Psichedelia Baxters

Playlist ad alto tasso lisergico

Premessa

Baxters è una serie di playlist in costruzione che mira a proporre uno sguardo sulla scena psichedelica mondiale. Di cadenza annuale, si basa su poche regole:

- ogni playlist è composta da 20 brani;

- ogni brano non deve superare i 20 minuti di lunghezza;

- al fine di garantire un’offerta sempre il più possibile varia, un musicista non può essere nuovamente eleggibile in un lasso di tempo inferiore ai 3 anni;

- sebbene non sia una presa di posizione ferrea, si predilige l’inserimento di artisti agli esordi e/o mai proposti in precedenza;

- i brani devono essere su Spotify.

Oltre a queste regole - che come tutte quelle costruite a tavolino hanno sia delle debolezze che dei pregi di natura pratica - vi è naturalmente il fattore soggettività: Baxters non ha alcuna pretesa di catturare il meglio del rock psichedelico contemporaneo, tantomeno di abbracciare quest’ultimo in un’ottica completista. Le regole succitate vanno anzi in tutt’altra direzione, preferendo una proposta limitata e parziale, non solo da un punto di vista quantitativo, ma anche identitario. Le playlist sono lo specchio delle predilezioni del suo autore, che come tutti ama e ascolta più sottogeneri rispetto ad altri. È il motivo per cui, ad esempio, sono molto poco presenti gli esponenti di quella branca della psichedelia che va in questi anni per la maggiore, ovvero quella contaminata con metal e stoner. Così come c’è poca traccia del pop psichedelico di matrice indie, del blues psichedelico e di diverse altre interpretazioni di questa complessa realtà musicale. Vien da sé che tali sostanziali esclusioni non siano in nessun modo una bocciatura “oggettiva”, ma appunto una semplice scelta dettata da gusti personali. Baxters è nato come puro gioco di promemoria, uno strumento per raggruppare musica da riascoltare in modo snello. Se ora diventa anche un veicolo di condivisione per appassionati e curiosi, le velleità critiche continuano a non appartenergli.

I brani

01railwaysuicidetraincontinentBrano: 近江 (Nearside, Riverside)
Autore: 卧轨的火车 (Railway Suicide Train)
Album: 大陆 (Continent)
Etichetta: Ruby Eyes Records
Paese: Cina
Sottogenere: acid folk, noise, ambient

In periodi di atterraggi su pianeti rossi, la copertina non solo richiama la My Red Homeland di Anish Kapoor, ma riassume anche alla perfezione il contenuto di psichedelia aliena del disco. Quella dei cinesi Railway Suicide Train e il loro secondo Lp Continent è infatti una psichedelia abrasiva, ritmica e violenta, che si distacca dal sound più legato allo shoegaze del primo disco (uscito nel 2016). Molto variegato e ricco di proposte, talvolta anche in contrapposizione tra loro, l’album inizia in un modo che manifesta tali contrapposizioni: “Nearside, Riverside” è infatti un brano che forse non rappresenta in pieno il suono del disco, ma raggruppa ispirazioni tra le più disparate, a evidenziare la complessità di questo lavoro.

02thebonnienettlesthebonnienettlesBrano: Trip Off The Map / Jangle
Autore: The Bonnie Nettles
Album: The Bonnie Nettles
Etichetta: Blackspin Records
Paese: Grecia
Sottogenere: neo-psichedelia, Madchester

A differenza dei concittadini Dury Dava, autori di uno degli esordi più intriganti del 2019 psichedelico, gli ateniesi Bonnie Nettles (il cui nome si riferisce alla co-fondatrice della setta Heaven’s Gate) guardano direttamente alla realtà anglofona, sia per quanto riguarda la lingua usata per i testi da cantare, sia per le influenze: per loro stessa ammissione, i membri del gruppo guardano a Madchester, neo-psichedelia, Stone Roses e Brian Jonestown Massacre. "Trip Off The Map/Jangle" è “un pezzo senza una storia particolare, è stata partorita all’interno di una jam, come diverse nostre canzoni ed è forse il brano in cui le influenze di ognuno sono coinvolte più che in qualunque altro”. Nati nel 2016, sono al loro esordio. La copertina è stata ideata e realizzata a mano da Bill Delis, che ha creato vari sezioni per poi unirle in collage.

