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Patologia

Patologia da decompressione

di Giacomo Sebastiano Canova

L'immersione subacquea è un'attività estremamente affascinante che permette di immergersi in scenari mozzafiato, restando a stretto contatto con una natura a noi tanto vicina quanto lontana. Questa attività, però, deve essere effettuata con estrema attenzione, in quanto possono presentarsi alcune situazioni rischiose per la salute dei sub.

Immersioni e le patologie subacquee 

L'attività subacquea consiste in un'immersione completa del corpo umano in acqua. Tale immersione può avvenire in apnea, dunque per profondità e tempo limitate, oppure mediante l'utilizzo di respiratori che permettono tempistiche di immersione maggiori e il raggiungimento di profondità più elevate.

Tale attività non è però esente da rischi: per questo motivo è previsto che i sub conseguano un brevetto anche se la loro attività viene svolta per fini ricreativi.

La patologia da decompressione si compone di due particolari condizioni: la malattia da decompressione e l'embolia gassosa arteriosa. Tali manifestazioni avvengono quando la pressione ambientale attorno al corpo del paziente si riduce.

Malattia da decompressione

La malattia da decompressione è una severa condizione patologica che si può manifestare, in relazione alla profondità, in tre condizioni:

  • Superamento dei tempi prestabiliti di immersione;
  • Velocità di risalita eccessiva (superiore a 9/10 metri al minuto);

Non effettuazione delle soste di sicurezza prima della fuoriuscita in superficie.

  • Prima di addentrarsi nella spiegazione del perché la malattia da decompressione si manifesta, è bene specificare le caratteristiche dell'aria respirata dal sub durante l'immersone. Il contenuto della bombola non è difatti ossigeno puro, bensì una miscela di aria respirabile composta dal 79% di azoto de dal 21% di ossigeno.

Durante queste tre particolari condizioni può verificarsi che la quantità di azoto che il subacqueo respira non riesca ad essere eliminato con la stessa velocità che avviene in superficie. Questo avviene a causa dell'elevata pressione dell'acqua circostante durante l'immersione, la quale causa il deposito di azoto in eccesso in forma liquida nel sangue e nei vari tessuti. Se la fase di risalita viene effettuata a velocità eccessiva, questa componente di azoto può liberarsi in forma gassosa e provocare pericolose bolle che si comportano da veri e propri emboli che sono in grado di formarsi in tutti i distretti corporei; questo fatto spiega il perché i sintomi e le conseguenze di questa patologia sono molto variabili.

In base alla sintomatologia la malattia da decompressione si distingue in:

Tipo 1 (lieve)

  • Febbre alta, prurito, tumefazioni simili all'orticaria e arrossamenti;
  • Disturbi osteoarticolari: si manifestano prevalentemente con un dolore articolare sordo, persistente, intenso e circoscritto solitamente a carico delle articolazioni degli arti. Questa sintomatologia dolorosa è di tipo ingravescente e, mentre è esacerbata dal movimento, di contro non si attenua con l'immobilizzazione. Nel caso in cui il dolore coinvolga il torace, l'addome, il bacino o le spalle va prestata particolare attenzione in quanto potrebbe essere espressione di un coinvolgimento midollare;
  • Disturbi linfatici: derivano dall'ostruzione dei vasi linfatici e si manifestano con tumefazioni del tessuto sottocutaneo in corrispondenza dei linfonodi oppure dei tessuti attraversati dai vasi stessi.

Tipo 2 (grave)

Sintomi neurologici: derivano dalla presenza di bolle nell'encefalo o nel midollo spinale. Possono presentarsi anche sotto forma di astenia sproporzionata rispetto allo sforzo affrontato durante l'immersione. In base al distretto colpito, possono riguardare:

  • Encefalo: a seconda delle zone colpite, i sintomi possono essere disturbi visivi, difficoltà motorie, difficoltà nell'eloquio e/o emisindrome. Nel caso in cui le bolle coinvolgano il tronco encefalico il sub può morire per arresto respiratorio. Come nelle patologie ischemiche neurologiche, a seconda del danno causato tali sintomatologie possono essere permanenti.
  • Midollo spinale: i sintomi variano a seconda dell'altezza del tratto coinvolto. Per questo motivo possono manifestarsi parestesie agli arti, paraplegia, tetraplegia o altre sintomatologie intermedie. Anche in questo caso i danni possono essere permanenti.
  • Sintomi polmonari: l'abbondante produzione di bolle intravascolari può provocare la congestione dei capillari polmonari, riducendo in questo modo gli scambi gassosi. Questa condizione si manifesta con dolore toracico esacerbato dall'inspirazione, dispnea, aumento della frequenza respiratoria e tosse stizzosa. Le manifestazioni polmonari possono aggravarsi al punto tale da portare ad arresto respiratorio oppure perdita di coscienza per ipossia, condizioni entrambe potenzialmente letali.
  • Sintomi a carico dell'orecchio interno: la formazione di bolle nell'endolinfa può portare a manifestazioni quali violente vertigini, nausea, vomito, perdita di equilibrio, difficoltà uditive e/o acufeni.

