ANDRIA - L’inclusione passa anche, o forse soprattutto, dal garantire quei servizi che permettono a chi vive situazioni di difficoltà di condurre un’esistenza con dignità e autonomia. Lo testimonia la storia di Gianmarco, forse una storia come tante altre che si consumano nel silenzio di una città a volte troppo sorda e cieca, un 42enne affetto dalla distrofia di Duchenne. Una malattia impietosa che lo accompagna dalla nascita e che gli ha provocato non poche difficoltà. Non certo nel raggiungimento dei suoi obiettivi personali (è diplomato al tecnico commerciale e laureato in giurisprudenza, abilitato alla professione forense, tutto questo grazie all’abnegazione ed al forte spirito di sacrificio dei suoi genitori) quanto nelle relazioni e nella possibilità di frequentare luoghi di socialità.
Adora viaggiare, ascoltare musica, vedere film e leggere. Da quando il papà è scomparso, nel 2006, Gianmarco ha vissuto grandi solitudini ed un periodo buio: si è chiuso in sé stesso, usciva poco così come poche erano le possibilità di relazioni. Solo un anno fa, grazie all’Asl Bat, ha potuto acquistare una carrozzina elettrica che gli permette di essere completamente autonomo mentre prima, avendone una manuale, aveva bisogno che qualcuno lo accompagnasse. E questo significava quasi sempre restare a casa.
«Ora mi sento libero, esco da solo ma vorrei conoscere altri punti della città che non riesco a raggiungere», racconta. Sì, perché la città non è a misura di disabile, secondo Gianmarco: «Alcuni marciapiedi sono senza scivoli o con scivoli che è difficile percorrere. Si aggiunga che a volte automobilisti incivili parcheggiano i veicoli a ridosso di quei passaggi, occupandoli. E, poi, le famose buche per strada. Vorrei che ci fosse più attenzione per noi». Ma non è solo questo. Dicevamo di quel periodo buio: un triste tunnel che è durato davvero tanto, complice anche la pandemia, purtroppo, come per tanti ma nel suo caso aggravato dalla disabilità e dall’impossibilità di uscire. Ha superato quel periodo nella primavera dello scorso anno: «Ho pensato che mi sarei dovuto salvare da solo, altrimenti sarei “morto” in casa e avrei sprecato ulteriormente la mia vita» dice con convinzione. E così ha deciso di curare di più la sua mente ed il suo corpo, ha corretto la sua alimentazione e ha cominciato a frequentare una palestra: «Non mi piacevo, pensavo che nessuno sarebbe uscito con me. Invece, anche quest’aspetto della mia vita è cambiato».
Lo sport è stato un veicolo di socializzazione per lui, si è sentito accolto dai suoi istruttori, Francesco e Rosangela che lo seguono nei suoi allenamenti. Ma per raggiungere la palestra, o qualsiasi altro luogo lontano dal suo quartiere, Gianmarco non può contare su nessuno e la sua carrozzina ha un’autonomia elettrica troppo bassa.
Sino a luglio, per spostarsi in caso di pioggia, ha usufruito di un servizio privato che gli è costato 15 euro per qualsiasi destinazione cittadina, 40 euro, invece, per andare fuori Andria. E la sua prima destinazione fuori città è stato il mare, a Bisceglie (che tra l’altro ha attrezzato una spiaggia proprio per chi ha disabilità), che non vedeva da 25 anni. Immaginate il senso di libertà di quest’uomo. «È stato stupendo andarci, ho provato felicità e libertà».
Ma ora questo servizio non può più permetterselo ed ha contattato il Comune di Andria per chiedere informazioni sul Taxi Sociale ma gli hanno risposto che non è disponibile. «Eppure – dice Gianmarco - potrebbe essere utile a tanti, non solo ai disabili. Penso anche agli anziani, a chi è solo». Un servizio che, a costi moderati, potrebbe andare incontro a chi vive una condizione fisica invalidante, una difficoltà anche temporanea. Ecco, rilanciamo l’appello alle istituzioni ed enti del terzo settore. Perché l’inclusione passa anche da questo.
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