03frozenplanet1969coldhandofagamblingmanBrano: Of Medicine And Moonshine: A Mystic’s Interpretation
Autore: Frozen Planet 1969
Album: Cold Hand of a Gambling Man
Etichetta: Pepper Shaker Records
Paese: Australia
Sottogenere: acid rock, jam band

Nato nel 2012, questo gruppo originario di Sydney, dal nome che si rifà a un film fittizio, scava prettamente nella tradizione dell’improvvisazione strumentale e si è negli anni distinto come una delle realtà più interessanti della ricca scena australiana contemporanea. “Cold Hand Of A Gambling Man” non si discosta dalle loro esplorazioni space-acid e “Of Medicine And Moonshine: A Mystic’s Interpretation” proviene da una jam session del 2017 della durata di circa 2 ore, che ha partorito materiale inserito non solo in questo album, ma anche in “The Heavy Medicinal Grand Exposition”, uscito nel 2018.

04kimonodragqueenswillysworldBrano: Willy’s World
Autore: Kimono Drag Queens
Album: Willy’s World (singolo)/ Songs of Worship (album)
Etichetta: Copper Feast Records
Paese: Australia
Sottogenere: neo-psichedelia

Anch’essi provenienti da Sydney, i Kimono Drag Queens sono un gruppo con influenze etniche (tra le ispirazioni dichiarate, oltre a Goat, Kikagaku Moyo e Here Lies Man, c’è la musica dei Tuareg) e che dopo una manciata di singoli, a partire dal 2016, ha debuttato sulla lunga distanza lo scorso novembre con “Songs Of Worship”, di cui “Willy’s World” è una conclusione che potrebbe risultare inaspettata, considerati i nomi prima menzionati: siamo nel campo di un wall of sound stratificato, che tocca il raga rock, senza però mai smarrire un’anima pop, tanto che alcune recensioni hanno rilevato nel pezzo echi dei Verve.

05blacksatorilucylaneBrano: Lucy Lane
Autore: Black Satori
Album: Lucy Lane
Etichetta: Psych Manifesto Records
Paese: Stati Uniti
Sottogenere: space rock, heavy psych

Che San Francisco e psichedelia godano di un matrimonio immortale è risaputo e sebbene i Black Satori siano originari di Minneapolis e si siano trasferiti solo in un secondo momento nella culla di uno dei sound più importanti del rock 60s, hanno tutta intenzione di ribadirlo.
La title track del loro Ep d’esordio inizia come un singolo garage inseribile in una riverniciata Nuggets per pro-pro-pronipoti, ma dopo circa un paio di minuti si tramuta in psichedelia space con chitarre che si fanno sempre più pesanti e distorte: l’amore dichiarato della band è il suono dei primi Pink Floyd e qui lo urlano orgogliosi.

06kundalinigenie1111Brano: Mantra
Autore: Kundalini Genie
Album: 11:11
Etichetta: Space Ranch Records (EU) / Little Cloud Records (US)
Paese: Scozia
Sottogenere: raga rock, alternative

Lo scozzese Robbie Wilson è entrato in amore con la psichedelia dalla porta più comune, ovvero tramite lo strumento che in Occidente è indissolubilmente legato a quella realtà musicale: il sitar. Dopo un paio di pubblicazioni soliste che andarono a sigillare questa sua infatuazione da abbecedario lisergico, fatto di omaggi a Ravi Shankar e George Harrison, Wilson mise in piedi una band il cui nome è senza significato ed è stato scelto semplicemente perché suonava bene. “11:11” è il quarto album dei Kundalini Genie e “Mantra” sottolinea ancora una volta l’interesse di Wilson per le influenze indiane. Il brano si evolve poi in un rock alternativo che, con risultati diseguali, caratterizza l’album, ma l’utilizzo dello strumento è miele per le orecchie degli amanti di quelle sonorità. Passatismo retorico, probabilmente, che però continua a non mostrare date di scadenza.

