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Cultura matriarcale e cultura patriarcale - Estratto dal libro "Nel Nome di Anima"

Cultura matriarcale e cultura patriarcale - Estratto dal libro "Nel Nome di Anima"
Federico Divino

Pubblicato 7 anni fa
Federico Divino

Leggi in anteprima l'inizio del libro di Federico Divino e scopri come si è passati nel corso della storia dal potere al femminile a quello al maschile

La società di oggi è fondamentalmente patriarcale, e conoscerne i suoi sviluppi è fondamentale per comprendere la formazione della cultura e della psiche umana.

Prima di introdurre il patriarcato però, bisogna ricordare cosa vi era prima.

Relativamente a questo contesto l'argomento è assai dibattuto, ma generalmente io mi schiero a favore della teoria "matriarcale", che descrive una società antica improntata sulla venerazione della donna come una figura divina.

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Storia e Protostoria del culto della Madre

Il Matriarcato è un'interessantissima forma di organizzazione sociale nella quale il potere centrale non è in mano agli uomini, bensì alle donne. Secondo Johann Jakob Bachofen ad esempio, il matriarcato altro non è che l'organizzazione sociale più antica dell'umanità, e solo in un secondo momento venne sostituita dal patriarcato.

Diverse sono le attestazioni storiche di questa antica cultura, ad esempio in Grecia sono diverse le fonti che ci portano esempi eclatanti, primo tra tutti è il mito delle Amazzoni, che ci testimonierebbe la presenza di un antico popolo matriarcale. L'origine di questa organizzazione sociale è controversa, ma diversi studiosi sostengono che si tratterebbe di mancanza di educazione riguardo la generatività; all'epoca, infatti, non era nota la correlazione tra rapporto e concepimento (dato che vi intercorrono ben nove mesi).

La figura femminile, diviene così legata culturalmente alla terra (Mater è Mater-ia), si pensava che essa potesse produrre nuova vita (i figli) per partenogenesi, e per questo rivestì un ruolo fondamentale in questo sistema sociale arcaico, sebbene non primitivo.

La Grande Madre è una divinità femminile ancestrale presente nella maggior parte delle mitologie note, nella quale si manifesterebbe la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino. La certezza del culto della madre terra sosterrebbe l'ipotesi di una originaria struttura matriarcale delle civiltà.

Ovunque nell'Europa Preistorica, dai Balcani al lago Baikal in Siberia, e in occidente da Willendorf, vicino a Vienna, alle Grotte du Pape in Francia, le cosiddette Veneri, insieme ai dipinti murali, alle caverne-tempio e ai luoghi di inumazione, sono i documenti di costumi e credenze del Paleolitico.

Analisi comparative di stile e tipologia ci danno un orientamento cronologico: sembrano indicare una straordinaria multi-millenaria persistenza della figura femminile steatopigia, una madre primordiale che accompagna il genere umano dal pieno Paleolitico superiore al Neolitico.

Nelle fasi più antiche si hanno evidenti paralleli con le figurine del Paleolitico superiore europeo ed asiatico, in particolare con le cosiddette "veneri" attribuite alla cultura aurignaziana, alcune delle quali hanno oltre 30.000 anni.

Il culto della grande madre è qualcosa di onnipresente nel mondo antico, ed anche dopo il crollo del matriarcato, in favore del patriarcato, continua a sopravvivere nelle grandi religioni come elemento atavico ed onnipresente, a dimostrazione di una già precedente educazione al culto della madre. Le rappresentazioni tipiche, come la donna incinta dal seno prosperoso, come simbolo di fertilità, o la più nota "mater" con in braccio il bambino, echeggiano ancora oggi nella nostra cultura occidentale.

Ad esempio, le più moderne raffigurazioni della Madonna con in braccio Gesù bambino sono praticamente identiche a più antichi modelli che vedevano protagonisti Iside e Horus o altre grandi mater ed i corrispettivi figli. Aexander Hislop affermava come i missionari gesuiti rimasero stupiti nell'osservare che anche nelle culture dell'estremo oriente, come in Tibet ed in Cina, vi erano raffigurazioni corrispondenti a quelle della Magna Mater. In particolare, a pura nota informativa, sembrerebbe che tale corrispondenza in Cina sia principalmente rappresentata da Shing Moo.

