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Perché è sempre più difficile trovare le conchiglie sulle spiagge?

L’estate è quasi giunta al termine. Ma sulle tante spiagge che hanno accolto i turisti, ci sono sempre meno conchiglie. Ecco perché!

DI Cynthia Barnett

pubblicato 08-09-2023

Perché è sempre più difficile trovare le conchiglie sulle spiagge?

Le prime luci dell’alba illuminano un Sinistrofulgur perversum sulla spiaggia dell’Isola di Sanibel nel sudovest della Florida, dove è stata bandita la raccolta dei molluschi vivi nei loro gusci.

FOTOGRAFIA DI MARTIN SHIELDS, GETTY IMAGES

Nel 1973, quando Melissa Greene aveva circa 11 anni, i suoi genitori hanno acquistato il primo appartamento in un complesso residenziale affacciato sulle spiagge della Hutchinson Island, sul versante sudorientale della costa atlantica.

Correndo per la prima volta insieme ai suoi fratelli sulla spiaggia incontaminata, rimase impressionata dal confronto con le loro precedenti gite al mare a Daytona, uno scenario affollato di persone, automobili e barche.

Ad Hutchinson, la spiaggia era invece punteggiata di innumerevoli conchiglie.

Ogni marea lasciava una scia di conchiglie di strombo e varie specie di buccini (Sinistrofulgur perversum), cancellariidae, fasciolariidae, occhi di Santa Lucia più grandi di una moneta da due euro e cipree grandi come la mano della stessa Greene. Lungo la spiaggia, il legname trasportato dal mare catturava ancora più conchiglie, oltre a stelle marine, granchi e gusci di uova marine di tutti i tipi.

Nel 2022, Greene e la sua famiglia hanno festeggiato i cinquant’anni di proprietà dell’appartamento all’Ocean Village, che ormai conta 1.200 abitazioni. Negli ultimi anni, sullo stesso tratto di spiaggia, raramente riesce a trovare le grandi conchiglie intatte che erano così numerose durante la sua infanzia.  

“La differenza è enorme”, afferma; anche se le forti tempeste portano ancora a riva creature marine e ghiaia, “non si vedono più le grosse pile di conchiglie intere, grandi come monete o anche più, e quelle ancora più grandi che abbiamo visto per anni”.

Le conchiglie, tra gli oggetti naturali più amati di tutta la storia dell’umanità, racchiudono in sé la sorpresa e la meraviglia che ci regala ancora oggi una gita al mare, e anche i profondi cambiamenti che stanno subendo le nostre coste.

Dall’abalone sulla costa occidentale allo strombo e ai buccini sul litorale orientale degli Stati Uniti, alcuni dei più famosi molluschi marini – gli “architetti” del mondo animale che costruiscono le conchiglie dal carbonato di calcio presente nell’acqua del mare – si sono ridotti a causa della pesca intensiva. Questi animali marini sono minacciati anche dall’aumento delle temperature oceaniche e dall’acidificazione delle acque, oltre che da altre forme di inquinamento e scarichi provenienti dalla terraferma. Subiscono inoltre gli effetti della grave erosione provocata da insenature e moli, un problema costante su Hutchinson Island, nonché le attività di recupero delle spiagge erose come il ripristino della sabbia perduta.

Ma i molluschi marini, che sono sopravvissuti ai cambiamenti terrestri per 500 milioni di anni, si dimostrano anche modelli di resilienza e della nostra capacità di aggiustare ciò che è danneggiato, spiega George Buckley del Boston Malacology Club. Prima dell’approvazione della legge denominata Clean Water Act nel 1972, quando ancora era un giovane presidente del club, Buckley assisteva alla scomparsa degli amati molluschi e delle conchiglie causata dall’inquinamento industriale e fognario sulle Boston Harbor Islands. Dopo anni, “i molluschi sono ritornati”, racconta, “si trovano molluschi e anche conchiglie”.

 

Pescatori (e turisti) contro molluschi

Sulle spiagge che accolgono i turisti in numeri da record, la presenza di più persone può voler dire meno conchiglie. “Non è tanto la raccolta a uso personale, quanto le molte implicazioni del turismo di massa”, spiega il paleobiologo Michal Kowalewski del Museo di Storia Naturale della Florida. “Turismo di massa significa più barche, più manutenzione delle spiagge, più macchinari: tutti fattori che contribuiscono al cambiamento dei litorali”.

