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L’asteroide che causò l’estinzione dei dinosauri probabilmente colpì la Terra in primavera

Pesci fossili in Dakota del Nord avvalorano l’ipotesi che l’impatto avvenuto 66 milioni di anni fa capitò davvero nel peggior momento possibile.

DI Michael Greshko

pubblicato 03-08-2023

L’asteroide che causò l’estinzione dei dinosauri probabilmente colpì la Terra in primavera

Circa 66 milioni di anni fa, forti terremoti causati dall’impatto di un asteroide largo quasi 10 km sconvolsero un fiume nell’odierno Dakota del Nord, seppellendo un gruppo di antichi pesci. Uno studio permette di rafforzare l’ipotesi che l’impatto ebbe luogo durante la primavera dell’emisfero boreale.

FOTOGRAFIA DI Joschua Knüppe

La collisione che mise fine all’età dei dinosauri circa 66 milioni di anni fa ha caratterizzato il giorno peggiore mai vissuto dalle forme di vita sulla Terra.

Un asteroide largo quasi 10 km chiamato Chicxulub si schiantò nelle acque al largo dell’odierno Messico, scatenando un’estinzione di massa che annientò oltre il 75% delle specie terrestri.

Terremoti di straordinaria potenza fecero tremare la crosta terrestre. Tsunami con onde alte oltre 45 metri colpirono le coste del Nord America. Scoppiarono incendi a migliaia di chilometri di distanza dal luogo dell’impatto, divampando a causa del calore estremo della colonna di fuoco della collisione iniziale dell’asteroide e dai torrenti di detriti che ne seguirono.

Centinaia di siti in tutto il mondo conservano le tracce di questo cataclisma, ma in un insolito sito in Dakota del Nord un pesce fossile, che sembra essere morto a un’ora dallo schianto, conserva un’informazione essenziale: le forme di vita sulla Terra subirono questo evento devastante in un tragico giorno di primavera.

I modelli di crescita nelle ossa fossilizzate dei pesci, descritti in uno studio pubblicato su Nature, suggeriscono che la morte sopraggiunse proprio quando gli animali erano in fase di forte crescita grazie all’abbondanza di cibo, una situazione coerente con la stagione primaverile. Le scoperte avvalorano quindi l’ipotesi, basata su altre prove, che l’impatto dell’asteroide Chicxulub sia avvenuto nel peggior momento possibile.

Dopo la prima fase della calamità, la vita sulla Terra si trovò ad affrontare un orribile “inverno nucleare” che durò per mesi o anni dopo l’impatto, ovvero la fase dell’estinzione che portò alla morte della maggior parte delle specie. Gas e particelle furono scagliati in alto nell’atmosfera e oscurarono il sole, provocando un calo delle temperature di oltre 30 gradi centigradi che mise in ginocchio gli ecosistemi dell’era Mesozoica.

Ma se l’asteroide colpì realmente l’emisfero boreale in primavera, molte delle creature che si trovavano lì non vissero abbastanza a lungo da dover affrontare questo buio globale: nel corso della primavera la maggior parte delle specie di flora e fauna si risvegliano e vanno in cerca di cibo e compagni per accoppiarsi. Nel frattempo gli animali dell’emisfero australe erano invece in procinto di cercare un riparo per l’autunno e l’inverno, cosa che probabilmente garantì loro un leggero vantaggio nella fase iniziale della catastrofe.

“Se non sopravvivi alla fase dell’impatto, non hai nessuna chance di sopravvivere all’inverno nucleare”, afferma l’autrice principale dello studio Melanie During, dottoranda presso l’Università di Uppsala in Svezia. “Questo tragico evento è avvenuto nella stagione peggiore”.

Pesci congelati nel tempo

Questo studio ha analizzato i meravigliosi fossili del sito di Tanis in Dakota del Nord, dove storioni e pesci spatola rimasero uccisi e seppelliti in massa. I detriti trovati nelle branchie dei pesci suggeriscono che la morte degli animali sopraggiunse entro un’ora o poco più dall’impatto. 

Il sito, che prende il nome dalla città “perduta” dell’antico Egitto, si trova sul terreno privato di un ranch all’interno di un piccolissimo affioramento della più grande Formazione Hell Creek: una serie di strati di roccia che raccontano un periodo di centinaia di millenni precedente all’estinzione dei dinosauri. Nel 2017, During, allora studentessa del master presso la Free University di Amsterdam, ha visitato Tanis con un team che comprendeva Jan Smit, paleontologo della sua stessa università e Robert DePalma, il paleontologo che guidava gli scavi nel sito.   

Secondo Smit, 66 milioni di anni fa questa zona del Nord America era una valle fluviale che si incuneava per oltre 10 metri nelle pianure alluvionali circostanti. Quando Chicxulub colpì, l’impatto scatenò potenti sismi che si propagarono all’esterno attraverso la crosta continentale e raggiunsero Tanis nel giro di 15-30 minuti. Le scosse terrestri trasmisero le onde d’urto a un mare interno che risalendo la corrente si riversò nel sito di Tanis, seppellendo rapidamente tutto ciò che si trovava in acqua in quel momento.

Nel frattempo i detriti di Chicxulub venivano scagliati nell’atmosfera, fondendosi in piccoli grumi vetrosi. Quelle particelle, dette tectiti, iniziarono a ricadere circa 15 minuti dopo l’impatto. Sorprendentemente, i sedimenti di Tanis conservano fori scavati nel terreno dalle tectiti che precipitavano dall’alto. I pesci stessi presentano tectiti incastrate nelle branchie, ma mai nell’apparato digerente o nel corpo, ciò significa che quei pesci morirono poco dopo che le tectiti iniziarono a piovere nel fiume.

Indizi di questo evento distruttivo si trovano in tutto il sito. In uno strato di sedimenti, i pesci sono tutti rivolti verso sinistra, mentre nello strato appena superiore sono tutti rivolti verso destra, come se fossero stati rimescolati e sepolti mentre le onde si scagliavano ripetutamente avanti e indietro. “Quando lo immagino, lo paragono a un enorme incidente automobilistico, poi rimasto congelato nel tempo”, spiega During. 

Indizi nelle ossa

During e Smit sono tornati nei Paesi Bassi con numerosi storioni e pesci spatola del sito di Tanis, dopo una prima analisi delle ossa eseguita in situ. Alcune delle ossa di questi pesci crescono a strati nel tempo, come gli anelli degli alberi. Analizzando la struttura di tali strati, il team sperava di individuare la stagione in cui morirono i pesci. 

Essendo filtratori, i pesci spatola ad esempio conservano nelle ossa le tracce dei cambiamenti nella chimica della loro alimentazione. Il plancton fotosintetico di cui si nutrivano è maggiormente produttivo in primavera e in estate di quanto non lo sia in autunno o in inverno. Man mano che la produttività del plancton aumenta, cresce di conseguenza anche la relativa quantità di carbonio-13, un isotopo leggermente più pesante del più comune isotopo carbonio-12. Analizzando la composizione chimica di ciascuno strato delle ossa di un pesce spatola, il team di During ha scoperto che alla morte dell’animale, i suoi valori di carbonio-13 erano in aumento ma non avevano ancora raggiunto il picco, segno che la morte era sopraggiunta in primavera.

Il team ha analizzato anche i modelli di crescita delle ossa. Utilizzando la struttura del sincrotrone europeo di Grenoble, in Francia, un acceleratore di particelle che produce i raggi-X più luminosi del mondo, During e i suoi colleghi hanno sottoposto le ossa a tomografia computerizzata. Il loro obiettivo era analizzare nei minimi particolari la variazione stagionale della microstruttura ossea.

In primavera e in estate, quando il cibo è più abbondante, i pesci crescono più rapidamente, così le parti ossee formatesi in quei periodi sono più spugnose e porose. Nei tempi di magra di autunno e inverno invece la crescita dei pesci rallenta, lasciando nelle ossa strati solidi rivelatori chiamati “linee di arresto della crescita”. Il team di During ha misurato queste variazioni dagli strati più interni delle ossa fino a quelli più esterni e più recenti. Il risultato è che tutti i pesci sono morti durante una fase di aumento della velocità di accrescimento, fase che tuttavia non aveva ancora raggiunto il picco, un periodo compatibile con la primavera.

Con due filoni di prove che puntano entrambi verso la medesima stagione, i ricercatori hanno maggiore fiducia nelle loro conclusioni. “Ecco perché ritengo che il nostro studio abbia ottenuto un risultato sorprendente nel restringere le possibilità a una sola stagione”, spiega il coautore  Dennis Voeten, ricercatore dell’Università di Uppsala.

La vita in emisferi diversi

Lo studio sui pesci di Tanis non è l’unico nel suo genere: nel dicembre 2021 un team distinto, guidato da DePalma, ha pubblicato la propria analisi della stagione immortalata a Tanis sulla rivista Scientific Reports. I due lavori si basano su fossili diversi e utilizzano tecniche distinte, eppure arrivano a conclusioni molto simili. I risultati di DePalma suggeriscono che Chicxulub abbia colpito in primavera o estate, in linea con la conclusione più specifica di During secondo cui l’impatto si verificò in primavera. 

“Ci congratuliamo per le attività di ricerca e di analisi effettuate, e siamo lieti che questi progetti si completino reciprocamente per raggiungere una migliore comprensione del mondo preistorico”, ha affermato DePalma, professore presso la Florida Atlantic University e dottorando presso l’Università di Manchester, in una dichiarazione via e-mail. 

Gli autori dello studio di Tanis sperano che questi dati porteranno a ulteriori analisi dell’evento di estinzione avvenuto al termine del Cretaceo. Ad esempio, timidi segnali da alcuni siti nell’emisfero australe suggeriscono che dopo Chicxulub, l’emisfero sud del mondo abbia recuperato due volte più rapidamente rispetto all’emisfero nord. In quale misura questi segnali potrebbero essere influenzati dalla stagione in cui si è verificato l’impatto?

Ulteriori indizi potrebbero attenderci nei reperti fossili dell’emisfero australe, che sono stati studiati meno rispetto a quelli dell’emisfero boreale. “Ritengo che nell’emisfero australe vi sia un vero e proprio tesoro da svelare, se riusciremo a ottenere più finanziamenti per i Paesi per i quali mancano i dati”, spiega During. “Si tratta di una lacuna di proporzioni notevoli”.

Kirk Johnson, direttore del Museo Nazionale di Storia Naturale dello Smithsonian fa notare che sebbene i pesci di Tanis mostrino indubbiamente un’indicazione stagionale, la Terra di 66 milioni di anni fa presentava oscillazioni stagionali meno marcate rispetto a quanto avviene oggi. All’epoca non vi erano calotte polari permanenti e le foreste decidue arrivavano a toccare i due poli. Pertanto, lo scienziato dubita che la flora e la fauna australi avrebbero tratto un reale vantaggio dall’essere sopravvissute alle conseguenze immediate dell’impatto.

“Meglio che la bomba scoppi quando sei già nel rifugio, invece di quando sei ancora fuori ad aggiustare il tetto della casa, non ci sono dubbi”, spiega Johnson, paleontologo specializzato nella Formazione Hell Creek. “Ma ritengo che chi sostiene questa argomentazione non stia considerando la ridotta stagionalità del Cretaceo, quindi [la stagione] è meno indicativa, sebbene non del tutto ininfluente”.

Johnson aggiunge che le prossime ricerche potrebbero mettere in dubbio questa ipotesi. Con il sito di Tanis che funge da punto di riferimento, Johnson e gli altri stanno rivalutando altri siti nella Formazione Hell Creek, in cerca di depositi simili che potrebbero a loro volta custodire testimonianze sorprendentemente dettagliate del giorno in cui è iniziata l’estinzione dei dinosauri.

“Troviamo le scoperte fatte sul sito di Tanis molto utili, perché rivelano qualcosa di insolito”, conclude Johnson. “Hanno aperto uno scenario che non avevamo considerato”.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.