Le foto dell'incomunicabilità

Mostra a Gavardo di Mauro Ferrari
Ritratto di Redazione

Incomunicabilità; definizione della Treccani: “Incapacità o impossibilità di comunicare con altri, o più spesso con tutti gli altri, di stabilire un rapporto vivo e profondo di conoscenza con sé stessi e con gli altri, da cui deriva un senso di solitudine e di isolamento: senso e concezione della vita che, fatti propri da molta letteratura del Romanticismo e, più ancora, del primo Novecento (culminante in Italia nell’opera di L. Pirandello), confluiscono nel dopoguerra nel più ampio motivo dell’alienazione esistenziale, trovando anche espressione artistica nel cinema.”

Il tema è al centro della mostra che Mauro Ferrari di Rovato presenterà l'11 luglio a Gavardo alle 17.30. «Incomunicabilità e cellulari, uno straordinario ossimoro visivo» è il tema della mostra fotografica con immagini del rovatese.
Il Terzo Millennio segna l’apoteosi della comunicazione, grazie a Internet e al fenomeno dei social network proliferati all’ombra della Rete, con il prezioso supporto di strumenti sempre più sofisticati, poco ingombranti e alla portata di tutti che permettono di “restare connessi” in qualunque momento del giorno e della notte, praticamente da ogni dove.
Il rovescio della medaglia rispetto alla totale connessione al mondo virtuale è la totale “disconessione” dal mondo naturale. Ci sono tante, troppe distrazioni all’ascolto: il cellulare che squilla, gli avvisi delle varie APP, i pensieri della vita quotidiana, lo stress e l’ansia che aumentano sempre di più. Nell’epoca degli smartphone e dei social network l’elemento che manca di più all’essere umano è la capacità di rapportarsi con i suoi simili nella realtà.
Erich Fromm scrisse un bellissimo libro, non troppo conosciuto: “ L’arte di ascoltare” (Ed. Mondadori). Oggi abbiamo molti impedimenti a quello che si chiama l’ascolto attivo. Ascoltare non è “sentire”. Ascoltare si fa con la mente, sentire con gli orecchi. Non ci chiediamo mai cosa prova l’altro quando percepisce che noi non siamo concentrati su di lui. Basterebbe pensare che non è educato o che cosa proviamo noi quando ciò ci accade. Spesso perdiamo pezzi di discorsi, si danno risposte che c’entrano poco. Alla fine l’altro percepisce “disinteresse” per ciò che ci sta dicendo. Per cui poco apprezzamento, meno affetto, lontananza, distanza, frustrazione. Insomma una barriera, una siepe che si fa sempre più alta e fitta. Siamo cervelli in centrifuga, all’ammasso; lodiamo senza porci domande le tecnologie, applaudiamo ad ogni novità sulla realtà aumentata perché il vero reale ci fa paura. Noi viviamo, ma in realtà odiamo la vita: odiamo i dolori ma, anche, le gioie che essa ci da.
 

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