La prevenzione della malattia da decompressione

  • La prevenzione della malattia da decompressione prevede numerose quanto importantissime precauzioni da rispettare durante e dopo l'immersione:
  • Durante l'immersione rispettare i tempi di risalita e programmare in modo serrato tempi di immersione e relativa profondità;
  • Indossare sempre al polso il computer subacqueo, dispositivo che, oltre alla funzione orologio e profondimetro, è tarato sui livelli medi di smaltimento dell'azoto ed è perciò in grado di segnalare in anticipo se si sta uscendo pericolosamente dalla curva di sicurezza;
  • Nel caso in cui durata e profondità dell'immersione lo richiedano, effettuare durante la risalita soste di decompressione che normalmente permettono di eliminare l'eccesso di azoto senza danni;
  • Effettuare in ogni caso una sosta di sicurezza di qualche minuto a circa 4,5 m sotto la superficie dell'acqua;
  • Non sottoporsi a nuove variazioni di pressione nelle 24 ore successive all'immersione, evitando dunque viaggi in aereo o scalate in montagna;
  • I soggetti completamente guariti da una forma lieve di malattia da decompressione devono astenersi dalle immersioni per almeno 2 settimane;
  • I soggetti che hanno sviluppato la malattia da decompressione nonostante abbiano seguito le tabelle o il computer possono tornare a praticare immersioni solo dopo una completa valutazione medica per i fattori di rischio di base, come un difetto cardiaco.

Embolia gassosa arteriosa

L'embolia gassosa arteriosa possiede un'eziogenesi simile alla malattia da decompressione, in quanto è dovuta alla formazione di bolle di gas all'interno della circolazione sanguigna di un sub durante la fase di decompressione. Tali bolle, però, non si formano a partire dall'azoto, bensì la loro presentazione si deve a un'estrema sovradistensione polmonare che giunge a un punto tale da causare lacerazioni nel tessuto polmonare, facendo quindi penetrare nella circolazione arteriosa emboli gassosi.

Questa manifestazione si manifesta dunque quando non si rispettano le principali norme di sicurezza durante l'attività subacquea: una risalita troppo veloce rispetto alla velocità di sicurezza di 9/10 metri al minuto oppure l'interruzione dell'attività respiratoria sempre durante la risalita, in particolare durante gli ultimi metri prima della superficie, e la conseguente dilatazione dell'aria contenuta nei polmoni col diminuire della pressione. Per quest'ultimo motivo uno dei principali insegnamenti che vengono forniti al corso per ottenere il brevetto di sub è quello di non rimanere mai in apnea sott'acqua, specialmente durante la fase di risalita.

Sintomi embolia gassosa

L'embolia gassosa arteriosa si manifesta solitamente in forma improvvisa una volta raggiunta la superficie o anche pochi attimi prima di aver terminato la risalita. I sintomi consistono in vertigini, disorientamento, dispnea, disturbi cardiaci, pallore, cianosi e visione offuscata. È possibile che il sub appena emerso avverta un forte dolore al petto durante la risalita, sintomo della rottura del tessuto polmonare. Inoltre, dato che il sub solitamente effettua la risalita tenendo la testa verso l'alto, le bolle all'interno dei vasi sanguigni andranno verso le porzioni più elevate dell'organismo. Questo meccanismo spiega la prevalenza di segni e sintomi neurologici da coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale: sanguinamento dal cavo orale o epistassi, astenia, paralisi, perdita di coscienza, convulsioni, arresto respiratorio e, nei casi più gravi, morte.

In caso di presentazione dei sintomi dell'embolia gassosa arteriosa la terapia è uguale a quella della malattia da decompressione, ovvero somministrazione precoce di ossigenoterapia ad alti flussi ed elevata FiO2 e trattamento in camera iperbarica, quest'ultimo effettuato seguendo apposite tabelle da decompressione.

Prevenzione

Il principale metodo per evitare l'embolia gassosa arteriosa è quella di non interrompere la respirazione (soprattutto l'espirazione) durante la fase di risalita. Questo fenomeno si spiega attraverso una delle molteplici leggi che regolano la pressione, ovvero la legge di Boyle-Mariotte. Questo principio afferma come la pressione da 0 a 10 metri di profondità passa da 1 a 2 bar: durante la fase di risalita da 10 metri alla superficie dell'acqua, l'aria contenuta nei polmoni si espande aumentando del doppio il suo volume, causando il barotrauma con conseguenti lacerazioni degli alveoli polmonari.

Alcuni soggetti, inoltre, sono particolarmente esposti a questa patologia per condizioni patologiche pre-esistenti che causano di per sé l'incarcerazione dell'aria in circoscritte aree polmonari. Si pensi difatti ai soggetti con bronchite, asma o con malformazioni anatomiche. Per questo motivo si rende necessario immergersi in acqua in una buona condizione di salute e sottoporsi a continui controlli medici.

Un particolare caso in cui può presentarsi questa grave patologia è quello dell'apneista. Solitamente, chi pratica apnea, durante le fasi di risalita è abituato ad espirare in modo tale da progressivamente bilanciare l'aumento della pressione polmonare durante la perdita di profondità. Nel caso in cui, però, inspiri aria compressa offerta da un sub munito di autorespiratore in profondità ed effettui la risalita, per sua forma mentis, senza espellerla completamente, ecco che si può presentare questa grave sindrome.

Narcosi da azoto

Quando viene respirato in superficie, l'azoto disciolto nell'aria non causa nessun effetto sulle nostre capacità e sui nostri livelli di attenzione; una volta in profondità, però, può diventare tossico e porre a serio repentaglio la sicurezza dell'immersione. In particolare, l'intossicazione da azoto non è pericolosa di per sé per la salute, ma di fatto "ubriaca" il sub diminuendo la sua capacità di giudizio e rendendolo più spericolato e distratto, come se fosse sotto gli effetti di una sostanza stupefacente. Questi effetti aumentano man mano che l'immersione aumenti di profondità mentre, viceversa, regrediscono mentre si effettua la risalita.

Per questo motivo è bene aumentare l'attenzione e la cautela specialmente quando si raggiungono profondità superiori ai 30 metri e, nel caso in cui si presentassero i primi sintomi, per diminuirne gli effetti è sufficiente raggiungere una quota lievemente meno profonda (a volte bastano uno o due metri).

Compensazione forzata dell'orecchio medio

Per effetto della fisica che regola la distribuzione dei gas, l'aria respirata attraverso l'erogatore tende a raggiungere, oltre ai polmoni, anche tutte le altre cavità aperte del nostro organismo, compensandole in modo spontaneo. L'unica eccezione a questa legge è rappresentata dall'orecchio medio, porzione anatomica che necessita di essere compensata in modo forzato per aprire le trombe di Eustachio, evitando in questo modo problematiche anche serie all'apparato uditivo.

Per questo motivo è fondamentale imparare ad effettuare questa compensazione; non è difatti possibile intraprendere l'attività subacquea senza praticare questa manovra. Ciò lo si deve in quanto se all'interno dell'orecchio medio non si stabilisce una forza pari a quell'esterna, la membrana timpanica sarebbe spinta violentemente verso l'interno, con conseguente gravissima rottura. Le manovre di compensazione devono essere dunque effettuata nel momento stesso in cui inizia la discesa ed essere ripetute a regolari intervalli sino al raggiungimento della massima quota.

Tecniche di compensazione

Esistono tre tecniche di compensazione, ovvero le manovre di:

  • Marcante-Odaglia: denominata anche manovra Frenzel (dal nome del medico sviluppatore), sfrutta sia il movimento che la pressione. Viene effettuata con la lingua che chiude le vie aeree, iniziando un movimento simile alla deglutizione; successivamente la lingua funge da pompa, verso l'alto, esercitando una spinta pressoria verso l'orecchio medio. Tale manovra deve essere effettuata a narici chiuse;
  • Valsalva: sfrutta esclusivamente la pressione. È generata contraendo i muscoli addominali e, dopo aver chiuso il naso con le dita, forzando le tube per immettere aria all'interno dell'orecchio medio;
  • Toynbee: utilizza la deglutizione, effettuata a bocca e naso chiusi, per ottenere la compensazione richiesta. È bene specificare come l'aria non venga forzata, bensì si utilizza il solo movimento dei muscoli per la deglutizione per aprire le tube facendo fluire il gas dalla rinofaringe all'orecchio.

Vertigine alternobarica

La vertigine alternobarica è solitamente causata da una differenza di pressione tra le due cavità dell'orecchio, condizione che porta a uno squilibrio vestibolare. Può presentarsi sia in discesa che in risalita e, a meno di traumi più gravi, rappresenta un fenomeno di breve durata.

Il principale sintomo è rappresentato dalle vertigini, che possono essere anche di forte entità; nei casi più gravi può manifestarsi anche ipoacusia).

Tale condizione è però transitoria, in quanto si risolve interrompendo la discesa o, nel caso della risalita, è solita scomparire in 15 minuti circa.

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