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26 specie animali che l’uomo sta spingendo verso l’estinzione

I leader della Cop26 adotteranno le misure urgenti necessarie per fermare il drastico declino delle specie animali del mondo?

da Lauren Jarvis


pubblicato 11-11-2021

FOTOGRAFIA DI JOEL SARTORE, NATIONAL GEOGRAPHIC PHOTO ARK

Per alcuni la parola “estinzione” appartiene a un’epoca antica caratterizzata da ere glaciali e asteroidi e animali quasi mitici come dinosauri e dodo. Ma proprio adesso l’estinzione sta avvenendo a un ritmo sconcertante, spesso in silenzio e davanti ai nostri occhi.

Gli ultimi 540 milioni di anni di storia della Terra hanno visto cinque estinzioni di massa. Gli scienziati ritengono che ci troviamo attualmente nel bel mezzo della sesta – l’estinzione dell’Antropocene – che vede l’attività umana accelerare il tasso di perdita delle specie da 1.000 a 10.000 volte in più rispetto al ritmo naturale.

GLI EFFETTI DELLA DEFORESTAZIONE

I super predatori umani rimodellano il paesaggio della Terra da quando i nostri antenati hanno assunto la posizione eretta e dall’Africa si sono diffusi nel resto del mondo, annientando le altre creature terrestri, sia direttamente attraverso la caccia e il consumo, che indirettamente attraverso sovrappopolazione, distruzione degli habitat, agricoltura, inquinamento, introduzione di specie invasive e cambiamento climatico.

La Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ovvero la fonte di informazioni più completa sullo stato di rischio di estinzione globale di specie animali, fungine e vegetali, ha stimato l’esistenza di 138.300 specie ad oggi, di cui il 28% è a rischio di estinzione. Le popolazioni di fauna selvatica sono diminuite a livello globale in media del 68% dal 1970, mentre il 51% di tutte le specie native sono classificate come in pericolo, quasi minacciate, o già estinte.

“La crisi della natura è urgente e importante quanto la crisi climatica”, ha dichiarato a National Geographic il presidente di Natural England Tony Juniper. “È di vitale importanza intensificare gli sforzi per arrestare e invertire la rotta del declino. Natural England è pronto a collaborare con il governo con questo obiettivo, anche attraverso l’ambizioso piano di ripristino ambientale Nature Recovery Network, che prevede non solo il miglioramento delle nostre aree protette, maggiori spazi verdi e zone alberate in centri abitati e città e il ripristino di habitat perduti, tra cui boschi, zone paludose e brughiere, ma anche il ritorno di specie perdute”.

La COP26 del 2021 a Glasgow offre un’opportunità per fermare il declino della biodiversità globale causato dall’uomo, invertire il processo di distruzione della natura, arrestare la catastrofe climatica e salvare le specie in pericolo del pianeta – inclusa la nostra. Se non riusciremo ad affrontare queste sfide nei prossimi dieci anni, dichiarati dalle Nazioni Unite Decennio per il ripristino degli ecosistemi, la conseguenza potrebbe essere un cambiamento irreversibile del nostro mondo. In questo momento cruciale della storia della Terra, diamo uno sguardo ai 26 animali destinati all’estinzione se non vengono intraprese da subito azioni urgenti, e ascoltiamo la voce degli ambientalisti che stanno cercando di riscrivere il capitolo finale delle loro straordinarie storie.

Vaquita (focena del Golfo di California)

Si stima che siano rimasti solo sei esemplari di questa piccola focena endemica del mare di Cortez, nella parte settentrionale del Golfo di California in Messico. Il loro destino è tragicamente intrecciato a quello del loro vicino marino, il totoaba, soprannominato ‘la cocaina del mare’. Nonostante il divieto permanente di pesca emanato nel 1975, il totoaba viene pescato illegalmente per la sua vescica natatoria, molto ricercata in Asia per le sue (non dimostrate) proprietà medicinali. La focena del Golfo di California (conosciuta anche con il nome di vaquita), è il mammifero marino più minacciato al mondo a causa delle grandi reti da posta dei bracconieri in cui rimane impigliata. Il movimento internazionale per la salvaguardia degli oceani Sea Shepherd pattuglia la zona del Rifugio della vaquita dell’UNESCO, affrontando i pescherecci e rimuovendo le reti. “Ogni rete che viene rimossa dall’oceano significa la salvezza per innumerevoli creature marine e concede una possibilità alla focena del Golfo di California”, afferma Peter Hammarstedt, direttore delle campagne di Sea Shepherd Global.

Gorilla di pianura orientale

I gorilla – i più grandi primati al mondo nonché i nostri più stretti parenti viventi – continuano ad essere esposti a forti minacce, dalla perdita dell’habitat alle malattie, dal bracconaggio all’estrazione mineraria, che determinano un’elevata variabilità delle popolazioni in alcune delle regioni in cui vivono. Oltre 200 guardie forestali sono state uccise nel Parco nazionale dei Virunga (Repubblica Democratica del Congo) mentre erano in servizio in difesa dei gorilla di montagna e di pianura orientale, e al contempo il collasso del turismo a causa della pandemia di COVID-19 ha portato a una perdita di reddito e un aumento della caccia di frodo. Il gorilla beringei graueri o gorilla di pianura orientale occupa attualmente solo il 13% del proprio areale originario, dopo aver subito un calo del 60% nella sua popolazione nell’arco degli ultimi decenni, ed è classificato come specie in pericolo critico, a un passo quindi dall’estinzione. L’organizzazione Dian Fossey Gorilla Fund sta collaborando con i proprietari terrieri locali per sviluppare pratiche di gestione sostenibile nell’habitat del gorilla di pianura orientale. “I dati mostrano che i gorilla che vivono nelle foreste gestite dell’organizzazione stanno molto bene”, afferma Tara Stoinski, presidente, amministratore delegato e responsabile scientifico dell’organizzazione. “Le persone che abitano nell’area protetta della Nkuba Conservation Area (NCA) dimostrano che è possibile proteggere la biodiversità nelle aree naturali e gli animali che le abitano, costruendo al contempo comunità umane forti e solidali: questo mi dà speranza per il futuro”.

Gatto selvatico scozzese

Estinto in Inghilterra e nel Galles, il gatto selvatico scozzese trova la sua ultima roccaforte nelle Highlands scozzesi, l’unica area a ospitare l’ultima specie di gatto nativo della Gran Bretagna, che vive nelle foreste ai limiti delle brughiere. Perdita dell’habitat, caccia, ibridazione con il gatto domestico e malattie hanno decimato la Highland tiger (tigre delle Highlands, come viene soprannominata questa specie di gatto selvatico, NdT), di cui attualmente si stima una popolazione di meno di 400 esemplari in natura, un numero che ne minaccia l’esistenza futura.

Il programma Saving Wildcats è un progetto di partnership europea con la supervisione della Royal Zoological Society Scotland (RZSS), che prevede l’allevamento dei gatti selvatici in cattività presso il Parco della fauna delle Highlands della RZSS all’interno del Parco nazionale di Cairngorms e della riserva Alladale Wilderness Reserve, e mira a reintrodurre in natura 20 gatti selvatici all’anno.

Pangolino

Il pangolino, prima una specie poco conosciuta, negli ultimi anni è diventato tristemente noto in quanto specie simbolo del traffico illegale di fauna selvatica. Secondo Traffic, la rete di monitoraggio del commercio di fauna selvatica, negli ultimi dieci anni sono stati commercializzati fino a un milione di pangolini. “Tutte le otto specie di pangolino sono ora classificate come in pericolo dall’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), e pur essendo protetti da leggi nazionali e internazionali, questi animali rimangono molto richiesti in Cina e Vietnam per la loro carne e le loro scaglie, usate nella medicina tradizionale asiatica”, afferma Michela Pacifici, ricercatrice presso il programma Global Mammal Assessment (GMA), che fornisce informazioni per la Lista rossa delle specie minacciate dell’IUCN. “Un’efficace applicazione delle leggi, la riduzione della domanda delle parti del pangolino e la collaborazione con le comunità locali sono tutti aspetti chiave per la preservazione della specie”.

Balena franca nordatlantica

La balena franca nordatlantica è una delle grandi balene più minacciate al mondo, avendo subito anni di sfruttamento da parte dell’uomo che l’ha portata sull’orlo dell’estinzione a seguito dell’attività commerciale dei balenieri a partire dagli anni ’90 del 1800 (nel suo nome inglese North Atlantic right whale la parola “right” significa “giusta”, a indicare tra i balenieri che è la balena giusta da cacciare). Nonostante sia legalmente una specie protetta dagli anni ‘30, ne rimangono meno di 400 esemplari, a causa delle reti da pesca nelle quali rimane intrappolata, delle collisioni con le navi e del cambiamento climatico che impedisce il recupero della sua popolazione. “Le Seasonal Management Areas (aree di gestione stagionale, NdT) dovrebbero considerare le rotte migratorie delle balene, nonché le loro attività di foraggiamento e riproduzione, per aiutare a mitigare il problema delle collisioni. Sono urgentemente necessarie anche restrizioni più rigide in merito all’uso di certe attrezzature da pesca”, afferma Michela Pacifici del programma Global Mammal Assessment (GMA).

Microcebo di Madame Berthe

Il più piccolo tra i microcebi, nonché il più piccolo primate al mondo con una massa corporea di appena 30 grammi, il microcebo di Madame Berthe è uno dei lemuri più a rischio di estinzione. Vive solo nelle foreste frammentate della regione di Menabe, nel Madagascar occidentale, con un areale totale stimato di soli 35.000 ettari, ed è fortemente minacciato dalle attività di disboscamento, dalle pratiche agricole che prevedono l’abbattimento e l’abbruciamento di zone boschive e dalla produzione di carbone. “Il tasso di deforestazione annuale a Menabe ha superato i 4.000 ettari nel 2017 e 2018”, afferma Piero Visconti, ricercatore senior e responsabile del gruppo di ricerca del Biodiversity, Ecology and Conservation Group (BEC, gruppo per la conservazione, ecologia e biodiversità, NdT). “Se la deforestazione continua a questo ritmo, l’habitat rimanente e gli esemplari che ci vivono verranno azzerati nei prossimi dieci anni”.

Scoiattolo rosso

Un tempo simbolo delle zone rurali del Regno Unito, lo scoiattolo rosso ha visto un declino nella sua popolazione che da 3,5 milioni è scesa a meno di 140.000 esemplari, rispetto all’attuale stima di 2,5 milioni di esemplari di scoiattolo grigio nordamericano non nativo, introdotto nel 1876. “Gli scoiattoli grigi estraggono più energia dai semi, mangiano più velocemente e prevalgono sugli scoiattoli rossi, che vengono soppiantati”, spiega Heinz Traut, responsabile di progetto per il gruppo ambientalista Red Squirrels Northern England, supportato dal programma di recupero Species Recovery Programme (SRP) di Natural England. “A questo si aggiunge il letale virus squirrelpox, di cui gli scoiattoli grigi sono portatori asintomatici, che determina conseguenze disastrose per i nostri scoiattoli rossi”. Il controllo della fertilità degli scoiattoli grigi, la modificazione genetica e il controllo mediante predazione con la martora eurasiatica sono tutti potenziali rimedi per salvare lo scoiattolo rosso dal pericolo di estinzione. 

Rinoceronte di Sumatra

I rinoceronti abitano questo pianeta da 50 milioni di anni. Con il rinoceronte bianco settentrionale ora funzionalmente estinto (le ultime due femmine della specie sono state introdotte in un programma di riproduzione assistita presso la riserva di Ol Pejeta in Kenya), il rinoceronte di Sumatra potrebbe essere la prima delle restanti specie di rinoceronte a estinguersi in natura. “La sua popolazione è crollata del 50% circa dalla fine degli anni ‘90, e la specie è sempre più minacciata dalla perdita di habitat, con l’aumento della popolazione umana che fa sempre più pressione sulle aree naturali di cui i rinoceronti hanno bisogno per sopravvivere”, spiega Simon Jones, fondatore e amministratore delegato di Helping Rhinos, ente benefico internazionale per la salvaguardia di questa specie. La domanda di corna di rinoceronte da parte di Cina e Vietnam, dove vengono ancora usate nella medicina tradizionale cinese, potrebbe portare all’estinzione questo stretto parente dell’antico rinoceronte lanoso dell’epoca del Pleistocene.

Farfalla monarca

Il catastrofico declino della farfalla monarca e il rifiuto da parte dello U.S Fish and Wildlife Service (l’ente statunitense che si occupa della gestione e conservazione della fauna selvatica, della pesca e degli habitat naturali) di garantire a questa iconica specie protezione immediata inserendola nell’ Endangered Species Act (legge americana che tutela le specie in pericolo) è preoccupante.

Le scene di milioni di farfalle monarca che si posano sugli alberi lungo il loro leggendario percorso migratorio di migliaia di chilometri dai territori estivi di riproduzione ai luoghi di svernamento sono ormai solo un ricordo: la popolazione delle farfalle monarca occidentali è crollata di un devastante 99% in soli 40 anni, mentre le farfalle monarca orientali sono diminuite di oltre l’80% negli ultimi vent’anni.

L’autunno 2020 ha visto arrivare in California solo 20.000 esemplari di questa fondamentale specie impollinatrice: le poche e più forti che sono riuscite a sopravvivere alla perdita di habitat e agli eventi climatici estremi e che hanno schivato i diserbanti a base di glifosato, che distruggono le piante del genere Asclepiadacee, essenziale fonte di nutrimento per i bruchi di farfalla monarca (l’Iowa ha perso il 98% delle proprie farfalle monarca ma sta lavorando per ripristinare l’habitat di questa specie). 

Dan Hoare, direttore delle attività di conservazione dell’ente ambientalista Butterfly Conservation del Regno Unito afferma: “Il cambiamento climatico, la perdita dell’habitat, l’agricoltura intensiva e l’uso di pesticidi stanno portando la farfalla monarca all’estinzione. Per recuperare questa specie sono necessari sforzi di ripristino dell’habitat a livello continentale: è una specie che deve essere tutelata dall’Endangered Species Act”.

Orecchione grigio

Questo pipistrello intelligente e sociale – il mammifero più raro nel Regno Unito – è quasi scomparso dalle zone rurali a causa della frammentazione dei terreni da cui dipende per procacciarsi il cibo e trovare rifugio. Con meno di 1.000 esemplari restanti, il pipistrello orecchione grigio si unisce alle altre specie di pipistrelli – vespertilio maggiore, nottola minore, serotino comune e barbastello – classificate come in pericolo di estinzione dalla prima Lista rossa ufficiale dei mammiferi britannici della Mammal Society. Il progetto Back from the Brink (letteralmente allontanare dal baratro, NdT), sviluppato da Natural England e Rethink Nature – una partnership di sette enti ambientalisti – e guidato dal Bat Conservation Trust (ente per la tutela dei pipistrelli, NdT) sta lavorando con i proprietari terrieri per proteggere e ripristinare habitat preziosi che consentano il ritorno dei pipistrelli.

Rana acquatica di Sehuencas

Così come i canarini nelle miniere di carbone, gli anfibi sono specie indicatrici per gli ecosistemi, e il loro declino a livello globale dovrebbe essere riconosciuto come un forte segnale di allarme per tutti noi. Esistono oltre 7.650 specie note di anfibi, e oltre il 40% sono attualmente in pericolo di estinzione. Oltre alla perdita dell’habitat e alla predazione da parte di specie non native, l’aumento delle temperature crea le condizioni per la diffusione di malattie mortali che stanno portando gli anfibi sull’orlo dell’estinzione.

Per 10 anni Romeo è stato l’unico esemplare noto di rana acquatica di Sehuencas, catturato nella foresta pluviale boliviana. Una campagna di raccolta fondi ha consentito di organizzare una missione per cercare la sua Giulietta, e ora altri cinque esemplari si trovano insieme a Romeo presso il Centro K’ayra del Museo di Storia naturale Alcide d’Orbigny della città boliviana di Cochabamba. “Le uniche rane acquatiche di Sehuencas conosciute sono quelle appartenenti a questo programma di allevamento, ma la specie non si è ancora riprodotta in cattività”, afferma Barney Long, responsabile senior delle strategie di conservazione di Re:wild, organizzazione non governativa per il ripristino della biodiversità, “se non riusciamo a ricreare le giuste condizioni per la riproduzione, questi animali sono destinati a morire di vecchiaia e la specie sarà persa per sempre”.

Ornitorinco

Un tempo diffuso in tutta la parte orientale del continente australiano e in Tasmania, questo mammifero indigeno che depone le uova e che appartiene all’ordine dei monotremi, ha visto la distruzione della maggior parte del proprio habitat a causa della devastante stagione degli incendi boschivi australiana che ha sconvolto i paesaggi e ucciso, secondo le stime, tre milioni di animali. Senza gli alberi a ombreggiare gli specchi d’acqua dolce fresca che gli ornitorinchi prediligono, le temperature si impennano e la qualità dell’acqua viene fortemente compromessa dagli incendi, che possono causare fioriture algali e deossigenazione. Gravi siccità e la frammentazione dell’habitat provocato dalle dighe hanno dimezzato il numero di ornitorinchi, le cui popolazioni locali risultano estinte nel 40% del loro areale.

“Probabilmente molte delle popolazioni hanno subito un graduale declino iniziato oltre 50 anni fa, a causa di disboscamento, urbanizzazione, modifiche apportate ai fiumi e altro”, spiega Josh Griffiths, ecologo senior per la fauna selvatica presso l’organizzazione di ricerca Cesar a Victoria. “Senza le forti leggi della natura che proteggono gli habitat degli animali che amiamo, la loro estinzione è solo una questione di tempo”.

Bombo dei boschi

Il bombo dei boschi – il suo nome inglese, shrill carder bee, sottolinea l’alta tonalità del suo ronzio, con la parola shrill che significa acuto, stridulo – è uno dei bombi più rari e minacciati del Regno Unito e si trova in solo cinque aree, due nel sud dell’Inghilterra e tre nel sud del Galles. La perdita e la frammentazione dell’habitat rappresentano le principali minacce, e le sue popolazioni isolate finiscono per esporlo a ulteriori fragilità come l’endogamia e la perdita di diversità genetica. L’ente di tutela Bumblebee Conservation Trust, in collaborazione con Buglife, Natural England e altri partner, ha avviato la strategia di conservazione Shrill Carder Bee Conservation Strategy a luglio 2020, per dare seguito al progetto Back from the Brink (letteralmente allontanare dal baratro, NdT) e proteggere i fiori selvatici e gli habitat di nidificazione fondamentali per i bombi.

Elefante africano di foresta

Parente elusivo dell’elefante africano della savana, questo pachiderma più piccolo vive nelle foreste del Gabon e della Repubblica Democratica del Congo, con popolazioni nell’Africa centrale e occidentale: solo un quarto del suo areale storico. In occasione della revisione della Lista rossa dell’IUCN del 2021 l’elefante di savana e l’elefante di foresta sono stati classificati per la prima volta come specie distinte, e l’elefante africano di foresta attualmente è tra le specie in pericolo critico. Le ultime stime indicano un calo della popolazione di oltre l’80% negli ultimi 90 anni, e la tendenza non accenna a cambiare. “Questa specie è esposta a gravi minacce, dal bracconaggio, sia per l’avorio che per il commercio internazionale della carne di questo animale, alla perdita di habitat a causa delle attività agricole e industriali”, afferma Charlie Mayhew MBE, direttore esecutivo di Tusk, un ente per la salvaguardia dell’elefante africano. “Siamo lieti della riclassificazione di questa specie indicatrice in questo anno così cruciale per la conservazione. Proprio ora che i governi si riuniscono per stabilire importanti nuovi obiettivi per contrastare il cambiamento climatico e proteggere la biodiversità in rapida diminuzione del pianeta, gli elefanti possono ricevere la priorità che meritano”.

Arvicola acquatica europea

Ratto, il personaggio del libro per bambini Il vento tra i salici, rischia purtroppo di scomparire dalla campagna britannica. “Si stima che le arvicole manchino ormai nel 94% dei luoghi in cui una volta vivevano, a causa di sviluppo, cambiamenti indiscriminati al loro habitat e predazione da parte del non nativo visone americano”, afferma Ali Morse, responsabile delle politiche in materia di acque presso The Wildlife Trusts. Il Progetto nazionale per la mappatura e la creazione di un database sull’arvicola del Trusts sta collaborando con gli ambientalisti per attuare strategie che consentano il ritorno di questa specie. “L’attività del Trusts è volta al miglioramento dell’ambiente di fiumi e zone umide, alla cooperazione con i proprietari terrieri sulla gestione dell’habitat, alle campagne contro lo sviluppo nocivo e alla rimozione del dannoso visone per dare all’arvicola la possibilità di recuperare”, afferma Morse.

Squalo di Pondicherry

Questo piccolo squalo in pericolo critico di estinzione una volta era diffuso in tutta la regione dell’Indo-Pacifico, ma ora è così raro che secondo alcuni potrebbe essere estinto, anche se di tanto in tanto se ne vede qualche esemplare in acque costiere e fluviali. Con reperti fossili risalenti a 400 milioni di anni fa, gli squali sono tra le forme di vita più antiche esistenti sul pianeta, ma in soli 50 anni ben il 70% delle specie di squali e razze sono scomparse dai nostri oceani. Molte specie sono ora in pericolo di estinzione a causa di pesca eccessiva, cattura accessoria e domanda di pinne di squalo, considerate una prelibatezza in Asia. Inquinamento, degrado dell’habitat e cambiamento climatico sono ulteriori cause del loro declino. “Per proteggere questi superpredatori essenziali i governi devono definire urgentemente ampie aree marine protette salvaguardando almeno il 30% dei mari, e almeno il 10% di queste dovrebbero essere zone ad alta protezione con divieto di pesca”, afferma Sandy Luk, direttrice esecutiva della Marine Conservation Society.

Erythrolamprus ornatus

L’isola caraibica di St. Lucia è patria di 2.000 specie native, 200 delle quali non si trovano in nessun’altra parte della Terra, tra cui il 76% dei suoi rettili. Il pappagallo del genere amazzone di Santa Lucia, specie in pericolo, è stato salvato dall’estinzione grazie alla collaborazione del St Lucia Forestry Department e il Durrel Wildlife Conservation Trust, che ha portato all’incremento della popolazione da 100 a circa 1.750 – 2.250 individui. Adesso si spera che le azioni intraprese per proteggere il corridore di St Lucia (Erythrolamprus ornatus), conosciuto come il serpente più raro al mondo, possano avere lo stesso successo. Completamente eliminato dall’isola principale di St. Lucia da specie invasive tra cui ratti, manguste e opossum, soltanto 18 di questi piccoli e innocui rettili vivono sull’isola protetta di Maria Major la cui area è 9 ettari, ma ci sono ambiziosi piani in atto per espandere il loro areale.

Leopardo dell'Amur

Il leopardo dell’Amur è probabilmente il grande felino più raro al mondo: si stima che in natura ne siano rimasti solo 100 esemplari; la loro incredibile e rara bellezza purtroppo li rende obiettivo dei cacciatori di trofei. Trovato nelle foreste della Russia e della Cina, e in alcuni casi anche in Corea del Nord, questo super predatore è minacciato dalla perdita dell’habitat e dal bracconaggio per le sue ossa, usate nella medicina asiatica.

Si tratta di un animale molto vulnerabile alle malattie tra cui il cimurro. Con una popolazione che è precipitata a 35 esemplari pochi decenni fa, il leopardo dell’Amur è l’unico grande felino che gode dell’approvazione internazionale per un programma di allevamento in cattività e reintroduzione che coinvolge partner come la WCS (Wildlife Conservation Society), la Società zoologica di Londra (ZSL) e il WWF, che dà un po’ di speranza per la sopravvivenza di questa specie.

Vombato dal naso peloso settentrionale

Con l’86% di specie che non si trovano in nessun’altra parte del pianeta, l’Australia è uno dei Paesi con maggiore biodiversità sulla Terra, ma detiene anche il più alto tasso globale di estinzione tra i mammiferi, e più di 500 specie autoctone sono classificate come in pericolo di estinzione secondo l’Environment Protection and Biodiversity Act (legge per la tutela dell’ambiente e della biodiversità, NdT) del 1999. Il vombato dal naso peloso settentrionale è uno dei mammiferi in pericolo critico presenti su questo continente.

La competizione per il cibo con le specie domestiche introdotte e la predazione da parte dei dingo ha fatto precipitare il numero di questi animali a soli 315 esemplari, che vivono nel Parco nazionale di Epping Forest e nella riserva Richard Underwood Nature Refuge, nello Stato del Queensland. La Wombat Foundation finanzia progetti di ricerca e di tutela con lo scopo di riportare i vombati nuovamente nel loro areale di origine.

Poecilotheria metallica

Amati od odiati, gli aracnidi svolgono un ruolo fondamentale per la salute degli ecosistemi, tenendo sotto controllo la popolazione di insetti e, di conseguenza, anche le malattie. Si stima che esistano circa 45.000 specie di ragni, e forse ne esistono altrettante ancora da scoprire, ma come accade per gli insetti, il loro numero è in declino a causa della perdita dell’habitat, l’agricoltura industriale, i pesticidi e la diffusione delle monocolture. Questa tarantola dal colore blu brillante si trova soltanto in una piccola area forestale dello Stato indiano di Andhra Pradesh, vive nelle fessure di alti alberi secolari, ma il disboscamento e il degrado dell’habitat nel suo areale, insieme alla cattura per il commercio internazionale di animali domestici, hanno portato a inserirla nella lista IUCN come in pericolo critico.

Galagone di Rondo

Il galagone di Rondo vive in otto piccole zone di foresta in Tanzania ed è uno dei più rari primati del mondo. Con un peso di soli 60 grammi, un richiamo distintivo e una coda dalla forma che ricorda uno scovolino per bottiglie, questa specie arboricola e insettivora è minacciata dalla deforestazione e dal degrado dell’habitat. L’EDGE of Existence Programme della Società Zoologica di Londra è l’unica iniziativa di conservazione a livello globale che si concentra specificatamente sulle specie minacciate che hanno pochi parenti stretti tra le specie animali. “EDGE dà la priorità a specie uniche che sono ad alto rischio di estinzione e che fino a oggi hanno ricevuto scarsa tutela”, afferma la responsabile dell’EDGE Programme, Olivia Couchman. “Se perdiamo specie che sono in pericolo critico come il galagone di Rondo, il pangolino cinese, la rana Sechellophryne pipilodryas e l’echidna dal becco lungo di Sir David, perdiamo molti milioni di anni di storia evolutiva”.

Razza bavosa (Dipturus batis)

Una volta molto diffusa nei mari che circondano le isole britanniche, quella della razza bavosa – un pesce piatto di grandi dimensioni che raggiunge i tre metri in lunghezza e appartiene alla stessa famiglia di squali e razze – è adesso una specie in pericolo critico. Storicamente soggetta a pesca eccessiva, la razza bavosa è esposta al rischio di cattura accessoria, dragaggio e distruzione dell’habitat, quindi proteggere le sue zone riproduttive e di foraggiamento è di fondamentale importanza per la sopravvivenza della specie. Nel 2019 la Dott.ssa Sylvia Earle, National Geographic Explorer-in-Residence, biologa marina e fondatrice di Mission Blue, ha istituito l’Argyll Coast and Islands Hope Spot – la prima area protetta del Regno Unito continentale nell’ambito della campagna di conservazione globale – per proteggere la poco conosciuta e più grande tra tutte le razze del mondo, definendola “più in pericolo del panda gigante”.