07gayesuakyolyortsavulisyanmanifestosuBrano: İsyan Manifestosu
Autore: Gaye Su Akyol
Album: Yort Savul: İSYAN MANİFESTOSU!
Etichetta: Glitterbeat Records
Paese: Turchia
Sottogenere: anatolian rock

La principessa del pop-rock anatolico è tornata a due anni di distanza dalla consacrazione internazionale di “Istikrarli Hayal Hakikattir” con un Ep di tre brani (una quindicina di minuti in tutto) che anticipa il suo nuovo disco, previsto in primavera, e che segna il suo debutto come produttrice in solitaria. Pur con le note caratteristiche musicali della tradizione turca, İsyan Manifestosu esplora anche altre realtà, ricordando ad esempio il pastiche attuato dai Pepe Deluxé in “Queen Of The Wave”: si può parlare qui di parentela con lo space age pop?

08babazulahayvangibiBrano: Çöl Aslanlari (Desert Lions)
Autore: Baba Zula
Album: Hayvan Gibi
Etichetta: Gulbaba Records
Paese: Turchia
Sottogenere: anatolian rock, world

Leggende della psichedelia turca sin dalla loro nascita nel 1996, i Baba Zula sono famosi soprattutto per le loro esibizioni live, sorta di rituali multidisciplinari fatti di danza del ventre, costumi variopinti, poesia, teatro e arte visiva. “Hayvan Gibi” (che significa “muoversi con la grazia naturale di un animale”) raccoglie in buona parte brani che il gruppo aveva già registrato in precedenza, ma in studio e in versioni molto più brevi, senza la “liberazione” live. “Çöl Aslanlari (Desert Lions)” risale addirittura a una rappresentazione teatrale del 1998 del “Piccolo Principe”, e da anni è uno dei cavalli di battaglia del gruppo nei loro concerti. La versione presente nel disco spiega il perché con ammaliante prorompenza.

09cemyildizkunBrano: Ahir Benem
Autore: Cem Yildiz
Album: KÜN
Etichetta: Caz Plak
Paese: Turchia
Sottogenere: anatolian rock, psychedelic folk, elettronica

Il fatto che l’esordio solista sia stato sancito all’età di 50 anni, non deve in alcun modo far pensare che Cem Yildiz sia in ritardo con i tabellini di marcia. Membro del gruppo iNSANLAR, autore di diverse colonne sonore cinematografiche, collaboratore con altri gruppi, come gli Acid Arab, il musicista non conosce l’anonimato né l’inesperienza.
Ma se anche così fosse, l’ambizione e la bellezza di “KÜN” avrebbero comunque lasciato il segno. Composto da due brani di 17 minuti, il disco guarda alla grandezza della storia culturale della propria terra: “Haydar Haydar” riprende un brano di Ali Ekber Çiçek, leggenda del folk di quel paese, mentre “Ahir Benem” guarda ancora più indietro, andando a ripescare un componimento di Yunus Emre, sufi del XIII secolo. A stupire, è l’approccio di Yildiz verso la tradizione: al bağlama, strumento della tradizione turca, affianca l’uso dell’elettronica, creando una pulsante tensione verso il divino, l’ignoto, l’infinito.

10daliborovogranjehaininBrano: Sjenka u Mehani
Autore: Daliborovo Granje
Album: Hainin
Etichetta: Dostava Zvuka
Paese: Croazia
Sottogenere: psychedelic folk, world

Formatisi nel 2014 nella regione del Međimurje, i croati Daliboro Granje (“i rami di Daliboro”) sono una band composta da quattro membri che guarda alla psichedelia e al post rock sotto un’ottica world, con particolare riferimento alle melodie orientali e balcaniche. “Hainin” è il loro secondo album; il titolo significa “traditore, rinnegato” e conferma la loro identità musicale, sebbene rispetto al disco d’esordio (oltre all’accesso a uno studio professionale più attrezzato) sia avvenuta una sostituzione strumentale: il flauto è stato rimpiazzato dalla tromba. “Sjenka u Mehani” (“Ombra nel bar”) esprime musicalmente i ricordi del protagonista dell’album (Hainin, appunto) delle sue prime pulsioni amorose e passionali.

