«Ho paura. Per me e per la mia famiglia. Non sono tornato sul camion perché, dopo le minacce ricevute da altri autotrasportatori, non sono stato bene. Sono stato sequestrato per sei ore sullo svincolo di Poggio Imperiale che conduce all'imbocco dell'autostrada. I manifestanti mi hanno impedito di riprendere la corsa: avrebbero distrutto il mezzo e svuotato il carico. La mia giornata d'inferno è durata 24 ore». Davide è angosciato. Ha 31 anni, una moglie e due bambine, e da 11 anni si mette al volante di un bisonte che macina centinaia di chilometri con la pancia zeppa di carburante. A mezzanotte, quando tutti dormono, siede al posto di guida. 

Davide è una voce fuori dal coro. Ma non è una voce isolata. «Non sono proprietario dell'autoarticolato, ma un semplice dipendente di una ditta che rifornisce le pompe di benzina. Le ragioni della protesta sono giuste, il caro-gasolio ci mette in ginocchio, ma i blocchi sono controproducenti. Spostiamo la nostra rabbia a Roma, andiamo sotto i palazzi del governo, ma non inneschiamo una guerra fra poveri».

Davide, che abita in un paese della provincia di Bari, è ancora scosso: «Come sempre, a mezzanotte sono salito sul tir. Alle 3 ero a Napoli per caricare la cisterna e alle 4 e mezza ho ripreso il viaggio. Dalle 8.30 alle 10.30 ho effettuato due consegne a Ischitella, ma a Foggia sono arrivato soltanto in tarda serata. Sono stato costretto a spegnere il motore dalle 10.30 alle 18.30. Ho chiesto aiuto alle forze dell’ordine che hanno pattugliato il blocco, e ho ricevuto come risposta l’invito ad andare in caserma per sporgere denuncia. Come avrei potuto mettermi contro quelle persone che mi hanno detto che avrei potuto fare una brutta fine? Erano proprietari dei camion e dei tir e hanno fermato il traffico armati di pale e cacciaviti. Io e gli altri che avremmo voluto continuare a lavorare abbiamo temuto per la nostra vita. La rivolta dei camionisti ha già provocato qualche ferito. È inaccettabile rischiare di andare al pronto soccorso per difendere lo stipendio».

Il caro-gasolio e gli aumenti a catena hanno esasperato gli animi. Davide e gli altri che prestano servizio alle dipendenze delle aziende che distribuiscono carburante chiedono di poter continuare a viaggiare senza il timore di essere aggrediti dai più facinorosi. L’autista conclude: «Siamo stretti in una tenaglia. Da una parte i nostri titolari e dall’altra parte i colleghi “teste calde”. Un intervento serio del governo non è più rinviabile».

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