Come le periferie cittadine ossessionate dai prati curati alla perfezione, molti frequentatori delle spiagge hanno sviluppato una preferenza per la sabbia manutenuta in modo impeccabile, ma per avere spiagge così pulite e ordinate occorrono macchinari pesanti che setacciano la sabbia con lame affilate. Mentre i trattori prelevano dalla sabbia plastica, mozziconi di sigarette e altri resti abbandonati dall’uomo, raccolgono anche animali marini, conchiglie e pezzi di legno.

Lo stato della Florida limita l’uso dei macchinari per la pulizia delle spiagge durante la stagione della nidificazione delle specie di tartarughe marine minacciate e in pericolo. Ma i molluschi marini e altri invertebrati non sono oggetto delle stesse attenzioni, né degli stessi finanziamenti che ricevono animali come le tartarughe marine, che con i loro grandi occhi suscitano tenerezza e protezione. Gli ecologisti hanno rilevato che la Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, lo strumento ufficiale per valutare il grave declino degli animali in corso in tutto il mondo, sottostima pesantemente la perdita di invertebrati, che da soli costituiscono all’incirca il 97% di tutte le creature.

I finanziamenti per la ricerca sulle specie più importanti dal punto di vista commerciale implica che gli scienziati abbiano più informazioni sui molluschi di cui ci cibiamo. I Busycotypus canaliculatus e i Busycon carica (due particolari tipi di buccino), che una volta si trovavano ovunque sulle spiagge da Cape Cod a Cape Canaveral, sono diventati prede dal valore multimilionario più velocemente di quanto non sia stato possibile regolamentarne la raccolta. I ricercatori hanno scoperto che le femmine di strombo vengono raccolte prima di avere la possibilità di riprodursi.

Lo stesso accade per i Triplofusus giganteus, costruttori delle conchiglie più grandi di tutto l’emisfero boreale. Queste conchiglie affusolate possono arrivare a misurare oltre 60 cm e la loro abbondanza ha portato i legislatori della Florida a nominarle conchiglie nazionali nel 1969. Eppure, conchiglie grandi come quelle documentate nelle foto storiche non si trovano più. I ricercatori hanno scoperto che un secolo di raccolta incontrollata le ha portate a essere a rischio di estinzione.

Più a sud, le Strombus gigas, quelle conchiglie di colore rosa lucido delle dimensioni di un pallone da football, sono così evocative delle Florida Keys che le persone nate sulle isole vengono chiamate “conch” (dal nome inglese della conchiglia). Ma la popolazione di queste conchiglie in quella zona si è drasticamente ridotta a metà del ventesimo secolo e non è si è mai ripresa, nonostante fin dal 1975 la Florida ne abbia proibito la pesca a uso commerciale e nel 1986 la raccolta per qualunque scopo. Le perdite di questa specie ora riguardano anche le Bahamas e i Caraibi. I ricercatori avvertono che il numero di Strombus gigas, una volta numerosissime nelle Bahamas (che esportano la maggior parte della polpa di questo mollusco consumata negli Stati Uniti) si è ora ridotto al di sotto del minimo che serve agli animali per riprodursi.

Perché è sempre più difficile trovare le conchiglie sulle spiagge?

Le conchiglie di Triplofusus giganteus, scartate dopo che l’animale è stato estratto per essere cucinato, si accumulano su una spiaggia delle Bahamas, dove questo mollusco è un piatto prelibato nonché un importante prodotto di esportazione.

FOTOGRAFIA DI Nathan Derrick, Getty Images

Lezioni dal passato

Quantificare lo stato delle decine di migliaia di altri molluschi nel mare è una vera e propria sfida, vista l’assenza di dati di riferimento precedenti alla metà del XX secolo. La paleontologa Susan Kidwell dell’Università di Chicago è stata tra le prime a utilizzare le cosiddette “analisi live/dead” per confrontare gli accumuli di conchiglie del passato, scoperti nei sedimenti oceanici, con le popolazioni di molluschi che vivono oggi. Nelle aree soggette a fattori di stress causati dall’uomo, come gli scarichi fognari, il dragaggio dei fondali o significativi cambiamenti nell’uso del terreno, le popolazioni sono molto scarse. In alcuni casi sono scomparse.

