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Pascolo razionale

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Pascolo razionale
Macrolibrarsi

Pubblicato 2 anni fa
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La migliore soluzione per il benessere del terreno, degli animali, degli allevatori e dei consumatori

Inquinamento di terra, acqua e aria, ma anche deforestazione, sviluppo di Ogm in agricoltura, perdita di biodiversità, sviluppo di zoonosi, concorso all’antibiotico-resistenza: questi i principali, ma non gli unici, danni dell’allevamento intensivo. Basti pensare che, secondo un’analisi di Greenpeace, le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi rappresentano il 17% delle emissioni totali dell’UE, più di quelle di tutte le automobili e i furgoni in circolazione. E non parliamo del benessere animale: basta cercare in rete per trovare video agghiaccianti di allevamenti lager. Eppure un altro modo di allevare c’è, e va oltre il biologico e quello che è il tradizionale pascolo brado all’aria aperta, permettendo di coniugare il benessere degli animali, del suolo, dell’ambiente a quello economico, di un’agricoltura che riesce ad avere buoni margini. Ne parliamo con Matteo Mancini, laureato in Scienze Forestali e Ambientali, coordinatore tecnico dell’ONG milanese Deafal , per la quale si occupa di formazione e assistenza tecnica in Agricoltura Organica e Rigenerativa.

Cos’è il pascolo razionale?
Il pascolo razionale è un insieme di tecniche per il migliore sfruttamento delle risorse foraggiere dei pascoli e per il massimo benessere degli animali, soprattutto quando sono all'aperto.

Cosa si intende per benessere animale?
Parliamo di benessere animale quando un animale ha un sufficiente spazio a disposizione per muoversi e per esprimere i propri comportamenti innati, quando ha foraggio di qualità sempre disponibile. Quando ha acqua a volontà ogni volta che ne ha bisogno. Inoltre, non può mancare l’ombra in estate. Da ultimo, parliamo di benessere animale quando l’animale è libero da paura, stress, sofferenza e dolore. Il pascolo razionale cerca di fornire agli animali
queste condizioni ed è stato visto, da ormai 30-40 anni, che quando si pascola in maniera adeguata e si rispettano le regole del benessere animale, c'è anche un immediato rientro economico per l'allevatore. Infatti salute, benessere e mansuetudine degli animali, insieme ad un corretto piano di pascolamento, favoriscono il migliore uso possibile dei pascoli e delle risorse foraggere.

Quindi che differenza c’è tra il normale pascolo brado all’aperto, in cui gli animali vanno e pascolano dove vogliono in grandi spazi, e il pascolo razionale?
Nel pascolo razionale gli animali vengono spostati continuamente. André Voisin – agricoltore e biochimico francese ideatore di questa tecnica – diceva che gli animali possono stare nello stesso recinto per un massimo di tre giorni. Questo perché
dopo tre giorni dal morso dell’animale la pianta foraggera inizia a richiamare le sostanze di riserva dal colletto per ripartire. In questa fase non deve assolutamente essere ribrucata, perché altrimenti viene messa in crisi. Se noi teniamo gli animali più a lungo che cosa fanno? Vanno a ribrucare la piantina, che magari ha emesso un centimetro di biomassa e che ancora non riesce a fare fotosintesi. Così facendo deprimiamo la sua ricrescita, la indeboliamo. Questo processo è esattamente ciò che accade nel pascolo brado, che è visto spesso come la migliore scelta per il benessere animale e per lo sfruttamento delle risorse foraggere, ma non è esattamente così.

Quali sono i punti deboli del pascolo brado?
Nel pascolo brado, come possiamo vedere facendo una passeggiata nei nostri pascoli appenninici, dove ancora ci sono degli animali, le risorse foraggiere sono messe seriamente e duramente alla prova. Il pascolo brado sfrutta in maniera completamente inadeguata le risorse foraggiere, in quanto gli animali sono liberi di scegliere, di selezionare e vanno a scegliere le piante che più aggradano loro fino a che non le mettono in crisi.
Queste piante vengono messe in crisi perché vengono brucate continuamente, anche quando cercano di riprendersi.

Le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi rappresentano il 17% delle emissioni totali dell’UE

