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Bioedilizia e Bioarchitettura

Bioedilizia e Bioarchitettura

Pubblicato 2 anni fa
Daniele Cecchi

Pubblicato 2 anni fa
Alberto Forconi

Vivi Consapevole

Pubblicato 2 anni fa
Vivi Consapevole

Perché sceglierle per un abitare felice, consapevole e sostenibile

Costruire qualità, in termini estetici, tecnici e abitativi, è un processo complesso che richiede consapevolezza da parte di tutti i soggetti coinvolti, a partire da chi quell’edificio lo abiterà.

Da quando l’architettura e l’edilizia hanno perso la connessione con le reali esigenze abitative e i bisogni della società, progettare e costruire sono diventate attività troppo spesso meramente rispondenti alle sole leggi del mercato: domanda- offerta, costi-guadagni.

Inoltre, negli ultimi decenni, l’uso del cemento e dei derivati del petrolio ci hanno fatto dimenticare i materiali tipici della nostra tradizione millenaria e le basiche regole del buon costruire. Ci siamo velocemente abituati a vivere in case fatte in serie, spesso carenti di qualità progettuale, decontestualizzate e costruite con prodotti insalubri.

 L’impressione generale, salvo le ottime eccezioni, è di non essere più in grado di costruire edifici duraturi, salubri e sostenibili come invece siamo stati capaci di fare per millenni e, cosa ancor più grave, spesso non riusciamo neanche ad accorgerci della differenza fra un edificio ben costruito (o ben recuperato) e uno scadente.

È questa, secondo noi, la chiave per ritrovare una più ampia qualità in edilizia, così come nella vita in generale: affinare la sensibilità che ci permetta di scegliere consapevolmente, riacquisendo la capacità di riconoscere istintivamente ciò con cui “siamo in risonanza”, rispetto a ciò che ci crea tensione, prima che questa disarmonia si manifesti nel tempo.

Come ritrovare quindi quella sensibilità, innata in tutti noi, nel distinguere il bello dal brutto, il salubre dall’insalubre o, per meglio dire, come scegliere in modo armonico con noi stessi?

Sentiamo spesso parlare di bioedilizia e di bioarchitettura, etichettate come nuove tendenze da seguire per un futuro sostenibile. Cerchiamo però di fare chiarezza spiegando innanzitutto che cosa si intende con questi termini.

Bioarchitettura e Bioedilizia non sono sinonimi, ma due approcci in totale simbiosi, che si completano a vicenda per raggiungere un comune obiettivo: il sostegno dell’edificio alle attività umane e alla vita del nostro ecosistema.

Indice dei contenuti:

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La bioarchitettura, prima di tutto

Prima di ogni scelta sul materiale o sulla tecnica costruttiva, progettare l’architettura dell’edificio in modo adeguato consente di creare le basi per ottimizzare i livelli di benessere abitativo, di risparmio energetico e quindi anche di ecosostenibilità.

Con Bioarchitettura si intende qui l’atteggiamento del buon progettare: dove vengono contemporaneamente presi in considerazione aspetti di salubrità, di comfort luminoso, acustico e termico, aspetti di natura compositiva ed estetica, indagate questioni di domoterapia e geobiologia del luogo, fino a raggiungere quella complessa sintesi, un mix “quasi alchemico”, espressione delle caratteristiche intrinseche del luogo, delle esigenze del committente e dell’approccio del progettista.

Per certi versi la bioarchitettura, è semplicemente l’Architettura (senza prefisso “bio”), nella sua più alta accezione, in cui il progettista è il regista di un iter divenuto integrato, cioè partecipato da diverse competenze tecniche.

La qualità della progettazione di un edificio, così come i materiali che vengono usati per costruirlo, incidono sull’ecosistema e sul benessere di chi abiterà quello spazio; a questi aspetti sono direttamente connesse le emissioni di CO2 in atmosfera, la produzione di rifiuti da conferire in discarica, la qualità degli spazi e dell’aria che andremo a respirare negli ambienti interni.

L’edilizia di oggi e degli ultimi decenni non è considerabile come parte della nostra tradizione

Bioedilizia o edilizia “tradizionale”?

Per comprendere cosa si intende per bioedilizia, partiamo da una semplice ma non scontata riflessione, una distinzione che occorre sottolineare fra edilizia convenzionale ed edilizia tradizionale: l’edilizia di oggi e degli ultimi decenni, quella che più o meno tutti noi abbiamo avuto modo di vedere, non è considerabile come parte della nostra tradizione. L’edilizia convenzionale, cioè le metodologie costruttive usate negli ultimi sessant’anni, si basano sull’uso di materiali quali cemento, polistirene, lane minerali, schiume poliuretaniche, sigillanti e materie plastiche di vario tipo. Tutti prodotti che pur essendo entrati oramai nell’immaginario collettivo, non fanno parte dell’edilizia tradizionale, quella applicata dall’uomo per millenni attraverso materiali direttamente provenienti dalla natura e prevalentemente reperiti nei pressi del luogo di costruzione.

Stiamo parlando di argilla, pietra, calce, legno, canapa, paglia, fibre vegetali. Ne sono testimonianza bellissimi esempi di edifici centenari ancora esistenti in tutto il mondo, realizzati con varie tecniche a partire dai materiali sopra elencati. Oggi, grazie all’attuale sviluppo tecnologico, siamo in grado di potenziare le caratteristiche tecniche intrinseche di un materiale naturale, per poterlo utilizzare in innumerevoli declinazioni applicative e con ottime performance, pari e superiori ai più comuni materiali di origine petrolchimica.

Attualmente l’85% qualche modo una valenza sociale dei materiali isolanti usati in edilizia è derivato dal petrolio

Perché tornare all’edilizia tradizionale?