Kidwell ha collegato il collasso di un ampio ecosistema marino che una volta prosperava sulla placca continentale della California meridionale, ad esempio, all’introduzione del bestiame da parte dei coloni spagnoli. I reperti fossili del fondale marino mostrano che prima del 1770 pochi sedimenti confluivano dalle praterie costiere della regione. Un secolo di allevamento non gestito ha trasformato quell’ecosistema, riversando tonnellate su tonnellate di sedimenti dai fiumi al mare. I brachiopodi e le capesante che vivevano su quelle coste da 4.000 anni non hanno potuto tollerare tutti quei detriti, e sono morti. Sono stati rimpiazzati dalle vongole, che amano il fango.

Le analisi “live/dead” mostrano anche quali disastri possa causare ai molluschi marini indigeni l’aumento costante della temperatura oceanica. Un team guidato da Paolo G. Albano della Stazione Zoologica Anton Dohrn (l’Acquario di Napoli) ha scoperto una perdita di popolazioni indigene di quasi il 90% nei fondali poco profondi al largo di Israele, nel Mar Mediterraneo, uno dei mari che si sta riscaldando più rapidamente a livello globale.

Questi studi talvolta assomigliano a “veri e propri necrologi”, afferma Kidwell, ma possono anche fornire informazioni sul recupero e la resilienza delle specie. Kowalewski e i suoi colleghi hanno condotto analisi “live/dead” nelle praterie di piante acquatiche della regione del Big Bend, nella parte settentrionale del golfo della Florida, uno degli ecosistemi costieri meno danneggiato di tutti gli Stati Uniti. Raccogliendo e analizzando più di 50.000 conchiglie, hanno scoperto che le popolazioni di molluschi che vivono nelle praterie del Big Bend oggi assomigliano molto a quelle che le abitavano nei secoli passati.

Kowalewski ha replicato questa ricerca in una delle regioni della Florida in cui si è registrata una perdita di piante acquatiche. Se i lamantini stanno morendo, è possibile che anche altri animali che fanno affidamento su quelle piante siano in difficoltà.

Per amore delle conchiglie

Sull’Isola di Sanibel, nella costa sudoccidentale della Florida, i molluschi scavano buchi, fanno le bollicine e si rintanano nella sabbia bagnata, in una parata multicolore di conchiglie. Venticinque anni fa Sanibel è diventata la prima città degli Stati Uniti a mettere al bando la pratica di raccogliere e uccidere i molluschi per le loro conchiglie. La mossa di proteggere la vita di singoli molluschi invertebrati può apparire alquanto bizzarra considerando il riscaldamento dell’oceano e le altre “crudeli realtà del mondo in continuo cambiamento”, riconosce José H. Leal, direttore scientifico e curatore del Bailey-Matthews National Shell Museum di Sanibel.

Ma aiutare i frequentatori delle spiagge ad apprezzare gli animali che vivono all’interno delle conchiglie tanto quanto il loro bel guscio esterno è di fatto un passaggio cruciale per aiutarli a capire cosa sta succedendo nel mare, aggiunge Leal. “Anche a livello inconscio, se le persone conoscono la complessità di questi animali e la loro importanza, si rendono conto della necessità di proteggere gli ecosistemi oceanici”.

I parchi statali del Delaware si aggiungono al numero crescente di stati e parchi nazionali che portano a un nuovo livello il cosiddetto “beachcombing” (letteralmente, setacciare la spiaggia) a basso impatto: chiedono infatti ai visitatori di non raccogliere neppure le conchiglie vuote. Presso il Delaware Seashore State Park, infatti, i cartelli informano i visitatori di “lasciare le conchiglie dove sono e le creature marine nella sabbia, limitandosi a fotografarle. Dopo tutto, possiamo godere della natura solo se la lasciamo al suo stato naturale”.

L’iniziativa, lanciata durante la pandemia, quando un numero straordinario di persone si recava presso le spiagge per sfuggire ai lockdown, si fonda sull’etica del “non lasciare tracce” su cui lo stato del Delaware lavora da decenni, afferma il direttore dei parchi statali Ray Bivens, che ha mosso i primi passi con l’agenzia in qualità di naturalista. Se vengono lasciate ad accumularsi sulla spiaggia, le conchiglie vengono riutilizzate dai paguri, offrono un habitat ad altri animali e servono per mimetizzare le uova e i piccoli degli uccelli.

“Quasi tutti vogliono fare la cosa giusta”, aggiunge Bivens, che conclude dicendo: “Questi valori ecologici sono comprensibili anche per chi raccoglie le conchiglie sulle spiagge da tutta la vita”. 

Resistere alla tentazione significa anche che un altro avventore dopo di noi, magari un bambino, riuscirà a sperimentare lo stupore del trovare una conchiglia.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.