11lonkerseehamzaBrano: Gydnia80
Autore: Lonker See
Album: Hamza
Etichetta: Antena Krzyku
Paese: Polonia
Sottogenere: alternative, free jazz, kraut-rock

Della scena polacca, i Lonker See sono forse gli esponenti che più sono riusciti a trovare considerazione oltre i confini nazionali. Se “One Eye Sees Red” li aveva fatti entrare nel radar che conta, “Hamza” li ha consacrati come una delle realtà più interessanti della psichedelia europea. “Gydnia80” sa di robusto alternative che vira al free jazz e l’identità psych giunge da un kraut-rock guardato in modo peculiare: non direttamente, ma da un’influenza che ricorda molto i Radiohead di “Kid A” e “Amnesiac”. In particolare, gli echi di “The National Anthem” sono qui assordanti.

12upupayamaupupayamaBrano: The Blue Magician’s Fantasy
Autore: Upupayāma
Album: Upupayāma
Etichetta: autoproduzione
Paese: Italia
Sottogenere: acid folk

L’Italia si conferma scena vivissima e nel 2020 lo ha fatto soprattutto con un esordio di grande bellezza. Alessio Ferrari è il musicista che si cela dietro l’enigmatico nome Upupayāma, un enigma svelato dallo stesso autore. La parola infatti consiste nella fusione di upupa e yama, che in giapponese indica la montagna: “Mi piace pensare che in un mondo immaginifico possa esistere un'upupa di montagna, il che è surreale, ma è appunto quello che volevo trasmettere, la surrealtà della propria fantasia, che è infinita, quindi si potrebbe dar vita ad un elefante che vola, con le ali, a un ghiro che parla ecc.”.
Il potere immaginifico di Ferrari non si limita al nome d’arte, né alla magnifica copertina realizzata dall’illustratore Daniel Onufer, ma anche ovviamente al contenuto. L’influenza dichiarata dei Kikagaku Moyo si fa sentire e la musica è un folk acido dalle tinte orientali, che si distacca dai suoni che prediligono i nomi più importanti della psichedelia italiana contemporanea. A rendere ancora più lisergico il tutto, vi è l’uso straordinariamente originale dei testi: se infatti i pezzi sono intitolati in inglese, i brani (con l’eccezione di “White Oak”) sono cantati in una lingua inventata: “Mi piace creare delle immagini, dei paesaggi su cui poi l'ascoltatore apporrà il suo messaggio, se vorrà, o ancora meglio dove l'ascoltatore potrà viaggiare. Da qui la scelta di utilizzare un linguaggio inventato, o ancora meglio una sorta di grammelot in cui la voce si fa strumento”. “The Blue Magician’s Fantasy” rappresenta al meglio l’universo musicale di Ferrari, che ci auguriamo saprà darci presto nuove terre da esplorare.

13uchokikauchokikaBrano: 哈姆格嶺 (Hamgling)
Autore: 宇宙企劃 (UchoKika)
Album: 宇宙企劃 (UchoKika)
Etichetta: Ruby Eyes Records
Paese: Cina
Sottogenere: psytrance, psybient, world

Inizialmente noti come Cosmic Project, gli UchoKika sono un duo di Pechino che guarda alla psichedelia da un occhio elettronico. Primo gruppo cinese a essere ospitato da KEXP, storica radio di Seattle, per una sessione di registrazione, gli UchoKika fondono il misticismo del sitar con sintetizzatori e drum machine. “Hamgling” rappresenta bene il loro sound, che potrebbe essere etichettato come psybient, e questo omonimo disco è il loro esordio sulla lunga distanza.

