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Fischia il vento… ma quale vento? Parte 2

MeteoSvizzera-Blog | 22 gennaio 2024
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Continuiamo il nostro viaggio nel magico mondo di Eolo. Munscendrin, Ghiridon o Maggiora non vi ricordano niente? Andiamo a vedere un po' più da vicino alcuni tipi di vento, dal locale a una scala più globale.

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Dal locale al globale: la classificazione dei venti

In generale i venti vengono classificati in cinque grandi famiglie: i venti costanti, quelli periodici, quelli da una direzione fissa ma più irregolari in frequenza ed intensità, quelli dove l’influsso orografico gioca un ruolo fondamentale e quelli locali. Luca Nisi: “a un vento è assegnato un nome proprio (ce ne sono davvero moltissimi) in base alla sua provenienza, alle caratteristiche della massa d’aria (calda, fredda, umida o secca), alla zona dove è presente e in parte anche in base alla sua velocità. Il vento da nord può essere per esempio allo stesso tempo il maestrale sul Mar Ligure e Tirrenico, favonio da nord nelle vallate alpine e bora nell’Adriatico settentrionale. Il favonio può provenire da tutte le direzioni, in quanto è una corrente che si forma nel versante “sottovento”, come già visto nella puntata proprio dedicata a questo vento particolare che ci tocca da vicino".

Partendo da una scala locale, in Ticino abbiamo diversi venti tipici:

Scirocco: quando invece abbiamo un’area di bassa pressione sull’Europa occidentale e una di alta pressione sull’Europa orientale, le correnti soffiano sulle Alpi dal settore sud. In queste situazioni l’aria che affluisce è umida e mite, provenendo in buona parte dall’area mediterranea. Sull’Italia spesso soffia lo scirocco, che quando è particolarmente intenso riesce anche a raggiungere il Ticino, favorendo spesso lo sviluppo di forti precipitazioni.

Il vento da nord, o favonio

Tramontana: è una brezza di terra e di monte che soffia il mattino presto, scendendo dai pendii verso il lago.

Inverna: la troviamo sul Verbano ed è un vento apprezzato dai velisti. Essendo una brezza di lago si leva nel tardo mattino o all’inizio del pomeriggio e risale il lago. Il suo rinforzo o una sua formazione inconsueta preludono a un cambiamento del tempo.

Invernone: corrente da est che attraverso la Valpadana raggiungendo il Verbano, rinforzando l’inverna. È un ottimo indicatore di un cambiamento del tempo, verso un cielo nuvoloso, a volte anche con precipitazioni.

Marenca: vento raro, presente solo poche volte all’anno. Si tratta di aria proveniente dal mare che precede il brutto tempo e provoca onde lunghe e alte sul Verbano. A volte può scendere anche dal lago Delio. Eventualmente è un prolungamento del libeccio.

Valmaggino: è provocato dal vento da nord oppure quando è presente tempo perturbato in Valle Maggia. In questi casi delle forti raffiche interessano tutto il lago Verbano a nord di Luino.

Verzaschino: vento da nord provocato dalle discendenze di aria fredda in caso di temporali in alta Valle Verzasca, esso raggiunge il bacino superiore del lago Verbano in provenienza dalla Verzasca.

Montecenerino o “munscendrin”: vento generato da correnti da est o sudest che dal Monte Ceneri raggiungono il bacino superiore del lago Verbano con raffiche forti, producendo onde importanti.

Ghiridon: raro, vento catabatico dal Ghiridone, legato a fenomeni temporaleschi. È un vento pericoloso siccome scende con forti raffiche dalla montagna, perpendicolarmente al lago Verbano, a picco verso Brissago.

Maggiora: è il nome dato a Valmaggino e Montecenerino quando spirano contemporaneamente verso il Verbano. Foriero di tempesta, molto pericoloso, può causare onde alte e irregolari che possono superare il metro.

Breva: questo vento termico da sud spira regolarmente il pomeriggio in condizioni meteorologiche stabili. Equivale all’inverna sul Lago Maggiore ma si sviluppa sul Ceresio. Quando sulla pianura padana c’è brutto tempo esso può rafforzarsi notevolmente e provocare raffiche specialmente da Capolago verso nord.

