EMOZIONI DI VIAGGIO: A SAN MAURO LA BRUCA SULLE ORME DEI MONACI

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    Il treno sferraglia nel ventre nero e misterioso della montagna prima di planare, nella gloria del sole, alla stazione di Pisciotta, che fu Pixunte carica di storia. Al largo di Palinuro il remo di una barca a pesca solitaria batte sull’onda placida. E’ un mare tranquillo come quello che ingannò il mitico nocchiero di Enea precipitato negli abissi per incauto sonno. E quel tozzo braccio di terra, mostro marino a rimmersione dall’acqua, ne testimonia la disavventura eternata in un cumulo di pietre, cenotafio conteso sulla collina degli ulivi di Caprioli. La strada sale a tornanti ariosi per San Mauro La Bruca con le campagne allo scialo della festa della primavera avanzata, che è già estate: le ginestre ingioiellano d’oro effimero la macchia, il cardo ostenta il velluto viola del fiore a prigionia di cilicio della scorza rasposa, i papaveri gocce di sangue nel verde dei fossati, eriche, mirti e corbezzoli alzano barricate a protezione dei coltivi. Nella valle il Mingardo, breve nastro azzurro zigzagante, trascina nel letto ciottoloso storia e storie raccolte alle sorgenti dell’Antilia per fonderle nel mare della Molpa.E mi ritrovo pellegrino d’amore e di cultura sulle orme dei monaci italo/greci che fecero questo stesso percorso in fuga dalla furia iconoclasta e, con il pietoso carico di icone e libri di preghiera, trovarono rifugio tra i monti e vi fondarono laure, cenobi e abbazie, che furono luoghi di culto, centri di cultura, mercati e farmacopee. E San Nazario, a margine di chiesa, ebbe una concia florida per cartapecora di mirabile fattura ad impreziosire libri di pregio.

     

    La piazza di San Mauro è una balconata ariosa spalancata sull’infinito. In lontananza il mare iridescente conflagra con il cielo in un meriggio torrido, con la chiesa a far da quintaCammino a passi lenti tra i vicoli, in cui hai finanche timore di parlare per non profanare il silenzio assorto. Sulle scale di case linde all’arredo di gerani multicolori incrocio ragazze con gli occhi luminosi di grazia e di sorriso. Registro belle pagine di storia ossificate nelle chiese  e giganteggia nella memoria la figura di San Nilo, che fu igumeno, innografo e calligrafo, bella e straordinaria figura di santo e di intellettuale del monachesimo orientale, una pagina di storia del Cilento poco indagata, una miniera di sorprese per chi visita il territorio con occhio e mente accesi da “curiositas” da scoperta.E’ sera, con le lucciole che ricamano processioni di stelle d’oro nelle campagne, quando imbocco la superstrada per il ritorno. Il campanile di Cuccaro è lampada votiva a perforare il cielo blu/lavagna e mi ferisce di struggente dolcezza malinconica prima che mi ingoi il ventre della galleria.

     

    Oh, le potenzialità inespresse di una terra, il Cilento, se solo fosse più contagiata nel profondo dall’orgoglio di identità e di appartenenza a riscoperta e valorizzazione del suo vissuto storico e si innervasse nelle radici del passato per esaltare il presente e costruire il futuro.

     

    E’ gloria di sole nel meriggio a Pisciotta che fu Pixunte antica.

     

    Reclama sepoltura Palinuro a fondali policromi di grotte.

     

    E’ fasto di ginestre la collina col rosso di papaveri nel verde.

     

    Ed il Mingardo che ricanta storie raccolte alle radici dell’Antilia

     

    ricorda abati e monaci d’Oriente. San mauro, terrazza d’infinito

     

    s’esalta nelle luci della sera: recupero d’amore di memorie

     

    Giuseppe Liuccio

     

    g.liuccio@alice.it

     

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