Pensate che oggi il mondo dell’edilizia è responsabile:

  • del 40% delle emissioni di CO2 in atmosfera (di cui il 70% dovuto al riscaldamento e raffrescamento degli edifici);
  • del 50% delle risorse estratte dalla crosta terrestre;
  • del 25% dei materiali che finiscono in discarica (di cui ogni anno solo in Italia 300mila tonnellate costituiscono rifiuti pericolosi).

In questo contesto, attualmente l’85% dei materiali isolanti usati in edilizia è derivato dal petrolio. Il più comune materiale isolante utilizzato per i cosiddetti cappotti, il polistirene espanso (EPS), ha una vita stimata sui 40 anni e, una volta accoppiato a colle e intonaci cementizi, sarà difficilmente riciclabile.

Ecco perché anche l’attuale “bonus 110%”, che sta riscontrando notevole interesse, non è sufficiente a garantire una reale inversione di tendenza, in quanto agire sul risparmio energetico, senza indagare su come e a quale costo ambientale si ottiene questo risparmio, non è un’azione lungimirante in termini di sostenibilità del comparto edile. Il concetto di bioedilizia, per tornare al punto, inquadra il processo edilizio all’interno di un sistema di economia circolare, dove si cerchi di produrre limitando il consumo di materie prime e di energia, facendo uso di materiali rinnovabili, e cercando allo stesso tempo di non creare futuri rifiuti da conferire in discarica, in un ciclo quanto più armonico e controllato, che tenga conto della totale sostenibilità e biocompatibilità dei materiali stessi.

Una casa a basso consumo è anche salubre?

Scegliere quindi di intervenire secondo i criteri della bioedilizia è importante per aumentare la sostenibilità di un settore, quello edile, per sua natura molto impattante. Questo però non è il solo motivo, ci sono infatti aspetti altrettanto importanti e cogenti, più direttamente legati alla salvaguardia della salute e all’ottenimento degli opportuni livelli di benessere abitativo che oggigiorno tutti possiamo e dobbiamo pretendere. Sempre con l’intento di aumentare la consapevolezza sul tema, elenchiamo brevemente alcuni dati:

  • il settore delle costruzioni è condizionato da 400 mila sostanze chimiche;
  • dagli anni Cinquanta ad oggi sono state immesse nel nostro ecosistema oltre 100mila sostanze di sintesi chimica inesistenti in natura;
  • l’aria all’interno degli edifici è mediamente 5 volte più inquinata di quella esterna;
  • il 30% degli italiani vive in case sconfortevoli con condizioni errate di umidità.

Ci troviamo quindi di fronte a un paradosso: nonostante il “progresso” tecnico e scientifico sia aumentato in modo esponenziale, le condizioni di salubrità all’interno degli edifici sembrerebbero diminuite. Come si spiega?

La causa principale, oltre l’uso di materiali di sintesi chimica, è la fortissima richiesta di contenimento dei consumi energetici che ha portato a costruire o ristrutturare edifici fino a portarli nelle condizioni di basso consumo (“nZEB” – near zero energy building) o addirittura a consumo zero, la cosiddetta “casa passiva”.

Inaspettatamente, il binomio “risparmio energetico e benessere” non è così scontato, tutt’altro: gli interventi di risanamento energetico, volti a ridurre le dispersioni dell’involucro edilizio, comportano in genere un aumento sensibile di quella che tecnicamente viene chiamata “tenuta all’aria”. In sostanza si ottiene un edificio molto più sigillato, senza spifferi, quindi con un discreto risparmio in bolletta e una riduzione delle emissioni in atmosfera; ma evitare che vi sia scambio d’aria tra dentro e fuori, comporta anche l’incapacità di smaltire verso l’esterno carichi inquinanti e umidità, che vengono normalmente prodotti negli ambienti interni. È anche per questo quindi che negli interventi di efficientamento energetico, così come nei nuovi edifici, sono da sconsigliare materiali sintetici, che oltre ad essere potenzialmente emissivi di sostanze tossiche, non sono in grado di interagire in modo opportuno con le condizioni termo-igrometriche (di calore e umidità) degli ambienti interni, cosa che invece sono capaci di fare diversi materiali naturali.

Ogni progetto architettonico ha in Attualmente l’85% qualche modo una valenza sociale

La casa come parte di noi stessi

Aumentare la nostra consapevolezza significa intuire che una casa “a consumo zero”, anche di nuova costruzione, non è necessariamente una casa biocompatibile, salubre, o sostenibile.

L’invito che qui vogliamo lanciare è quello di considerare la propria casa come parte di noi stessi; per chi ne ha la possibilità, costruendola bene o ristrutturandola con attenzione, usando materiali naturali e sostenibili, diminuendo lo spreco energetico e ricordando che ogni progetto architettonico ha in qualche modo una valenza sociale, perché è possibile ritrovare nell’architettura dell’edificio quelle doti presenti anche nell’uomo: solidità, salubrità, bellezza e armonia.

Con poca attenzione in più, riusciremmo a percepire in modo inequivocabile il piacere di stare in uno spazio armonico e salubre, quasi terapeutico per il nostro stato psicofisico, avendo così l’opportunità di stare meglio anche con noi stessi, che poi è la fonte di vera felicità.

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Ultimo commento su Bioedilizia e Bioarchitettura

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Mire.

Valutazione: 5 / 5 Bioedilizia e bioarchitettura

Se si spera in un cambiamento il concetto di bioedilizia dovrebbe essere molto più esteso di quello che è adesso. Tra l'altro un concetto che deve essere basato anche sulle conseguenze a lungo termine

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