Attacchi di fame: da cosa dipendono e come controllarli

Attacchi di fame: da cosa dipendono e come controllarli
Ultima modifica 29.11.2022
INDICE
  1. Regolazione ormonale della fame: come avviene?
  2. Fattori psicologici che influenzano la fame
  3. Come controllare la fame?

Avere fame significa: percepire un nitido, viscerale, fisico, psicologico e istintivo bisogno di mangiare. Diverso è "l'appetito" che, se per molti rappresenta semplicemente "l'anticamera" della fame, per altri costituisce più che altro un desiderio, cioè una necessità psicologica di mangiare – che non dipende dai meccanismi neuro-endocrini che descriveremo sotto.

Quando si parla di attacchi di fame si intendono episodi caratterizzati dall'insorgenza rapida, intensa e difficilmente controllabile del desiderio di mangiare cospicue quantità di cibo.

La fame è uno stimolo fisiologico essenziale alla sopravvivenza delle specie animali. "Dovrebbe" insorgere ogni qualvolta l'organismo necessiti di nutrienti, soprattutto di tipo calorico, grazie ad un delicato e complesso equilibrio neuro-endocrino che vede coinvolti ormoni, recettori, neurotrasmettitori, omeostasi di varie componenti sanguigne (soprattutto glicemia) e, ahinoi, lo stato emotivo della persona.

Come la sete, il sonno, il desiderio sessuale e tutto ciò che sembra direttamente connesso a certi aspetti fisiologici, la fame è una delle cosiddette "pulsioni primarie", ovvero quelle concepite per sovrastare qualsiasi altra "necessità" secondaria.

Per chiarezza...

L'essere umano "sano", dotato di consapevolezza e coscienza, con cognizione di causa, è mentalmente capace di "gestire" qualsiasi pulsione primaria grazie all'autocontrollo.

Ciò detto, sottovalutando questi stimoli, si corre il rischio di andare incontro a pensieri e comportamenti disfunzionali; parlando di fame, è proprio questo il meccanismo che sta alla base delle famose abbuffate (anche non patologiche).

Dal lato opposto, un'eventuale compromissione della fame non sia mai un segnale positivo.

L'inappetenza e l'anoressia, infatti, sono considerate sintomi / segni clinici potenzialmente gravi – o comunque da non sottovalutare - per possibili malattie / condizioni disagevoli sia fisiche che psicologiche.

Fortunatamente, ad oggi, "in Italia non si muore di fame". Da un lato la precarietà economica viene compensata dai cosiddetti ammortizzatori sociali e da molti altri servizi / aiuti, dall'altro eventuali patologie possono essere diagnosticate e curate dalla sanità pubblica.

Curiosamente, ad oggi, la forma di malnutrizione più diffusa è l'ipernutrizione; responsabile - assieme alla sedentarietà - di obesità, dismetabolismi ed eventi cardio-cerebro-vascolari, l'eccesso alimentare costituisce una vera e propria causa di mortalità e invalidità permanente.

E' quindi comprensibile che la maggior parte dei gentili lettori si stia approcciando a questo breve articolo con l'intento di gestire meglio la fame; ma anche in tal caso, bisogna sempre tenere conto del fatto che, per il corpo e per la mente, "lil desiderio di nutrirsi è un aspetto sano della persona, non malato, perché implica sempre un forte de desiderio di andare avanti".

Com'è inoltre dimostrato dall'esperienza clinica degli ultimi decenni, non è mai saggio tentare di "sopprimere" la fame. Al contrario, risulta determinante comprendere in che modo prevenirne l'eccessiva intensità o come rispondervi in maniera proporzionata.

In questo breve articolo metteremo in luce i vari meccanismi di regolazione della fame e cercheremo, con la maggior capacità di sintesi possibile, di suggerire in che modo "equilibrare" le pulsioni alimentari allo stile di vita o viceversa.

Regolazione ormonale della fame: come avviene?

Nell'uomo, il controllo dell'assunzione di cibo richiede il coinvolgimento di molti fattori. In caso di attacchi di fame, quindi, le cause sono da ricercare su più fronti.

A livello centrale (SNC), ben due centri ipotalamici, influenzati da neurotrasmettitori, ormoni e recettori, inviano segnali che spingono o sopprimono la ricerca di cibo.

In condizioni di digiuno si attiva il centro della fame, mentre nel post-prandiale subentra quello della sazietà.

Tali centri ricevono innumerevoli segnali regolatori, diversamente rilevanti ed impattanti sul processo.

L'intensa ricerca sui meccanismi fisiologici alla base dell'obesità ha oggi portato alla formulazione di due teorie: teoria glucostatica e teoria lipostatica.

Teoria glucostatica

Secondo la teoria glucostatica, l'elemento più importante per la regolazione della fame sarebbe la glicemia (concentrazione di glucosio nel sangue), costantemente monitorata da recettori cerebrali.

Al diminuire della glicemia si innesca lo stimolo della fame; viceversa, quando il glucosio ematico aumenta, il cervello sopprime la fame.