Ci vuole molto spazio per il pascolo razionale?
Non ci vuole molto spazio, anzi è il contrario. Bisogna razionalizzarlo. I nostri progetti, che negli ultimi anni conduciamo con la collega Mariana Donnola – imprenditrice e zootecnica di grande esperienza e capacità – iniziano con un rilievo dei terreni dell’azienda tramite strumentazione GPS. Poi il terreno viene diviso in parcelle più o meno della stessa superficie, considerando le risorse foraggiere e quanto i pascoli riescono a produrre, in modo che le parcelle possano dare da mangiare agli animali per una giornata. Gli animali, dunque, vengono mossi quotidianamente attraverso l’utilizzo dei recinti elettrici e tornano sulla stessa parcella soltanto quando l’erba è ritornata nella condizione ottimale per essere brucata. Quando gli animali tornano lì trovano il loro migliore nutrimento – la pianta è in grado di esprimere al massimo le sue proprietà nutritive in termini proteici - e non devono fare alcuno sforzo per nutrirsene. Anzi è interessante notare che, quando si spostano gli animali da una parcella a un’altra, dopo ventiquattro ore, non hanno selezionato, ma hanno mangiato veramente tutto: aspettano davanti al filo e, quando vanno dall’altra parte, trovano l’erba fresca, che è tutto ciò che vogliono assieme all’acqua e all’ombra, se siamo in estate sopra i trentadue gradi. E non devono fare alcuno sforzo. Quello che vogliono è stare bene, mangiare, avere il pasto a disposizione, bere quando hanno sete.
In questo progetto di pascolamento razionale, noi progettiamo tutto questo. Progettiamo la capacità di carico delle parcelle, progettiamo la rete idrica. Progettiamo anche la rete viaria, perché gli animali devono potersi muovere come in una sorta di scacchiera, a seconda di come arrivano al punto di pascolamento le diverse parcelle. Dobbiamo quindi fare una mini rete viaria all’interno di queste parcelle per poterli spostare.

Rispetto al pascolo brado, quindi, i vantaggi sono che l’animale si nutre in maniera migliore, e che il pascolo, e quindi il terreno, si mantengono più fertili?
Quello che vediamo è che – nel giro di uno, due o tre anni – il pascolo diventa enormemente più produttivo. Si tratta di dati che stiamo accumulando in questi ultimi anni. Quest’anno un’azienda che abbiamo seguito ha guadagnato un mese e mezzo di stagione di pascolamento, con una stagione difficilissima e secca come quella che abbiamo avuto. Questi sono tanti soldi per l’azienda, tanto benessere per gli animali, oltre a un vantaggio per il suolo, che si rigenera molto più rapidamente. Anzi, il pericolo, quando c’è il pascolo brado, è il contrario, cioè la degradazione veloce del suolo. Quando facciamo i nostri corsi, porto sempre questo esempio: «Immaginate dieci gallinelle o anche due gallinelle in uno spazio ristretto. Tenetele lì per due settimane e vedrete che cosa creeranno.
Creeranno un deserto». Quando gli animali non vengono spostati, quando non si parte dalla conoscenza della fisiologia delle risorse foraggiere, avviene il depauperamento velocissimo della risorsa foraggiera stessa, quindi il degrado del suolo

Nel pascolo razionale, le deiezioni degli animali come vengono gestite?
Come nel pascolo brado, rimangono nel terreno, ma vengono digerite dal suolo molto velocemente. Dato che gli animali hanno uno spazio limitato in cui muoversi, calpestano le deiezioni con una frequenza molto maggiore e favoriscono la degradazione della cacca.
Nel pascolo brado, invece, la cacca rimane lì per mesi e la liberazione di molecole azotate inibiscono a lungo la ricrescita dell’erba attorno alla fatta. Anche questo è un danno.

Questo tipo di pascolo, quindi, è un sistema circolare, in cui ci sono dei benefici per tutti gli attori coinvolti?
Assolutamente sì! È quello che stiamo vedendo anche nelle altre aree produttive: lavorare bene con il suolo, rispettare certi parametri porta benefici per tutti. Noi lavoriamo con le aziende, quindi l’aspetto economico deve essere centrale, perché l’agricoltura ha dei margini minuscoli. Il fatto di lavorare bene con il prato, con l’erba, ha delle implicazioni economiche incredibili per tutti, perché se il suolo sta bene produce un’erba migliore in quantità e anche in qualità. Abbiamo visto che dopo qualche anno di pascolamento razionale, spuntano nuove specie, che non vengono dal nulla. Quel prato o quel pascolo ospitavano delle piante foraggiere, dei semi di certe piante, che non riuscivano a esprimersi perché il suolo era degradato e non favoriva la germinazione di quelle specie.

Cosa puoi dirci della qualità dei prodotti che si ricavano dagli animali che pascolano in questo modo?

La carne completamente allevata al pascolo, che è chiamata carne grassi fed e che inizia ad avere un certo riscontro, soprattutto in paesi del Nord Europa, ha una qualità decisamente maggiore rispetto a qualsiasi altro tipo di carne. Studi scientifici hanno dimostrano che si tratta di una carne meno grassa e con un livello di acidi grassi buoni (omega 3) molto più elevato rispetto alla carne di animali ingrassati con farine e concentrati. Ovviamente si tratta ancora di una piccolissima nicchia di mercato, perché la maggior parte della carne che tutti abitualmente consumiamo proviene da animali alimentati con razioni a base di mais e soia. Si tratta di prodotti energetici che permettono all’animale di aumentare velocemente di peso e che conferiscono alla carne una certa morbidità.
È quello a cui siamo abituati e che ha tutti i risvolti negativi che conosciamo. In questo senso il pascolo razionale ha un impatto positivo su tutti i soggetti coinvolti: animali, suolo, agricoltori, consumatori.

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