14astrokotastrokotiprzyjaceielezodleglychgalaktykBrano: Walc Orbitalnej Ośmiornicy
Autore: Astrokot
Album: Astrokot i Przyjaciele z Odległych Galaktyk
Etichetta: Opus Elefantum
Paese: Polonia
Sottogenere: space rock, jazz

Marian Mazurowski è il nome dietro il progetto Astrokot, che non è quindi un gruppo vero e proprio, bensì un musicista accompagnato da vari collaboratori. Ispirato dalle sonorità di band come Godspeed You! Black Emperor, Stara Rzeka, Alameda Organisation, ARRM e Thaw, Mazurowski (che in precedenza ha militato in un gruppo post-rock, i Dyson Sphere), crea uno space rock con forti incursioni nel jazz. “Walc Orbitalnej Ośmiornicy” sta per “Valzer orbitale piovra” e va a suggerire alcuni dettagli tecnici, in particolare la scala ottotonica usata.
L’originalissima copertina è stata realizzata da una tatuatrice amica di Mazurowski: “Avevo qualche idea sommaria, che prevedeva un gatto e dei pianeti, ma era veramente sommaria. Gliene ho parlato, lei ha fatto una bozza e me ne sono innamorato a prima vista. Da lì abbiamo discusso insieme per quanto riguarda i dettagli e i colori”.

15centreelmuusacentreelmuusaBrano: Ain’t Got Enough Mojo
Autore: Centre El Muusa
Album: Centre El Muusa
Etichetta: Sulatron
Paese: Estonia
Sottogenere: kraut-rock

Perché scervellarsi in elaboratissime copertine allucinate, che spesso ottengono unicamente un effetto passatista, quando al passato puoi guardare in modo del tutto unico? Prendi una vecchia foto della tua bassista da bimba in un contesto domestico et voilà, il gioco è fatto: “Volevamo realizzare qualcosa di semplice e carino, alla Blind Faith”. Nato nel 2015 come un duo sperimentale di musica concreta chiamato Centre Electronique Muusa, dopo tre anni e quattro album, il gruppo si allargò inserendo una bassista e un batterista, cambiando anche nome della band e identità musicale. La volontà era di creare con questo esordio una musica minimalista, priva di struttura, basata su pochissimi accordi e libera, dove la componente ludica dominasse (Misha Panfilov, leader del gruppo, l’ha chiamata “trance rock and roll music”). “Ain’t Got Enough Mojo” è il brano più breve del disco e in miniatura racchiude l’essenza del disco: ritmica allucinata e ossessiva, effetti space, libertà espressiva al potere.

16takeshiscashewsternduneBrano: Sterndüne (Kosmodr∞m)
Autore: Takeshi’s Cashew
Album: Sterndüne (Kosmodr∞m)
Etichetta: autoproduzione
Paese: Austria
Sottogenere: world

Cosmic kraut-rock. Cumbia. Afrobeat. Disco. Desert Rock. Club music. World music. Funk. Psichedelia 70’s. Sono solo alcune delle realtà musicali che i viennesi Takeshi’s Cashew sostengono di plasmare nella loro musica, che vedrà il suo debutto su Lp il prossimo giugno, con Humans in a Pool. Formatisi nel 2019, i Takeshi’s Cashew hanno iniziato come semplice jam band, per poi strutturare il proprio sound in canzoni vere e proprie. In “Sterndüne (Kosmodr∞m)” “abbiamo voluto creare una fusione di desert rock e musica elettronica, dance, da club. Amiamo molto band come Tinariwen o musicisti come Bombino, il loro stile unico di suonare la chitarra, così abbiamo iniziato a sperimentare con quei suoni e siamo finiti per entrare in una psichedelica buca del coniglio nel bel mezzo della canzone. E se te lo stai chiedendo: sì, quelle che senti sono cornamuse elettroniche!

17monstruosdelmananaespejoBrano: Espejo
Autore: Monstruos del Mañana
Album: Espejo
Etichetta: autoproduzione
Paese: Messico
Sottogenere: rock latino, boogaloo

Attivi dal 2016, i messicani Monstruos del Mañana esplorano per loro stessa ammissione l’identità latina attraverso la fusione di diverse ritmiche latine e africane con il rock e altri generi. Dopo “Tenquén”, il debutto del 2018, è previsto nel corso di quest’anno il loro secondo album, “Espejos”.
“Il testo di ‘Espejo’ parla di come le altre persone siano i migliori specchi per noi stessi. E parla di rompere quello specchio, al fine di porre una linea di demarcazione su dove finisce l’identità di una persona, e dove inizia quella delle altre. L’album in generale parlerà dei diversi specchi con i quali costantemente interagiamo nell’epoca moderna: amanti, amici, società, le nostre idee su noi stessi, e naturalmente i social media”.
Musicalmente, “Espejo” è un boogaloo psichedelico con vibrazioni latine, chitarre psichedeliche e voci robotiche.