Chi mangia poco spesso, o segue una dieta eccessivamente ipocalorica, o troppo povera di carboidrati (low-carb), può sperimentare attacchi di fame.

Teoria lipostatica

Secondo la teoria lipostatica, i centri della fame e della sazietà sarebbero influenzati dall'entità dei depositi di grassi nel tessuto adiposo.

  • Quando il trofismo delle scorte lipidiche diminuisce, il centro della fame stimola l'assunzione di cibo;
  • Quando i depositi adiposi vengono ricostituiti, il cervello riceve un segnale inibitorio sullo stimolo della fame.

Il mediatore ormonale che agisce sui centri nervosi della sazietà è chiamato leptina. Codificato dal gene OB, questo ormone viene prodotto dagli adipociti che si svuotano dei grassi che li riempiono.

In definitiva:

  • Ingrassando, le cellule adipose crescono e aumenta parallelamente la leptina, che sopprime la fame;
  • Dimagrendo, le cellule adipose si sgonfiano e si abbassa di conseguenza la leptina, che aumenta la sensazione di fame.

Persone a stretto regime ipocalorico e in sottopeso, o comunque con valori di massa grassa non idonei (soprattutto in base alla soggettività), possono sperimentare attacchi di fame.

A supporto della teoria lipostatica è stato pubblicato un interessante studio sulla relazione positiva tra leptina e sovrappeso. Nella sperimentale in questione, topi privi del gene OB ingrassano velocemente.

Le cose non sono però così semplici nell'uomo, dato che molti obesi sono tali pur presentando elevate concentrazioni plasmatiche di leptina.

Quale delle due teorie è corretta?

Sicuramente entrambe, ma non solo; il rapporto tra fame e assunzione di cibo è infatti regolato da molti altri fattori.

La teoria glucostatica spiega per quale ragione le persone "non allenate al digiuno" devono per forza consumare pasti a non più di 2-3 ore di distanza uno dall'altro.

La teoria lipostatica invece, spiega per quale ragione un bodybuilder o uno sportivo costretto a "rimanere in peso", a parità di calorie, accusa più fame in condizioni di bassa percentuale di massa grassa.

In determinate circostanze, sia una inefficacie/inefficiente regolazione glicemica che valori di body fat troppo bassi possono coesistere aggravando gli attacchi di fame.

Altri meccanismi di regolazione della fame

L'intricato sistema di feedback della fame, tuttavia, è composto da numerosi aspetti fisici, chimici, meccanici e psicologici, responsabili della produzione e ricezione di specifici mediatori neuro-endocrini (soprattutto di natura peptidica). Vediamone alcuni.

Alcuni peptidi che modulano l'assunzione di cibo
TIPO DI PEPTIDE ORIGINE DI SINTESI
Che aumentano l'assunzione di cibo
Neuropeptide Y (NPY) Ipotalamo
Orexine (dette anche ipocretine) Ipotalamo
Galanina Ipotalamo
Ormone concentrante la melanina (MCH) Ipotalamo
Grelina Stomaco
Che diminuiscono l'assunzione di cibo
CCK Intestino tenueneuroni
Ormone di rilascio della corticotropina (CRH) Ipotalamo
Ormone α-melanostimolante (α-MSH) Ipotalamo
CART (Cocaine and Amphetamine Regulated Transcript) Ipotalamo
Peptide glucagone-simile 1 (GLP-1) Intestino
Enterostatina Intestino
PYY3-16 Intestino
FONTE: Fisiologia. Un approccio integrato Silverthorn Dee U.

È quindi deducibile che gli attacchi di fame possano imputarsi ad una multifattorialità.

Fattori psicologici che influenzano la fame

Il trattamento dell'obesità deve tenere in considerazione la globalità della persona.

In assenza di specifiche e particolari malattie metaboliche o endocrine, l'iperalimentazione dell'obeso non è provocata solitamente da un "reale" bisogno di cibo. A monte insistono invece cause prevalentemente psicologiche ed emotive, comportamentali, culturali.

Stress, frustrazioni ed eventi negativi, ansietà e depressione sono un vero e proprio flagello per chi soffre di sovrappeso; non solo perché incidono sullo stimolo della fame, ma anche – e forse soprattutto – perché interferiscono con le abitudini generali.

Inutile dire che, mangiando, si può godere di una serie di reazioni neuro-endocrine solitamente responsabili di "immediato appagamento".

Nei soggetti che non possiedono gli strumenti o le conoscenze o l'educazione o l'esperienza (vissuta) necessari a comprendere "cosa fare", "cosa evitare" e "perché", la ricerca di "benessere" sfocia continuamente nei comportamenti più facili ed accessibili, ma disfunzionali:

  • Mangiare "cibi innaturali", sia sul piano gustativo, sia a livello di consistenza (si pensi ai dessert cremosi, alle caramelle, alle patatine fritte e altri snack salati, alle bevande dolci gassate ecc.);
  • Bere alcolici e fumare.

Infine, ma non meno importante, esiste un certo numero di casi in cui semplici disagi psicologici evolvano in veri e propri disturbi e malattie psichiatrici.