Porlezzina: in caso di cattivo tempo o in preparazione di questo, spira da est sul Ceresio, da Porlezza verso Paradiso.

Caronasca: vento da sud, preludio di cambiamento del tempo, che dalla zona di Carona scende verso il golfo di Lugano. Può provocare onde alte sul lago Ceresio.

A livello svizzero, oltre al favonio, possiamo citare anche qualche vento ben conosciuto soprattutto a nord delle Alpi:

La bise: è un vento proveniente da nord-est che soffia specialmente sull’Altopiano. In estate la bise porta aria secca e temperature solitamente usuali per la stagione. In inverno l’aria fredda e relativamente umida della bise favorisce la formazione di nuvolosità a bassa quota. La bise si sviluppa quando un’area di alta pressione si trova sulle zone settentrionali del Centro o Nord Europa e un’area di bassa pressione sul Mediterraneo. La zona di alta pressione impedisce che le depressioni provenienti dall’Atlantico entrino sull’Europa e convoglia una corrente da est o nord-est sul suo margine meridionale, interessando anche la regione alpina e la Svizzera.

Joran: a dipendenza della posizione delle aree di alta e bassa pressione sul continente europeo il vento in Svizzera può soffiare da diverse direzioni. Quando il vento soffia da nordovest o da nord, l’aria che arriva in Svizzera è più fredda e meno umida rispetto alle classiche correnti da ovest. Se le correnti nord-occidentali sospingono un fronte freddo verso le Alpi, l’aria fredda scavalca le montagne del Giura e scende lungo i suoi versanti meridionali generando in parte forti raffiche. Questo vento da nord-ovest è molto localizzato ed è denominato Joran.

A livello più generale, possiamo invece suddividere i venti nelle seguenti classi:

I venti occidentali: sono i venti predominanti da ovest che soffiano su larga scala alle medie latitudini, indicativamente tra 35° e 60°, sia nell’emisfero boreale che in quello australe. Anche la Svizzera è interessata da frequenti correnti da ovest, ma non sempre. Sono venti, anche se frequenti, relativamente irregolari, sia in direzione che velocità. In meteorologia le correnti da ovest vengono indicate anche con l’aggettivo “zonale”, ovvero “corrente zonale”.

I venti anabatici e catabatici: sono venti legati alla presenza di orografia complessa o gradienti termici (differenze). In questa categoria rientrano le brezze o venti su una scala più grande che sono forzati a salire o scendere un versante di una montagna. Prendiamo l’esempio del favonio (già visto nella puntata dedicata de #lameteospiegata): nel versante dove lo sbarramento ha luogo (versante sopravento) la corrente è forzata a salire portando a condensazione (raffreddamento per decompressione) ed eventualmente alla formazione di precipitazioni. Questo vento è denominato anabatico. Sul versante sottovento dove l’aria scende scaldandosi per compressione, la corrente favonica che si forma è invece una corrente catabatica. Come scritto in precedenza anche forti contrasti termici possono innescare questo tipo di vento: famosi sono i venti catabatici, gelidi e tempestosi, che sono innescati dall’aria molto fredda che scende dagli altopiani della Groenlandia o in Antartide.

I venti locali: venti molto irregolari, tipici delle zone temperate, innescati dalle zone di bassa e alta pressione, nonché dalla loro interazione con la superficie terrestre. Come già anticipato, sono moltissimi e il loro nome dipende dalla regione dove spirano.

I venti costanti: come dice il loro nome sono venti estremamente regolari sia in frequenza si in direzione. Sono strettamente legati alla circolazione atmosferica globale, come già spiegato nella scorsa puntata. Ogni emisfero vanta di tre di questi venti: i venti polari nord orientali, i venti tropicali sudoccidentali e gli alisei nord orientali. Rispettivamente nell’emisfero sud troviamo: gli alisei sudorientali, venti tropicali nordoccidentali e i venti polari sudorientali.

Dal Mediterraneo al globo, un’infinità di venti e denominazioni

Se dalla lista “locale” riportata sopra c’è da notare come la maggior parte dei venti interessi delle zone presso il lago Maggiore o Ceresio, “se ci spostiamo nel bacino del Mediterraneo invece, a dimostrazione che il vento per la navigazione è un elemento molto importante (in passato lo era ancora di più), la lista dei tipi di vento si allunga a dismisura” commenta Nisi.

Scendendo la scala: le tipologie di brezze

La brezza è un vento generalmente debole e piuttosto regolare (anche se ci sono alcune eccezioni causate da particolari configurazioni orografiche), innescato da variazioni locali o regionali della pressione atmosferica causate da differenze di temperatura (causate loro stesse da differenze d’irraggiamento solare sulla superficie). “Le tipiche velocità delle brezze sono comprese tra i 7 e i 20 km/h, ma in alcuni luoghi può raggiungere anche i 30-40 km/h, come ad esempio – per quel che riguarda il Ticino – nella parte alta della val Riviera e nella zona di Cevio. La brezza è più intensa in condizioni anticicloniche e in assenza di altri venti locali. Si tratta di un vento con frequenza giornaliera, che tipicamente cambia direzione di 180° due volte durante le 24 ore”.

Nella regione alpina troviamo due tipologie di brezza: monte e valle (tipo di vento catabatico e anabatico). “Quando siamo in presenza di orografia, e quindi di rilievi, le differenze dell’irragiamento solare sulla superficie terrestre a causa dell’altitudine, dell’esposizione e dell’inclinazione creano delle differenze di temperatura e di pressione. All’alba solo le cime e i versanti delle montagne rivolti verso est ricevono radiazione solare. Con il trascorrere delle ore, via via anche le zone poste a quote più basse vengono riscaldate. L'aria calda risale quindi i pendii delle montagne e, “perdendo” aria, la pressione atmosferica sul fondovalle diminuisce richiamando altra aria “sostitutiva” dalla parte più bassa delle vallate. Si genera quindi un movimento d'aria dalla valle verso la montagna. Durante le ore notturne la situazione si inverte: l’aria in quota si raffredda più velocemente e l'aria fredda più pesante scivola verso il fondovalle.

Infine, in presenza di grandi laghi o mari, abbiamo la brezza di mare e quella di terra. “La brezza marina, un vento diurno che spira nelle zone costiere dal mare verso terra, e causato dal diverso calore specifico dell’acqua rispetto al suolo terrestre. L'acqua, che ha un calore specifico più elevato rispetto al terreno, si riscalda e si raffredda più lentamente rispetto al suolo, che cede calore all'aria con una maggior rapidità. Di giorno quindi il terreno – scaldandosi velocemente – riscalda l'aria che lo sovrasta e questa tende ad innalzarsi con la spinta di galleggiamento, perché più leggera. Questo causa una diminuzione della pressione atmosferica a livello della superficie terrestre, di conseguenza l'aria che si trova sopra la superficie del mare, più fresca e in una zona a pressione maggiore si sposta verso la terraferma. È quel venticello molto apprezzato quando ci troviamo in spiaggia o in riva a un grosso lago. Anche in questo caso poi durante la notte la situazione s’inverte: il terreno si raffredda più velocemente del mare: la zona di bassa pressione si sviluppa quindi sopra l'acqua. Questa situazione genera un vento inverso, ovvero dalla terraferma verso il mare. Se andate in spiaggia alla sera, meglio se non vicino a una grossa città in quanto l’effetto isola calore disturba, impedisce o rallenta questa brezza, noterete questo vento caldo provenire dall’entroterra.

Per questa seconda puntata dedicata al vento è tutto...nella terza e ultima parte, che verrà pubblicata domani, andremo scoprire alcuni termini specifici come "downburst" e "wind shear", andremo a dare un'occhiata a qualche record e vedremo l'interazione del vento con le attività degli esseri umani.

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#lameteospiegata è una serie RSINews, in collaborazione con MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.