18runrunrunrunrunrunBrano: 治愛麗絲 (7P47DZZ)
Autore: Run Run Run
Album: RUNRUNRUN
Etichetta: Maybe Mars
Paese: Cina
Sottogenere: post-punk

Un nome che pesca dai Velvet Underground più famosi e meno famosi allo stesso tempo, il titolo di un brano che appartiene sì a uno dei dischi più celebri della storia, ma del quale non è di certo tra i cavalli di battaglia; un secondo album che, fedele a tale nome, sa di corsa frenetica verso il nuovo, l’inesplorato, il non voler calpestare le proprie stesse orme. Perché a distanza di un solo anno, il sound dei pechinesi Run Run Run si è evoluto sensibilmente, tanto che il maggior gusto melodico del disco d’esordio “Hoon” si è tramutato in una psichedelia più feroce e diretta, proprio come fecero i Velvet tra la Banana e “White Light/White Heat”: lo stesso gruppo sostiene che “7P47DZZ” si avvicina all’estetica sonora dei Fall. È una psichedelia urbana, che ha come punto centrale della sua filosofia le trappole imposte dalla vita moderna, decantata dall’autore dei testi e co-cantante Zhao Kai, e che trova nei sintetizzatori, introdotti in questo disco, una forma di espressione musicale implacabile. Una filosofia che guarda alle radici dei membri del gruppo: tutti e quattro appartengono a minoranze etniche e il leader Xiao Dou, originario di Guiyang, si è trasferito a Pechino solo nel 2017.

19mirrorswithinanendlessdreamBrano:  昏古七 (Within An Endless Dream)
Autore: 解離的真實 (Mirrors)
Album: 昏古七 (Within An Endless Dream)
Etichetta: Ruby Eyes Records
Paese: Cina
Sottogenere: acid rock, kraut-rock

Dopo Separate Reality, Ep inaugurale uscito nel 2017 e qui assorbito con nuove registrazioni di quei quattro brani, gli shanghaiesi Mirrors sono giunti al disco d’esordio. Un album di difficile classificazione, all’interno del contesto psichedelico, perché non assume un’identità netta e precisa, ma che proprio per questo motivo merita la dovuta attenzione. La title track, accompagnata da un assurdo videoclip che non mancherà di trovare devoti cultori, potrebbe essere sintetizzata come un mantra cosmico in tinte acide. Qualunque cosa possa significare, ma d’altra parte l’album è – parole loro – “dedicato a coloro che hanno perso contatto con il mondo, a coloro che non sono né addormentati né svegli”.

20arbouretumletitallinBrano: Let It All In
Autore: Arbouretum
Album: Let It All In
Etichetta: Thrill Jockey Records
Paese: Stati Uniti
Sottogenere: hard rock, jam

Attivi dal 2002 e originari di Baltimora, gli Arbouretum sanno creare quel sound così temporalmente delineato eppure così eterno, classico nel più cristallino senso del termine. D’altra parte, mescolare folk inglese, blues, Americana e psichedelia 70’s implica non aver nessun desiderio di farsi sentire moderni. Eppure guardare alla tradizione non significa cedere alla stasi: lo dimostra il loro ultimo, ricchissimo album, che trova enfasi assoluta nella title track, quasi dodici minuti di riff tuonanti, improvvisazioni in cui il basso di Corey Allender, le tastiere di Matthew Pierce e la chitarra di Dave Heumann lottano furiosamente e la voce dello stesso Heumann ci trascina in questo viaggio senza respiro. Qualcuno ci vedrà magari tanto manierismo, ma conservare questo fuoco dopo quasi vent’anni di carriera non è poco.

Discografia

Pietra miliare
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