Il disturbo da alimentazione incontrollataBinge Eating Disorder (BED) – è una patologia psichiatrica nella quale si manifestano (nel rispetto di specifici criteri diagnostici) episodi bulimici ma senza meccanismi di purgazione o compenso (invece tipici della Bulimia Nervosa).

Il binge eater mangia in modo compulsivo "qualsiasi cosa" e "senza alcun criterio od ordine" e, soprattutto, mentre lo fa è in una condizione mentale di non totale coscienza/consapevolezza. A dimostrazione di ciò, molti di questi soggetti hanno ricordi solo parziali, distorti, della già avvenuta perdita di controllo.

Tutto ciò si accompagna sempre a sentimenti di negatività, sia nei confronti della propria immagine corporea, sia per una bassa autostima generale, sia per gli episodi bulimici stessi; spesso insistono comorbilità psichiatriche come la depressione.

Sia chiaro: la relazione tra obesità e BED è unidirezionale; nel senso che tutti i BED hanno problemi di peso, ma sono fortunatamente sono pochi gli obesi ad essere afflitti da BED.

Ciò non toglie, comunque, che una buona porzione delle persone con gravi problemi ponderali nasconda profondi diagi psicologici.

Per questo, la presenza di attacchi di fame difficilmente controllabili nell'obeso è una circostanza da non sottovalutare.

Come controllare la fame?

Il circolo vizioso degli attacchi di fame va spezzato agendo su più fronti.

Il passo "zero" è quello di domandarsi se sia il caso o meno di chiedere aiuto.

Per qualche ragione, molti si intestardiscono a voler "fare da soli". Potremmo definirlo l'atteggiameno meno adeguato in assoluto.

Che il problema sia di tipo nutrizionale, o che invece abbia radici psicologiche, un professionista di settore potrebbe fornire il giusto aiuto per risolvere più rapidamente ed efficacemente possibile il problema.

Il primo passo è di bilanciare la dieta e di ripartire adeguatamente i pasti.

È impossibile non avere attacchi di fame se la dieta è insufficiente. Un taglio calorico di 350-500 kcal, tra femmine e maschi, è generalmente sufficiente. Al massimo, è possibile rimuovere circa il 30 % dell'energia, ma questa percentuale può non essere adeguata a tutte le casistiche.

A chi trascorre molte ore senza mangiare, è bene rammentare non tutti hanno la stessa tolleranza al digiuno. Alcune persone mostrano una stabilità glicemica più precaria di altre. Soprattutto in questi casi, è determinante mangiare a non più di 2-3 ore di distanza.

Tanto più si ha difficoltà, tanto più abbondanti dovranno essere gli spuntini e invece meno cospicui i pasti principali.

Il secondo è di mangiare in maniera "pulita", ovvero semplice e sana.

Questo perché mangiando in maniera corretta, le porzioni aumentano considerevolmente e, di conseguenza, la percezione di sazietà.

Ciò non significa restringere le proprie scelte esclusivamente a petto di pollo alla piastra, riso integrale lesso e insalata scondita – anche se, di tanto in tanto, non farebbe certo male; ma semplicemente di assicurarsi che i pasti abbiano un contenuto nutrizionale apprezzabile, senza eccesso di grassi o di zuccheri, con una buona percentuale di acqua e di fibre.

Gli ingredienti di base dovranno quindi essere tendenzialmente "non lavorati" e possibilmente freschi.

Imparare a cucinare aiuta molto!

Il terzo è di non escludere né carboidrati, né grassi.

I carboidrati sono molto "pratici" per mantenere una buona stabilità glicemica anche in caso di richiesta impellente di energia – ad esempio quando ci si allena o si pratica un lavoro pesante.

I grassi sono determinanti a molte funzioni dell'organismo – si vedano le vitamine liposolubili e i grassi essenziali – e, inoltre, partecipano a rallentare lo svuotamento gastrico e a "completare" il senso di sazietà.

Uno o due cucchiai d'olio a pasto non dovrebbero mai mancare, nemmeno nelle diete ipocaloriche dimagranti.

Il quarto è di tenere conto delle attività extra, sia nella ripartizione dei pasti, sia nel conteggio del monte calorico giornaliero.

A parità di calorie introdotte con la dieta, inserendo attività supplementari si ottiene un cambiamento del bilancio calorico giornaliero.

Andare a lavorare in bicicletta, ad esempio, o passeggiare 3 volte al giorno con il cane, o potenziare la tabella di allenamento, sono esempi di come banali cambiamenti possono aumentare il costo energetico e promuovere gli attacchi di fame.

Il quinto è di evitare assolutamente gli alcolici.

L'alcol etilico, essendo insulino-stimolante e quindi ipoglicemizzante, è fortemente "aperitivo"; inoltre, riduce i freni inibitori.

Avere la pretesa di bere senza poi poter mangiare sarebbe poco intelligente.

Il sesto è di non saltare i pasti o di non sostituirli con bevande a zero calorie o acqua o, peggio, con una sigaretta – le ragioni sono ovvie.

Autore

Dott. Riccardo Borgacci

Dott. Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer