Più di 30 anni di carriera e 8 Olimpiadi. Mai nessuna donna come lei. Aveva 16 anni quando a Seul, nel 1984, vinse la sua prima medaglia (di bronzo) ai Giochi. Ne aveva 48 quando ha gareggiato per l’ultima volta a Londra nel 2012, arrivando quinta a soli tre decimi dal terzo gradino del podio. Josefa Idem è un monumento dello sport mondiale, non solo nella canoa dove ha battuto record su record con le sue medaglie. Dopo il ritiro ha avuto una parentesi politica (di appena tre mesi) come ministro per le Pari Opportunità, lo Sport e le Politiche Giovanile. Ma quello non era il suo mondo. Oggi la strada è quella della psicologia dello sport dove sta pagaiando per conquistare titoli su titoli. Anche qui.

Josefa Idem, 8 Olimpiadi, un record tutto rosa. Come si fa?

«Bisogna avere voglia, un forte perché e un buon metodo. Le mie motivazioni nel tempo sono cambiate. Da bambina la motivazione che mi spingeva era quella di stare con gli altri, da donna quella di mettere a frutto il lavoro e da adulta, a 48 anni, la voglia di dimostrare quanto si può andare avanti, battendo i luoghi comuni».

Il suo buon metodo qual è stato?

«Ho fatto tutto in famiglia, con mio marito e coinvolgendo i miei figli. Questo mi ha aiutato».

Si è mai sentita vecchia in una gara?

«No, non mi è mai successo. Come può sentirsi vecchia una che a 48 anni è ancora competitiva?»

Il matrimonio le ha cambiato la carriera e la vita?

«La vita più che altro. Io vivevo in Germania, facevo la poliziotta poi mi sono licenziata e mi sono trasferita in Italia per amore (a Ravenna, per il marito allenatore Guglielmo Guerrini, ndr)».

Germania o Italia?

«Entrambe. Quando uno cambia Nazione è al 100% del Paese d’origine e al 100% del Paese di adozione».

Invece il suo ruolo come ministro è durato meno di due mesi. Un altro record…

«Quello della politica è un mondo diverso. Un mondo dove contano le poltrone e chi sta su una poltrona pensa di stare là per dare un contributo. È stata una parentesi».

La politica non è meritocratica come lo sport?

«Non ci penso più ormai. Ho provato a mettermi in gioco in modo totalmente disinteressato e non è andata. La buona politica però si può fare anche in casa con i nostri comportamenti, facendo la raccolta differenziata, non sprecando l’acqua, portando avanti politiche ambientali personali».

Da atleta e da ex ministro, cosa pensa della possibilità che lo sport possa perdere le palestre delle scuole?

«Credo che se fossero utilizzate come aule al mattino, il pomeriggio potrebbero essere ancora libere per lo sport. Purtroppo è una situazione difficile che nessuno ha mai sperimentato. Non è facile prendere decisioni in una situazione incerta, imprevedibile e mutevole. Penso però che ci siano molti più spazi di quelli che effettivamente sappiamo utilizzare e quindi bisognerebbe fare un censimento puntando su altro, ad esempio sale conferenze, teatri cinema».

Lei com’ha fatto a lavorare e ad essere mamma?

«Come tutte le mamme che lavorano e che fanno sforzi notevoli per conciliare entrambe le cose. Ma io mi sono sempre ritenuta fortunata perché, è vero che lavoravo, ma avevo un premio per il mio lavoro e cioè le medaglie. Le altre mamme non hanno questo privilegio».

Nel 2019 più di 37mila lavoratrici madri hanno lasciato il proprio impiego. Dimissioni volontari. Più del 50% dopo il primo figlio. Le pari opportunità sono solo una bella formula da pronunciare?

«Quando il gioco si fa duro le belle parole durano poco: le pari opportunità sono una conquista talmente recente che non sono un diritto ancora supportato concretamente».

L’ex ministro alla difesa Pinotti aveva lanciato un’idea che ora è diventata disegno di legge bipartisan che prevede di assegnare alle donne, nella misura del 40%, nomine politiche ai vertici di istituzioni e società partecipate.

«Che ben venga. Non sono contraria alle quote rosa se c’è una legge che tutela la presenza femminile è una garanzia di una strada aperta».

Le donne vincono per merito, ma nella lotta al potere dominano i maschi?

«Sulle competenze è un po’ difficile esprimersi. Le donne nelle classifiche delle università hanno ottimi voti, ma poi non riescono a tradurre questo in termini di ruoli. E’ vero che se uno è bravo nella teoria non è detto che sia bravo anche nella pratica. Ma è anche vero che essere scelti non significa essere bravi e spesso si sceglie per somiglianza, quindi è più scontato che un uomo scelga un altro uomo».

Ci pensa ancora a quei 4 millesimi di Pechino 2008 che le hanno tolto l’oro?

«Non ci ho mai pensato. Non potevo cambiare la storia. L’hanno cambiata dopo quando hanno tolto i millesimi e quindi in realtà se lo avessero fatto prima il mio risultato sarebbe stato un oro ex aequo».

Pagaia ancora?

«No, ho smesso. È stata una carriera lunga, sono contenta. Ma è finita».

Perché la canoa?

«Non l’ho scelta io ma lei ha scelto me. Io facevo tutto quello che faceva mia sorella. Ho iniziato così. Poi lei ha smesso e per me invece è diventata una storia lunga più di 30 anni».

Come continua la sua vita?

«Sto ancora studiando. Dopo la laurea in Psicologia, master in psicologia dello sport. Questo campo mi piace moltissimo. Lavoro con il settore giovanile e scolastico della Figc per la formazione degli adulti ed è un campo che adoro». 

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