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Patologia

Nanopatologie, le malattie da nanoparticelle

di Monica Vaccaretti

Sono definite nanopatologie le malattie provocate da esposizione a nanoparticelle, sostanze solide inorganiche e non biocompatibili che penetrano nell'organismo e che vengono assimilate integralmente nei tessuti biologici. Si tratta di particelle presenti nell'ambiente in cui almeno una delle tre dimensioni fisiche richiede di essere misurata in poche decine di nanometri, ossia nella scala dei miliardesimi di metro o milionesimi di millimetro. Su tali sostanze la comunità scientifica ha avviato un'ampia attività di studio e di ricerca per indagarne gli effetti ecotossici (nanotossicologia) e sui meccanismi della loro complessa interazione chimica, fisica e biologica con gli organismi viventi e con ogni comparto dell'ecosistema (aria, acqua e suolo).

Cosa sono le nanopatologie

Le nanoparticelle eziologicamente responsabili, di origine naturale ed artificiale, sono di materiale, forma e dimensioni variabili.

Secondo gli studi condotti sinora si ritiene che le nanopatologie siano indotte dall'inquinamento, sia quello atmosferico naturale sia quello antropico industriale, che viene interiorizzato nel corpo umano attraverso l'inalazione e l'ingestione.

Le nanoparticelle entrano nell'organismo generalmente per via inalatoria. Le particelle sospese vengono inspirate e raggiungono gli alveoli polmonari, passando in un minuto direttamente dall'alveolo alla circolazione sanguigna, entrando nel globulo rosso.

Dal sangue passano facilmente agli organi, sequestrate dai tessuti, entrando nel fegato, nei reni, nei gangli linfatici, nel cervello. E poiché non sono biocompatibili, sono capaci di innescare una malattia.

Dopo l'inalazione, la seconda via di assunzione più frequente di micro e nano detriti è l'ingestione. Le particelle che fluttuano nell'aria, cadendo, si depositano su frutta e verdura entrando nella catena alimentare. Anche l'apparato digerente, come quello respiratorio, lascia transitare le nanosostanze senza riuscire a fermarle, così accade che penetrano nel sangue e nei vasi linfatici sino agli organi.

Le malattie che le nanoparticelle possono generare sono neoplasie, diverse patologie ematiche e vascolari (trombosi, ictus, infarti), malformazioni fetali e aborti, malattie respiratorie, patologie ambiente correlate come le malattie allergiche e altre malattie immunomediate (diabete tipo 1, celiachia, patologia tiroidea su base autoimmune).

Nanoparticelle

Le nanoparticelle eziologicamente responsabili, di origine naturale ed artificiale, sono di materiale, forma e dimensioni variabili. Non sono biodegradabili, pertanto sono da considerarsi eterne.

Se sottoposte ad alte temperature si volatilizzano per poi ricombinarsi, spesso in modo diverso da quello d'origine, sotto forma di nanoparticelle con una massa piccolissima che si comportano come gas. Restano sospese in aria anche per tempi molto lunghi e migrano con gli eventi atmosferici anche per distanze enormi. Attualmente non sono disponibili sistemi tecnologici efficaci per attenuarne la pericolosità.

Esse possono essere il risultato di fenomeni naturali (emissioni vulcaniche, erosioni del suolo, incendi boschivi), di processi incontrollati (combustioni e particolato urbano o particelle ultrafini) e di attività umane, come sottoprodotti di una lavorazione industriale.

Nell'ambiente si trovano nei Pm inquinanti nell'aria, fibre naturali e artificiali, pollini, spore, metalli, silice, particelle carboniose, inquinanti liquidi. Sono presenti ovunque in prodotti di largo consumo, dalla loro produzione allo scarto sino al riciclo: alimenti, additivi, imballaggi, farmaci, cosmetici.

I nanomateriali, composti da aggregati atomici o molecolari, possono causare, pertanto, in determinate condizioni, seri rischi per la salute umana, animale ed ambientale poiché riescono, in virtù delle loro piccole dimensioni, a viaggiare facilmente attraverso l'organismo in minuscoli spazi tra i vasi sanguigni.

I rischi potenziali derivanti dall'impiego di nanomateriali sono oggetto di studi e valutazioni scientifiche da parte dell'EFSA (European Food Safety Authority) e delle agenzie sanitarie nazionali. In Italia gli studi sono condotti dal Ministero della Salute, l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e alcuni centri di ricerca, tra cui l'Istituto Zooprofilattico delle Venezie. Alcuni studi confermano che tali particelle hanno evidenti effetti cancerogeni.

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