Inanna

Inanna è la divinità sumera della generatività e della bellezza, ma anche dell'Amore erotico. Il suo culto si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo e le sue tante varianti dettero origine, tra le altre, ad Astarte, Afrodite, Cibele (La Magna Mater), Iside, Venere, Divinità del cielo, della terra e della fertilità, dell'Amore ma anche della guerra, governava gli eventi meteorologici e le emozioni fondamentali degli esseri umani, le passioni e le ambizioni. Viene definita in vari modi, tra i quali spiccano "regina del cielo".

Istar (Ishtar)

Si tratta dell'equivalente, nella cultura Babilonese, della dea Inanna. Nella mitologia mesopotamica Istar era la dea dell'Amore e della guerra, alla quale fu dedicata una delle otto porte di Babilonia. Aveva contemporaneamente aveva l'aspetto di dea benefica (Amore, pietà, vegetazione, maternità) e di demone terrificante (guerra e tempeste).

Astarte

Nell'area semitica nord-occidentale fu venerata Astarte: era la Grande Madre fenicia e cananea, poi sposa di Adone, legata alla fertilità, alla fecondità ed alla guerra e connessa con lìshtar babilonese. Sidone, Tiro e Biblo erano i maggiori centri di culto, ma era venerata anche a Malta, a Tharros in Sardegna ed in Sicilia ad Erice, identificata con la Venere Ericina.

In Sicilia, inoltre, il nome del paese Mistretta sui Nebrodi, deriva dal fenicio AMASHTART, ossia città di Astarte. In lingua ebraica è conosciuta come mrtttw ('Ashtoréth). Astarte entrò a far parte dalla XVIII dinastia egizia anche del pantheon egizio, dove venne identificata con Iside, Sekhmet ed Hathor.

In epoca ellenistica fu associata alla dea greca Afrodite, Venere era il suo equivalente per i Romani, chiamata anche Urania e Cipride (da Cipro, uno dei maggiori centri di culto di Astarte) e alla dea siriaca Atargartis (Syria per i Romani).

Hathor

Divinità dell'antico Egitto. Collegata all'archetipo delle Grandi Madri protostoriche, dea dell'Amore e della gioia, dea madre universale, in quanto generava il dio sole e allattava Horus ed il suo rappresentante, il faraone. Dea della vita ma anche patrona dei morti prestando aiuto a Osiride nell'accoglienza dei defunti nell'Oltretomba.

Fu considerata protettrice delle sorgenti del Nilo e della potenza creatrice delle inondazioni, oltreché protettrice delle arti, della musica e del canto. È la dea che mangia il sole al tramonto per restituirgli la vita poche ore dopo ed è anche la signora dei venti del nord.

La Grande madre Semitica

Nella mitologia semitica Asherah è la Grande Madre semitica citata in innumerevoli fonti tra cui testi in accadico come Ashratum/Ashratu e in ittita come Asherdus/Ashertus, Aserdus o Asertus. Solitamente Asherah si identifica con la dea ugaritica Athirat (nome è più correttamente traslitterato come 'atirat). Un riferimento possibile ad Asherah è contenuto ne II Libro di Geremia, scritto attorno al 628 a.C, quando nei capitoli 7 e 44 si fa chiamare "regina dei cieli".

La venerazione di due divinità Asherah e Ba'al durante il periodo monarchico, documentata in ritrovamenti archeologici e in testi biblici, è antecedente alla nascita del dio supremo Yahweh presso gli ebrei (in seguito vedremo come). La figura centrale della religiosità dell'antica Ugarit fu Baal, una divinità della mitologia fenicia. Per i Cananei dell'Antico Testamento il nome Baal era sinonimo di dio, intorno al XIV secolo a.C, Baal indicava il maggiore degli dei e il signore dell'universo per poi assumere il significato di falso dio.

