito di leggerlo, sente il bisogno di rileggerlo perché é emozionato e perché é iniziato alla meditazione sulla più bella favola del mondo, la favola magica della vita. Alla fine la voce della scrittrice si fa ancora più bassa, ancora più pacata come di chi esce di scena in punta di piedi perché sa di avere ottenuto lo scopo: portarci in sintonia col racconto, alla ricerca dell’energia interiore e del respiro cosmico fino a scoprire il Qi, “un passo dopo l’altro per imparare a conoscere noi stessi, per cercare l’amore dentro e fuori di noi”. Anche Catone scriveva: “quod tibi deerit, a te ipso mutuare” (ciò che ti mancherà, prendilo da te stesso), e ciò a dimostrare che le verità assolute sono universali.