Testuggine dal vomere

“Conosciuta localmente con il nome di angonoka, la più grande delle cinque specie endemiche di tartaruga del Madagascar si trova nella non invidiabile posizione di essere estremamente rara e altamente minacciata”, afferma Alice Ruhweza, direttrice regionale del WWF per l’Africa. La loro popolazione è stata ridotta a circa 100 esemplari adulti a causa della caccia da parte degli abitanti del luogo che la uccidono per la sua carne e della cattura per il commercio di animali esotici – un esemplare è valutato più di 43.000 euro (50.000 dollari) al mercato nero – quindi il parco nazionale della Baia di Baly è la loro ultima roccaforte. “Ma c’è speranza”, afferma Alice, “dobbiamo lavorare congiuntamente per far crescere la consapevolezza a livello globale del commercio illegale di specie in via di estinzione vendute per diventare animali domestici, e incoraggiare i governi a rendere più efficaci le leggi per salvare il destino di questa bellissima testuggine”.

Otarda maggiore indiana

Considerati “dinosauri viventi”, gli uccelli abitano il pianeta da circa 100 milioni di anni, ma oggi, più di 1.480 delle 10.000 specie di uccelli conosciute sono considerate in pericolo a livello globale e 223 sono in pericolo critico. In Europa una specie di uccelli su cinque è oggi a rischio di estinzione, e le popolazioni di uccelli marini subiscono la minaccia della pesca con palamito e dell’inquinamento marino. Ma sono le specie asiatiche quelle che hanno visto il più forte declino, a causa della crescente deforestazione. Una volta specie diffusa, l’otarda maggiore indiana conta attualmente una popolazione di meno di 200 esemplari, che si trovano per la maggior parte nel deserto del Thar. “Questi uccelli si trovano esposti a molte minacce, tra cui la perdita e il degrado dell’habitat, le collisioni con le linee elettriche, la caccia, la predazione da parte di cani e volpi e il disturbo antropico diretto”, spiega Stuart Butchart, direttore scientifico di BirdLife International. Gli uccelli sono specie indicatrici: quando sono in pericolo, anche noi lo siamo. 

Coccodrillo dell’Orinoco

Il più grande predatore del Sud America purtroppo non si è dimostrato essere allo stesso livello dei cacciatori che hanno portato questa specie verso l’estinzione. Delle 24 specie conosciute di coccodrilli, il coccodrillo dell’Orinoco è una delle sette elencate tra quelle in pericolo critico nella Lista Rossa dell’IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura), mentre altre quattro specie sono elencate tra quelle vulnerabili.

Questo coccodrillo – che può raggiungere più di cinque metri di lunghezza – si trova nel fiume Orinoco e nei suoi affluenti in Venezuela e Colombia ed è stato cacciato fino quasi all’estinzione per la sua pelle. Nonostante le tutele legali introdotte alla fine degli anni ’60, oggi ne rimangono meno di 250 esemplari in natura, ma si spera che la riproduzione in cattività e i programmi di reintroduzione aiuteranno la popolazione a riprendersi.

Uromys vika

Scoperto nelle Isole Salomone, un remoto arcipelago nell’Oceano Pacifico del sud a nord-est dell’Australia, questo grande roditore arboricolo è stato documentato per la prima volta nel 2015 dai ricercatori del Chicago Field Museum, ma è già entrato a far parte delle specie in pericolo critico. “Il vika, come è conosciuto localmente, si trova soltanto in una foresta non disboscata sull’isola di Vangunu”, ha riferito a National Geographic il direttore senior delle strategie di conservazione di Re:wild, Barney Long. “E purtroppo è previsto un piano di disboscamento per quella foresta, il che potrebbe significare l’estinzione di questa specie”. La speranza per il vika risiede nella popolazione di Zaira, una piccola comunità schierata per la protezione della foresta e contro il disboscamento e l’estrazione mineraria. “I fiumi, i corsi d’acqua e i mari sono tutti inquinati, e le aziende operano solo uno, tre o cinque anni e poi se ne vanno”, ha detto il capo della comunità Hanz Jinohe alla ABC News. “Dipendiamo moltissimo dalle risorse naturali del mare e delle foreste per il nostro continuo sostentamento. La popolazione è davvero in difficoltà. È una situazione che viviamo in prima persona”.

National Geographic si impegna a incoraggiare azioni positive a livello individuale per aiutare a mitigare il cambiamento climatico. In occasione della COP26 scopri nuovi modi in cui tutti noi possiamo ridurre il nostro impatto sul pianeta.