Col passaggio al monoteismo giudaico fu rappresentato con una statuetta materiale, a significare l'idolatria dell'uomo verso i falsi dei. L'ampia diffusione del politeismo, durante il periodo della monarchia, è dimostrata dagli innumerevoli ritrovamenti archeologici all'esterno e all'interno di Israele. Una struttura cultuale a Taanach (Israele settentrionale, vicino Megiddo) risalente al X secolo a.C. mostra evidenti usi politeistici. La struttura è composta da quattro livelli, o registri.

Sul livello inferiore è posta una figura femminile che poggia le mani sulle teste dei leoni ai suoi fianchi che potrebbe impersonare una dea, Asherah, Astarte o Anat. Il terzo livello mostra due figure simili a sfingi alate con uno spazio vuoto tra loro. Al secondo registro troviamo un albero sacro fiancheggiato su ambo i lati da ibis, mentre il quarto presenta un quadrupede (un bovino o un cavallo) sovrastato dal disco solare.

Quando la struttura cultuale fu edificata non è accertato se Taanach fosse sotto controllo israelita o cananita e varie sono le interpretazioni. Il quadrupede sul quarto registro potrebbe essere un bovino e dunque identificabile con Baal ed il disco solare potrebbe rappresentare o il dio del sole o il cielo. La maggior parte degli autori individua nell'albero sacro al secondo livello una Asherah, un oggetto di culto e dunque non l'immagine di una divinità.

Le sfingi alate del secondo livello sono ritenute cherubini, lo spazio vuoto potrebbe rappresentare un invisibile Baal, o in alternativa, serviva agli osservatori di vedere un fuoco o delle figurine all'interno della struttura. Nonostante sia possibile una varietà di interpretazioni, Mark S. Smith conclude che «assumendo che la datazione di questa struttura al X secolo sia corretta, essa testimonia il politeismo in quest'area». Nella Bibbia ebraica il termine «asherah» sta ad indicare sia un oggetto di culto sia un nome divino.

In quanto oggetto di culto, l'Asherah può essere «costruito», «abbattuto» e «bruciato», e Deuteronomio 16:21 proibisce di piantare alberi come Asherah: "Non erìgerai per te nessuna Asherah di alcuna specie di legno accanto all'altare che costruirai all'Eterno, il tuo Dio.'"' Indicando col termine un albero stilizzato o un tronco potato.

In altri passi come, per esempio, in Secondo libro dei Re, 23:4-7, dove degli oggetti sono realizzati «per Baal e Asherah» si intende chiaramente una dea.

Himiko

Perfino nella cultura del Giappone antico, relativamente isolato rispetto al resto del mondo, al tempo del regno di Yamato, è possibile trovare diversi indizi che ci porterebbero a pensare di essere di fronte ad un protostoria matriarcale. L'esempio più eclatante è quello di una figura politica riportata nelle cronache cinesi del Wei Chih.

La sua figura è molto controversa, ma non è la prima volta che si può affermare che nelle società arcaiche del Giappone sia in effetti una figura femminile a ricoprire il ruolo di capo religioso o politico. Himiko, o probabilmente *Pimiko o *Pimuku, è in questo modo descritta come la regina del più potente dei cento regni di Wa. Il testo afferma che la donna praticava la magia e che era salita al potere dopo anni di guerre.

Storia e Protostoria del culto Patriarcale

Dalla caduta del Matriarcato ebbero origine le divinità solari, ossia le divinità maschili. In religioni diverse e con nomi diversi, divinità supreme legate al sole anche se collegate ad aspetti diversi dell'universo culturale della società, non differivano nell'immagine.

A soppiantare definitivamente millenni di storia del matriarcato fu una vera e propria rivoluzione generata dal faraone Amenofi IV, e dalla sua grande sposa reale Nefertiti, durante la XVIII dinastia del Nuovo Regno: un nuovo modo di intendere il culto del Sole, unico dio e re, con il nome Aton, sostituendolo ad Amon, adorato dalla teologia solare tebana. Il sole venne simboleggiato dal disco che emana raggi terminanti in mani tese che porgono Ankh, la chiave della vita, agli umani e a tutto il creato.

A voler indicare che non è l'idolo da adorare ma quello che è dietro: il principio di luce che dona effetti benefici a tutti, anche al di fuori dell'Egitto.

Altrettanto nuovo è il fatto che i due regnanti fossero sempre associati nei rituali dedicati al culto del dio, tanto da ipotizzare una equiparazione tra i due. Sia il faraone che la regina cambiarono il proprio nome: il faraone da Amenophis {pace di Amori) in Akhenaton (colui che è utile ad Aton); da Nefertiti (la bella e arrivata) a Neferneferuaten (Aton è raggiante perché la bella è arrivata) la regina. Akhenaton trasformò il grande tempio del dio Amon-Ra a Karnak in un complesso del culto dedicato ad Aton, inimicandosi profondamente la casta sacerdotale nonostante avesse lasciato libertà di culto fino agli ultimi anni del regno.

Le divergenze con questa parte molto influente della società acuirono quando il faraone non intervenne a seguito della conquista da parte degli Ittiti di due città fortificate nel nord del paese, che versavano i propri tributi direttamente nelle casse del clero di Amon.

Nel quinto anno del suo regno il faraone iniziò la costruzione di una nuova capitale Akhet-Aton (Orizzonte di Aton), l'odierna El-Amarna (erroneamente ricordata anche con il nome di Teli El-Amarna), una città ricca di templi dagli ampi cortili aperti, dove la celebrazione dei riti del nuovo culto offriva a tutti la possibilità di riceverne i frutti, mentre in precedenza il culto veniva officiato nel segreto di buie cappelle ricavate all'interno dei templi, cui potevano accedere solo gli iniziati.

Solo verso la fine del regno di Akhenaton si verificò il passaggio al culto esclusivo del dio Aton, misura necessaria per reprimere la crescente ostilità del potente clero di Amon che aveva perso potenza e prosperità e che sicuramente tramava contro il Faraone e il suo nuovo corso religioso. La nuova religione formalmente ebbe breve vita, infatti, il figlio di Akhenaton, Tutankhaton, salito al trono molto giovane, restaurò l'antico culto modificando il proprio nome in Tutankhamon ossia "immagine vivente di Amon" e riportando la corte a Tebe.

Ripristinato il potere, il clero di Amon cercò la vendetta contro Akhenaton, facendo scomparire per sempre il suo nome dalla cronologia ufficiale, Amarna e i templi da lui eretti vennero abbattuti e i materiali provenienti furono riutilizzati per altre costruzioni, le sue gesta furono cancellate da stele e iscrizioni e addirittura gli anni del suo regno furono cancellati dalle datazioni storiche, probabilmente fu ordinata anche la traslazione del suo cadavere, e facendo nascere la nuova 19esima dinastia con Ramses I.

I sostenitori del faraone, per salvare la vita, furono costretti a fuggire verso il Delta del Nilo, guidati dai due visir di Akhenaton: Ra-Mose e Meri-Ra.

Ra-Mose, ossia "nato da Ra", fu, all'epoca della XVIII dinastia egizia, governatore di Tebe e visir durante i regni di Amenhotep III e di Akhenaton, associato anche allo scriba Meri-Ra, che era "Portatore del ventaglio alla destra del Re" e "Uno che ha l'orecchio del Re" e Ib-Ra-El, che molti archeologi chiamano Aper El, il quale portava con sé un vaso che conteneva Le regole della vita scritte dagli scienziati di Amenofi IV. È famoso per la sua tomba, la TT55, situata nella regione generale delle Tombe dei Nobili, precisamente a Sheikh Abd el-Qurna sulla West Bank a Luxor (antica Tebe).

La tomba è incompiuta, la camera sepolcrale non è decorata e sembra non aver mai ospitato alcun defunto probabilmente perché Ra-Mose iniziò la costruzione di una nuova tomba ad Amarna quando il suo faraone trasferì la capitale alla sua nuova città, questi erano i Leviti.

Tratto dal libro:

Nel Nome di Anima

La filosofia del Mede

Federico Divino

Un'analisi antropologica della natura umana e della funzione psicologica del concetto di cultura.

Primo libro di una serie di saggi incentrati sul tema della "medelogia", la filosofia dell'amore come motore del genere umano.

La storia dell'anima e il suo linguaggio.

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